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Bolzano. «L'eredità di Xenakis? L'unità di suono, spazio e scienza»

Alessandro Beltrami venerdì 17 settembre 2021

Il compositore greco Iannis Xenakis

Gli studi di architettura e ingegneria ad Atene interrotti per entrare nella Resistenza quando la Germania nazista invade la Grecia, perdendo un occhio nel 1945 per la deflagrazione di un obice. Perseguitato politicamente dopo il conflitto viene condannato a morte e fugge in Francia con un passaporto falso. Nel 1948 entra nello studio di Le Corbusier. A Parigi inizia a studiare composizione approdando nel 1951 nella classe di Olivier Messiaen. Nessun compositore e poche figure del ’900 hanno la stessa complessità culturale di Iannis Xenakis, di cui cade quest’anno il ventennale della morte. A Bolzano il Festival Transart ha deciso di rendergli omaggio non semplicemente proponendo una rassegna di sue composizioni ma esplorandone l’estetica, nella quale scienza, architettura e musica non solo si integrano ma arrivano a coincidere, raccontando le ricadute nelle dimensioni espressive della contemporaneità. Il focus, curato dal compositore Hannes Kerschbaumer, prende il via oggi con il format Inaudito, cinque ore di musica dentro l’architettura fra i vitigni della Fondazione Antonio Dalle Nogare: a brani elettroacustici come Orient Occident, pezzi solo elettronici come Gendy3 e composizioni per strumenti solisti come Tamino, les paysages interdits, «rispondono, spesso partendo da frammenti di Xenakis stesso – spiega Kerschbaumer –, compositori di oggi soprattutto attraverso l’idea di esplorare la reazione acustica degli spazi della Fondazione Dalle Nogare». Nella grande hall del NOI Techpark, il parco tecnologico di Bolzano, l’artista digitale Chris Salter propone una installazione ispirata a La Polytope nella versione realizzata da Xenakis per il padiglione francese dell’Expo 1967 di Montreal. Un complesso organismo di spazio, suono e luce che Salter, basandosi come Xenakis su una correlazione matematica tra gli elementi e i processi stocastici, sviluppa in virtù di una tecnologia informatica più avanzata, in grado non solo di produrre segnali acustici e visivi ma anche di interagire in tempo reale con la composizione musicale stessa. L’installazione sarà visitabile il 23 e il 24 settembre dalle ore 7.45 alle 21.45. E proprio venerdì 24 a conclusione del festival, l’intelligenza artificiale di N-Polytope di Salter interagirà con l’Orchestra Haydn: «Dopo O-Mega, l’ultimo brano scritto da Xenakis – prosegue Kerschbaumer –, avremo il paesaggio sonoro di Maps of non-existing cities del compositore russo Dmitri Kourliandski: un titolo che porta in sé l’idea di architettura, uno strato basale sopra il quale nasceranno, come edifici, altri brani o di Xenakis a partire da Herma».

Maestro Kerschbaumer, quali sono a suo avviso le eredità più vive, oggi, dell’opera di Xenakis?

Un’idea molto forte mi pare essere l’estetica microsound, ossia la gestione della masse sonore attraverso un suono granulare. Oggi è davvero molto diffuso, anche nella musica elettronica più commerciale, dove troviamo ovunque granu-latori, ma inaugurato da un’opera come Concret PH, scritta appositamente per il Padiglione Philips, progettato da Xenakis con Le Corbusier nel 1958 per l’Expo di Bruxelles. Penso poi alla possibilità di disegnare i suoni, che oggi attraverso strumenti come l’iPad è diventata particolarmente accessibile, e con essa l’idea di avere un contatto diretto con il suono. Infine, la relazione scienza e musica per i giovani compositori è importante.

In Xenakis il legame scienza e musica acquisiva la dimensione di riflessione epistemologica. Vale anche per gli autori di oggi?

Io credo che ci sia generalmente un approccio più libero, ma se guardo ad esempio alla musica elettronica l’elemento di ricerca sui “fondamentali” è più rigoroso. Questo vale anche per l’altro aspetto centrale in Xenakis, il rapporto tra suono e spazio, ossia musica come architettura e non musica come linguaggio: un tema oggi sempre più forte e importante, senza forse quell’aspetto “retorico” alla musica che ha caratterizzato, nel bene e nel male, le neoavanguardie. Sono insomma strade che permettono di creare opere innovative.

L’idea di musica come architettura in Xenakis ha contribuito a riportare l’attenzione alla dimensione esperienziale contro un approccio astratto alla composizione?

Mi ha sempre colpito come il suono di Xenakis sia “fisico”: possiamo quasi toccarlo, è come un oggetto nello spazio, un organismo, una massa con un volume. L’esperienza dell’ascolto torna centrale attraverso la valorizzazione di altri parametri da quelli tradizionali. Se penso alla Polytope, il materiale sonoro non è così importante mentre quello che conta è la vita del suono nello spazio, anche nella sua forma di luce e proiezione luminosa. È evidente come oggi questa dimensione si sia estremamente sviluppata, di nuovo grazie a mezzi tecnici sempre più evoluti. Ma per questo, pensando invece alla tecnologia dell’epoca, appare altrettanto chiaro quanto pionieristico e anche faticoso sia stato il suo lavoro.