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Geologia. L'isola che non c'è (nata da un'eruzione) resiste all'erosione del mare

Davide Re venerdì 8 dicembre 2023

In evidenza l'isolotto nato da un'eruzione vulcanica sotterranea, a sud dell'isola di Iwo Jima, in Giappone

È emersa dalle acque come se venisse da un’altra dimensione ed ora lotta contro il mare per non diventare quella che in molti chiamerebbero “l’isola che non c’è”. È la storia di Niijima – atollo nato a sud di Iwo Jima (Giappone), a seguito dell’eruzione di un vulcano sottomarino – e della sua resilienza alla all’erosione del mare. L'eruzione risale allo scorso 21 ottobre, quando il vulcano sottomarino ha cominciato ad eruttare, formando l'isolotto in questione nel giro di una settimana soltanto, senza creare danni. L’isola sta crescendo ancora, segno appunto che l’attività vulcanica non si è ancora conclusa.

Il luogo dell'eruzione - 1.200 chilometri a Sud di Tokyo - è noto per una certa attività vulcanica sottomarina, essendo parte della catena delle isole Ogasawara nel Pacifico occidentale. Nello specifico il luogo in cui si è formata la nuova isola dista solo un chilometro in linea d'aria da quella di Iwoto, nota in Occidente come Iwo Jima (per un'errata lettura dei caratteri giapponesi) famosa per una delle battaglie più sanguinose della Seconda guerra mondiale e per una celebre fotografia. Grazie ad un fenomeno geologico piuttosto raro, il Giappone ha quindi aggiunto un'altra isola al suo patrimonio già numericamente ricco. Iwo Jima, ribattezzata isola di Iwoto dalle autorità giapponesi nel 2007, è anche uno dei 111 vulcani attivi nel Paese del Sol Levante.

L’eruzione di queste settimane è la riprova che l'attività magmatica è tornata nell'area. La nuova isola potrebbe ingrandirsi e cambiare forma se le eruzioni continuassero, ma potrebbe anche scomparire sotto le onde, come già accaduto a quelle che si erano create nella zona nel 1904, 1914 e 1986, conseguenza diretta dell'erosione. Secondo l'ultimo censimento dei geografi, risalente a inizio 2023, sulla base di un riconteggio il Giappone ha visto il suo numero di isole raddoppiare rispetto ai dati finora noti di quattro arcipelaghi e circa 6mila isole. Utilizzando la tecnologia di mappatura digitale, l'Autorità nazionale per le informazioni ha identificato un totale di 14.125 isole, 7.273 in più di quanto si pensasse in precedenza.

E che le eruzioni vulcaniche possano cambiare la geografia fisica della terra almeno in chiave locale è un fatto abbastanza consolidato. Quanto sta accadendo in Giappone, infatti, riporta l’attenzione a quanto sta succedendo per esempio in Italia nell’area del super vulcano Campi Flegrei, la cui attività vulcanica e il suo bradisismo sono in costante evoluzione. L’ultima eruzione significativa è vero che risale al 1538 e, pur essendo fra le minori dell’intera storia eruttiva dei Campi Flegrei, ha interrotto un periodo di quiescenza di circa 3000 anni. Ma nel giro di pochi giorni, ha dato origine al cono di Monte Nuovo, alto circa 130 metri. Ma oltre al Giappone e all’Italia, dove attivo in queste settimane c’è anche l’Etna, altri vulcani sembrano essere tornati alla piena attività.

In Indonesia, il Monte Marapi sull'isola di Sumatra, uno dei 130 vulcani attivi presenti in Indonesia, dal 4 di dicembre sta eruttando, proiettando una colonna grigia di cenere a 3 chilometri in alto oltre la sua vetta di 2.891 metri. Questa sua attività ha causato già 23 morti. È proibito avvicinarsi al vulcano e l'allarme eruzione diramato dall'istituto di vulcanologia dell’Indonesia è di livello 3 su una scala di 4. Alla gente che lavora nelle vicinanze del Monte Marapi viene chiesto di indossare occhialoni, maschera e cappello. La cenere mista a pioggia è caduta sulla città di Bukittinggi, la terza in ordine di grandezza di Sumatra con circa 100.000 abitanti.

Indonesia, nell'isola di Sumatra è in corso l'eruzione del vulcano Marapi - Reuters

In Islanda invece è in corso una crisi vulcanica tanto che l’Italia ha mandato nelle scorse settimane, per dare una mano, due suoi esperti del Dipartimento della Protezione civile. Ora fanno parte di un team di tecnici del meccanismo europeo di Protezione civile che appunto sta affiancando il governo islandese nell’affrontare la situazione. Dallo scorso mese di ottobre la parte sud-occidentale dell'Islanda, infatti, è interessata da una importante emergenza vulcanica per una grossa risalita di magma verso la superficie. Più di 200.000 terremoti stanno interessando l'area. I fenomeni di deformazioni del suolo sono in aumento. Oltre alla cittadina di Grindvik, dove sono state evacuate circa 3mila persone, è interessata anche la centrale geotermica di Sund, che produce l'energia elettrica per circa 30.000 persone nell'isola di Reykianes. Per contrastare il magma, le autorità islandesi stanno valutando la possibilità di inondare d’acqua la lava prodotta dal vulcano vicino Grindavik, per raffreddarla e proteggere così l'omonima vicina cittadina.