Agorà

ITALIA 1 - IRLANDA 1. Italia, scherzo da Trap

Andrea Saronni giovedì 2 aprile 2009
Dieci azzurri, per undici irlan­desi, potevano bastare. E con­sentire all’Italia di prendere il volo con discreto anticipo verso il Mondiale sudafricano. E invece la banda azzurra è crollata sul traguar­do, spossata da 90 minuti corsi con l’handicap e da un paio di scelte del suo commissario tecnico. Trap rin­grazia e magari, alla fine, trova mo­do pure di recriminare per le occa- sioni sprecate nella residua fetta di partita seguita all’1-1 che, tuttavia, lo tiene in corsa per la qualificazione diretta dopo una gara caratterizzata da un calcio old italian style. Per lo spettacolo bisognerà ripassa­re, magari sperando in un improba­bile sdoganamento di Cassano. L’il­lusione di Bari di potere applaudire, in extremis, il suo figlioccio è durata lo spazio di un pesce d’aprile, ordito dal Tg2. L’eversore Lippi si sorbisce prima dell’avvio la prevista razione di fischi. Escluso Giuseppe Rossi, in attacco, a fianco di Pazzini, c’è il cen­turione Iaquinta. Lo scherzo di cat­tivo gusto lo perpetra invece l’arbitro Stark, ai danni di Giampaolo Pazzi­ni. La gara del ritro­vato bomber doria­no, alla prima da ti­tolare in azzurro, du­ra 4 minuti netti. Il tempo per subire un’entrata pericolo­sa e impunita di Kil­bane e di contende­re a O’Shea una palla alta a metà campo. Quando i due si rialzano, l’ir­landese sanguina dall’arcata soprac­cigliare. Stark, che non ha visto il con­trasto, si limita a compiere una sem­plice operazione di algebra arbitrale: sangue uguale gomitata, mano al car­tellino rosso e fuori il centravanti az­zurro. Un’ingiustizia che l’Irlanda contri­buisce rapidamente a sanare trami­te la pochezza tecnica e tattica di gran parte dei suoi elementi: primi fra tut­ti gli esterni di destra McShane e Keo­gh, infilati come piccioni dallo spie­do di Pirlo e Grosso: il primo sugge­risce, il secondo confeziona l’assist giusto e Iaquinta, solo a 5 metri dal­la porta, infila Keane (10’). Il Giuann Trapattoni ha di che mettersi le ma­ni nei canuti capelli. In 11 contro 10 e sotto di un gol, la sua squadra ap­pare palesemente incapace di crea­re gioco, l’unica arma è quella del fi­sico, delle spallatone delle punte Doyle e Folan. Un armadio, quest’ul­timo, buttato nella mischia dal deca­no dei mister italiani per consentire all’ex-interista Robbie Keane di arre­trare e di tentare di lavorare qualche pallone decente per i gregari. I suoi sono i piedi più delicati della banda della verde isola: ma né lui, né tan­tomeno i meno dotati compagni so­no in grado di saltare l’uomo, di ren­dere ancora più complicata l’inferio­rità numerica degli azzurri, a cui ba­sta mantenere le posizioni nel 4-4-1 ridisegnato da Lippi (Pepe sulla linea dei centrocampisti, Iaquinta unica punta) per non trovarsi in apnea. Il ct, però, concede il destro alla po­vera Irlanda con due mosse da tra­pattoniano doc: dall’inizio della ri­presa, fuori Pirlo e dentro Palombo. Poco dopo, Dossena rileva Pepe, ap­prezzabile nel continuo andarivieni tra centrocampo e attacco. Indietro tutta, dunque, solo corsa e muscoli per controbattere la fisicità degli o­spiti. Hunt, che aveva già dato noti­zie di sé nel primo tempo, è il primo a capire che qualcosa è cambiato: e pronti via si procurerebbe un rigore (uscita in ritardo di Buffon). Il metro di Stark, per nostra fortuna, non è cambiato: lontano dall’azione, non vede nulla nemmeno in questo caso (56’). Il cronometro avanza paralle­lamente alle linee irlandesi, sempre più alte: per noi, spazi per contro­piedi nemmeno tentati, visto che Ia­quinta -generoso come un Graziani d’antan- è diventato un eremita in azzurro. Finisce così che a due soli minuti dal termine, l’ennesima pal­la sporca in area azzurra viene capi­talizzata da Robbie Keane. Il Trap non esulta, anche se dentro ha probabil­mente un vulcano: perdere proprio da Lippi con il metodo della casa sa­rebbe stato davvero troppo.