Agorà

Arte e fede. La Bibbia di Doré, esegesi per immagini

Roberto Mussapi venerdì 25 settembre 2020

Gustave Doré, “Natività”

Adolescente, trovai in una bancarella un libro inglese la cui copertina spettrale e magica mi incantò all’istante: da un cielo e su un mare che si confondeva con il cielo, blu polveroso e buio, affiorava lo scheletro di un veliero, gli alberi sbiancati come ossa di morto, una specie di luna dietro, un disco grigiobianco caliginoso. Il titolo, non meno magico: The rime of the ancient mariner che, essendo ginnasiale, tradussi facilmente, La ballata del vecchio marinaio. Aprii il libro e all’inizio, subito, a destra dei versi che iniziavano come una nenia («È un vecchio marinaio, / e fermò uno dei tre»), una pagina rappresentava un vecchio dagli occhi abbacinati, che fermava un giovane ponendogli una mano sulla spala, mentre altre persone, di età svariata, salivano una scalinata. Un matrimonio. Scene degli invitati che si avvicinavano al portale, mentre il nostro era inchiodato dalla mano del vecchio e dal suo sguardo. Poi una nave che è già salpata, in un mare tempestoso, poi una scena tremenda e incubosa dell’equipaggio in balia di neve e vento, poi il paese del ghiaccio, iceberg, poi bonaccia, corpi che cadevano sulla tolda, inanimati, e tra le vare scene appariva, in volo, un bianco grande uccello: un albatro. Seguii la storia sulle pagine illustrate, ero in piedi, accanto a una bancarella, Coleridge era un nome a me sconosciuto, a differenza di Byron, Shelley, i poeti romantici inglesi che un po’ conoscevo. Così in dieci minuti lessi la storia più straordinaria mai da me incontrata dopo Moby Dick e L’isola del tesoro, dopo Il racconto di Natale di Dickens e l’Odissea.

Ma questa, a differenza di tutte le altre, aveva qualcosa di stregante. A quindici anni La ballata del vecchio marinaio divenne uno libri faro della mia vita. Con il suo sguardo scintillante il vecchio costringe l’invitato a ascoltare la sua storia, di quando era ragazzo. La nave era partita dal villaggio, per mari lontani, poi una terribile tempesta, lo scafo in balia degli elementi, immensi iceberg verdi come smeraldo incombevano sulle onde altissime... Finché apparve, in cielo, un grande, bianco albatro, che simile a un angelo portò buoni venti, salvando l’equipaggio che gli si affezionò. L’albatro aveva suscitato brezze felici, ma senza motivo all’improvviso un marinaio, lui, ora vecchio, afferrata la balestra lo trafisse. Il marinaio diviene il simbolo dell’uomo che si sprezza e spezza senza ragione i legami con la natura divina del mondo, coinvolgendo nella colpa l’intero equipaggio La maledizione scende sulla nave, i corpi dei compagni cadono morti ad uno ad uno con un tonfo sordo sulla tolda, cessa ogni alito di vento, una bonaccia insopportabile paralizza la nave in una calura opprimente. Ma all’improvviso un imprevedibile brivido di commozione nel marinaio colpevole, e la redenzione. Un magico sonno, pioggia irrorante, venti, angeli che s’impadroniscono della rotta, una lunga navigazione a espiare, fino al ritorno sulla terra, a consegnare la storia a un giovane che si accinge a partecipare a un matrimonio, a un rito di unione. Il merito della folgorazione era stato dell’illustratore, Gustave Doré. Capace di identificare le sue immagini nei versi di Coleridge. Come accade con il viaggio supremo, quello di Dante nella Divina Commedia che diviene un capolavoro assoluto di Doré, le immagini del suo Inferno divengono le immagini dell’Inferno. E così i sogni del viaggio illusorio, la melanconica avventura di Don Chisciotte e la cupa notte nel poemetto Il corvo di Poe.

Ma l’opera che portò alle stelle la fama di Doré fu l’illustrazione della Bibbia, iniziata nel 1864, quando l’artista già preclaro aveva trentadue anni. Ora pubblicata in una pregevole edizione da Marietti 1820, La Bibbia di Doré in 241 incisioni (pagine 244, euro 55,00). Gianfranco Ravasi nella sua introduzione limpida e immediata (anche Ravasi, importante biblista e pensatore, condivide con Doré il dono naturale del narratore) scrive: «Quella di Doré, con tutti i limiti della sua conoscenza in merito, può essere considerata una vera e propria esegesi figurativa del testo sacro, inseguito nelle sue vicende storiche, esaltato nei suoi profeti, celebrato nella sua pienezza neotestamentaria (indimenticabili sono le tavole evangeliche) ». Concordo con questa osservazione: epica prevalentemente la sua rappresentazione dell’Antico, drammaticamente caravaggesca quella del Nuovo Testamento. La natività mostra un bambino con gli occhi chiusi mitemente e già veggenti, una scena di drammatica rivelazione negli astanti, a cui risponde il più romantico e astrale dei momenti del grande poeta incisore: i Magi guidati dalla stella, ispirati dalla notte, non soli, ma con seguito, sfarzosi negli abiti impolverati, e stanchi del viaggio, inesausti e storditi, come li narrerà Eliot nella poesia capolavoro Il viaggio dei Magi. Doré trasforma, traduce, i versi e la voce dei poeti in immagine, ma non è solo narratore, è un narratore drammatico e drammaturgo... Stordisce vedere nel mondo antico della Bibbia la speranza e il dolore, le solitudini e i danteschi affollamenti che rinveniamo nella sua Commedia e nella straordinaria opera realizzata nel viaggio a Londra, dove incontra le turbe dolorose e innebbiate nei vapori metropolitani e inferi alla Dickens.

Dalle folgorazioni al magnetismo narrativo, scorrendo il libro dall’inizio alla fine, la creazione della luce, Adamo ed Eva, il Diluvio, Babele, Abramo, Il sogno di Giacobbe, il Faraone, Mosé, Sansone, Elia rapito in cielo... e poi, nel nostro tempo, nel Doré drammatico neotestamentario, Lazzaro, Cristo inchiodato alla croce, la Vocazione di Saulo. Poi smise di illustrare i capolavori letterari, per la gloria effimera della pittura, e non me ne do pace: dopo la Bibbia, il libro di Dio, la Ballata di Coleridge, la ribellione al divino e l’espiazione, manca il capolavoro dei capolavori, La tempesta di Shakespeare, la commedia di perdita e riconciliazione, la magia del perdono. I prodigi di Ariel in volo... Se hai visto tanto Doré, lo puoi sognare.