Agorà

Calcio. La favola di Troost-Ekong, il gigante multietnico della difesa

Alex Cizmic mercoledì 16 ottobre 2019

Il difensore dell’Udinese Troost-Ekong

«Ricordo quand’ero bambino e correvo per le strade del nostro piccolo villaggio a Lagos. Correvo verso il mercato e mentre passavo gli altri bambini mi chiamavano “Oyinbo”». Chi parla è William Troost-Ekong, difensore dell’Udinese e della nazionale nigeriana, e “Oyinbo” è il termine con cui i nigeriani etichettano i “bianchi”, una categoria sotto cui finiscono anche i connazionali meticci con origini europee e la pelle più chiara. Questo è il caso di Troost-Ekong, nato da padre nigeriano e madre olandese e cresciuto tra Harlem, città ad est di Amsterdam, e Londra, dove si è trasferito a 12 anni per giocare prima nelle giovanili del Fulham e poi in quelle del Tottenham. La separazione tra i suoi genitori e la decisione del padre di far ritorno in Nigeria hanno consentito al piccolo William di trascorrere anche molte estati della sua infanzia nella terra delle Super Aquile per passare del tempo con la famiglia nigeriana e apprenderne cultura e costumi. Il gigante dell’Udinese, pilastro della retroguardia di Igor Tudor, non ha trascurato la parte geograficamente più lontana della sua identità. Ha sempre cercato di scoprirla e approfondirla, di viverla. Ma il paradosso, o per meglio dire il limbo, all’interno del quale spesso si trovano i ragazzi figli di coppie miste è un luogo in cui si viene spinti facilmente, ma da cui poi non è sempre facile uscire.

«Tanto in Olanda quanto in Nigeria spesso mi considerano uno straniero, ma io mi sento a casa in entrambi i Paesi. Anzi, essendo cresciuto in un quartiere multietnico, mi sento a casa ovunque», afferma Troost-Ekong. Dopo aver rappresentato l’Olanda nelle nazionali minori, William ha scelto la Nigeria nel 2015. Decisiva la telefonata dell’allora Ct nigeriano, il compianto Stephen Keshi. Inizialmente non è stata impresa facile convincere i nigeriani della reale motivazione che lo aveva spinto a scegliere le Super Aquile. «Nessuno mi conosceva ed era come se dovessi sempre dimostrare qualcosa in più degli altri per il solo fatto di apparire diverso», ricorda il difensore. Il processo di accettazione è stato graduale ed è stato reso più semplice dalle ottime prestazioni che Troost- Ekong ha offerto sin dalla prima amichevole contro il Ciad e dagli esempi dei calciatori che lo avevano preceduto, primo fra tutti Peter Odemwingie, attaccante nigeriano di origini russe che ha vestito la maglia della Nigeria fino al 2014, che hanno spezzato il tabù dei “mezzi nigeriani” e hanno indotto molti giocatori di origini nigeriane a riflettere sulla possibilità di scegliere la Nigeria. Messo alla prova, sia dai compagni che dai tifosi, per accertare che volesse davvero la nazionale nigeriana, oggi Troost Ekong è un elemento indispensabile per il tecnico Gernot Rohr e domenica scorsa nella prestigiosa amichevole contro il Brasile (1-1) ha avuto anche l’onore di indossare la fascia di capitano.

Se guardassimo alla scelta di Troost-Ekong di rappresentare la nazionale nigeriana, probabilmente in essa vedremmo la solita decisione di convenienza professionale. E questa interpretazione non farebbe una piega, onestamente. D’altronde, lui stesso ha dichiarato, «quando ho scelto di giocare per la Nigeria, non avevo la chance di farlo per la nazionale maggiore dell’Olanda». Ma se cercassimo di scavare più in profondità, troveremmo una storia di revisione e conferma di parte della propria identità. Talvolta la vita ci offre l’opportunità di cambiare il corso degli eventi e Troost-Ekong l’ha colta al volo. Il difensore dell’Udinese ha colto l’opportunità di cambiare la percezione che i nigeriani avevano di lui attraverso scendendo in campo con la Nigeria e dando il meglio di sé. «Oggi, quando quei bambini che prima mi chiamavano “Oyinbo” mentre correvo verso il mercato mi guardano, sanno che sono un vero nigeriano».