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LA CIVILTÀ DELL'AUTO/2. Quel tamponamento che vale una manovra

Massimiliano Castellani venerdì 24 febbraio 2012
L’aereo che ci riporta da Gerusalemme a Milano vola leggero tra le nuvole, come leggere e silenti sono le lacrime che all’improvviso rigano il viso di Claudio. «Sono stato a pregare sul Sacro Sepolcro per i miei due angeli...». sussurra Claudio Sinico, piccolo imprenditore del mantovano, il 5 luglio scorso in un tremendo incidente automobilistico ha perso sua moglie Ornella (45 anni) e la figlia Benedetta (9 anni). A spezzare via queste due giovani vite è stata la folle corsa di un tir, il cui conducente poi è risultato positivo alla cocaina. Mezzi pesanti sempre più veloci, automobili più tecnologiche e sicure (airbag a profusione e carrozzerie ultraresistenti – consumi più bassi, ma motori ancora inquinanti), però messi in mano a “Schumacher” metropolitani, ignari delle regole base del codice stradale, magari anche dopati con cocktail a base di stupefacenti e alcol, ed ecco che le nostre strade si tingono di sangue. «Basta con i titoli roboanti: “Strada assassina”, “curva della morte” e altre amenità», sbotta Stefano Zanuso, presidente di Fraternità della strada, l’associazione di volontariato creata nel 1965 dai giovani di Mondo X, una delle prime comunità per il recupero dei tossicodipendenti, fondata da padre Eligio Gelmini. Ma alla retorica mediatica, talvolta pesante ed evitabile, fa riscontro una realtà difficile da schivare: quella dell’auto che, da comune e pur ottimo mezzo di trasporto, a volte può diventare anche “arma letale”, protagonista quotidiana delle stragi della strada. «I dati del 2010 ci dicono che ogni anno in Italia abbiamo 4090 morti per incidenti stradali e quasi 303 mila feriti, 20mila dei quali restano invalidi permanenti», commenta amaramente la dottoressa Giuseppa Cassaniti Mastrojeni, presidente della Associazione Italiana Familiari Vittime della Strada (Aifvs). Automobili sfrecciano come schegge impazzite, su e giù per lo stradario dello Stivale. Ma la maggior parte degli incidenti, il 75%, si verificano sulle strade urbane. È qui, nelle vie e nelle tangenziali delle nostre città, che ogni giorno assistiamo allo scenario straziante di lenzuoli bianchi a coprire i corpi rimasti incastrati tra le lamiere o sbalzati a pochi passi dai rottami delle loro vetture. Ma anche chi non è al volante di un’auto non può più circolare tranquillo per le strade, ostaggio dell’ingorgo permanente delle quattro ruote: «Le auto colpiscono spesso i più deboli, i pedoni: ne muoiono 614 l’anno, una media di due al giorno», informano dall’Associazione. Vite falciate come ciuffi d’erba. Storie di ordinaria follia riempiono le pagine di una cronaca listata a lutto. Monumenti funebri, fiori sugli altarini, alla memoria delle vittime innocenti di chi non rispetta le regole della precedenza o guida distrattamente e con altrettanta superficialità pigia scellerato sull’acceleratore, persino nei vicoli del centro storico, dove magari l’accesso alle auto non è autorizzato. Per questo, nonostante i maggiori controlli delle forze di Polizia e dei Carabinieri, l’inasprimento delle sanzioni (ritiro delle patenti e punti decurtati) e l’aumento dell’importo pecuniario delle multe, l’Italia ha visto la riduzione degli incidenti del 42%, ma la direttiva della Carta Europea pretende un decremento del 50%. Così se in Lombardia il numero dei morti dal 2000 al 2009 è sceso da 1040 vittime a 603, con quasi 14mila feriti in meno, nel Lazio nello stesso periodo si assiste alla preoccupante <+corsivo>escalation<+tondo>: da 463 a 494 e i feriti sono passati da 23mila a quasi 40mila (il 25% del totale nazionale), dei quali 24mila solo nella capitale. «Prima che sulla prevenzione, noi lavoriamo sul “senso di responsabilità” che può evitare a un guidatore d’auto alcolista o che ha assunto droghe di diventare un potenziale omicida o suicida, a seconda delle circostanze», spiega Zanuso che con i 12.000 aderenti di Fraternità della strada «di cui 20-25 volontari operativi», è convinto che per arrivare a una sensibile riduzione degli incidenti occorrano «più fatti e meno parole, specie da parte della politica». Viaggia nella stessa direzione Claudio Sinico, che al dolore indelebile della perdita ha affiancato l’impegno in prima linea. Con i suoi due figli e insieme a Giovanni Mazzi di Exodus, Claudio organizza serate musicali e incontri che «invitano a guidare le auto con “saggezza”. Ai ragazzi diciamo che ci si può divertire anche senza alcolici o cocaina. Che se si assumono quelle sostanze e poi ci si mette al volante, il rischio di diventare omicidi è elevatissimo». Troppi i “delitti” in questi anni, causati da guida in stato di alterazione. «E le pene (si va dai 2 ai 7 anni per omicidio colposo e dai 3 ai 10 se in stato di ebbrezza, elevabili a un massimo di 15 anni) non sono commisurate al danno arrecato alla vittima e alle famiglie – spiega la presidente Cassaniti Mastrojeni – . C’è anche una certa contraddittorietà nelle sentenze dei giudici, quando non anche scarsa sensibilità ai drammi. La nostra associazione invece ha apprezzato molto il giudice Guido Salvini, che in una sentenza ha considerato “colpa grave il difetto di percezione sociale”». Ed esiste anche un costo sociale per le vittime della strada. Non è un caso che nel Lazio, in Campania e Sicilia, dove nell’ultimo decennio è aumentato il numero di morti e feriti per incidenti stradali, siano anche le regioni responsabili del 70% del disavanzo del Servizio sanitario nazionale. «Il costo giornaliero di un’ambulanza per soccorrere un ferito – informano dall’Aifvs – è di almeno 2500 euro». Spesso però quando quell’ambulanza arriva è già troppo tardi e può solo chiudere gli occhi a ragazzi come Ale e Flami (Alessio e Flaminia): due fidanzatini romani che gli amici ricordano di «quando stavamo in cima al mondo». La loro marcia pacifica verso Porta Pia, in sella a uno scooter, è finita troppo presto, per colpa di una macchina assassina.