Agorà

Il personaggio. La vita di Manfredi in tv. La moglie: «Quel giorno davanti a Wojtyla»

Tiziana Lupi sabato 23 settembre 2017

A voler usare un termine moderno, per dirla con le parole del protagonista Elio Germano, il film tv In arte Nino (Rai 1, lunedì 25 settembre, in prima serata) potrebbe essere definito «il prequel di Nino Manfredi», cioè il racconto di tutto quello che non sappiamo sul grande attore ciociaro e che è successo prima che lui diventasse famoso. A partire dal nome, quello vero, di Saturnino, datogli alla nascita (nel 1921 a Castro dei Volsci, in Ciociaria), per arrivare al debutto televisivo (nel 1958) a Canzonissima. In mezzo c’è tanto, come i tre anni di ricovero in ospedale (il Forlanini di Roma, allora specializzato in malattie respiratorie) quando, poco più che adolescente, si ammala di tubercolosi. Siamo negli anni Trenta e quella è una malattia che non perdona, tanto che si porta via, ad uno ad uno, tutti i compagni di stanza di Nino. Ma non lui che, sostiene Germano (talmente calato nel personaggio da assomigliargli), «con la sua ironia, i suoi sogni e la sua leggerezza ha sconfitto la malattia, la paura della morte, e poi, della guerra». Uscito dall’ospedale lo attende lo studio: il padre, severo maresciallo di polizia, ha deciso che Nino farà l’avvocato mentre suo fratello Dante studia per diventare medico. Ma Nino con codici e tribunali non vuole proprio avere a che fare: complice l’incontro casuale con un gruppo di attori (tra cui Tino Buazzelli), ha deciso di voler recitare anche lui. Così, mentre studia legge per laurearsi e accontentare il padre, con cui avrà sempre un rapporto conflittuale, prende lezioni all’Accademia di Arte Drammatica da Orazio Costa, che sarà il suo maestro.

Con la recitazione, però, i primi tempi non si mangia e per Nino è un susseguirsi di ingaggi improbabili fino, appunto, al debutto televisivo del 1958. Al quale assiste Erminia, la ragazza che ha conosciuto qualche anno prima, che ha sposato e dalla quale ha già avuto i figli Roberta e Luca. Ed è proprio Luca che ha scritto (con Dido Castelli e lo stesso protagoniosta Elio Germano) e ha diretto In arte Nino: «Ci è sembrato interessante raccontare il periodo più importante per la formazione di Nino (lo chiama così anche lui, ndr), quella in cui ha scoperto quasi per caso la sua vocazione di attore, diversamente da altri, come ad esempio Alberto Sordi che a soli dieci aveva già deciso che avrebbe fatto l’attore ad ogni costo».
Per Manfredi ripercorrere gli anni del successo sarebbe stato, invece, inutile: «Quelli ormai appartengono alla storia» osserva il regista. E il direttore di Rai Fiction Tinni Andreatta spiega: «Negli anni che abbiamo scelto di raccontare sono già evidenti l’umanità, la forza, l’ironia, il sorriso che hanno reso grande Nino Manfredi. Diciamo che In arte Nino è una sorta di romanzo di formazione».
Ad interpretare Manfredi, dicevamo, è Elio Germano il quale dice: «abbiamo amato Nino come Geppetto (nello sceneggiato Pinocchio, di Luigi Comencini, ndr) ma qui lo scopriamo un po’ come Pinocchio che si lascia attrarre dal paese dei balocchi, cioè dal lavoro dell’attore». Nei panni di Erminia c’è, invece, Miriam Leone: «Siamo praticamente entrati nell’album di famiglia, caricandoci di una grande responsabilità, Elio ed io, diretti dal figlio, abbiamo dovuto raccontare il primo incontro tra i suoi genitori». A questo proposito, va detto, che alcuni episodi del film, come ad esempio quello del primo incontro tra Nino ed Erminia, sono stati un po’ romanzati per esigenze di sceneggiatura ma, assicura il regista, «il 90% di quello che abbiamo raccontato è vero».




Del film è comprensibilmente contenta Erminia Manfredi che vuole condividere con “Avvenire” il ricordo di un episodio forse poco conosciuto della vita del marito, dichiaratamente non credente: «Un giorno fummo invitati in Vaticano, nell’appartamento di papa Giovanni Paolo II, per assistere alla lettura di una delle sue drammaturgie giovanili, La bottega dell’orefice. Alla fine della lettura, tutti i presenti si sperticarono in applausi e complimenti, in modo probabilmente eccessivo anche per lo stesso Wojtyla che rimase un po’ perplesso davanti a questa reazione. Perciò si rivolse a Nino e gli disse: “Manfredi, lei che ne pensa di questa commedia? Le è piaciuta?” Nino lo guardò con il suo sorriso e gli disse: “Santità, penso che abbia fatto bene a cambiare strada perché temo che come commediografo non sarebbe mai arrivato in alto come sta adesso”». Lo stesso Manfredi in seguito raccontò di un altro incontro con Wojtyla che, sentendolo dire che non credeva in Dio, gli rispose: «Non ti preoccupare, pregherò io per te». Al che l’attore ribatté: «Con una raccomandazione come la sua sto tranquillo».

In arte Nino è prodotto da Compagnia Leone Cinematografica in collaborazione con Rai Fiction. Il produttore Federico Scardamaglia anticipa che ci sono allo studio film su altri personaggi che hanno fatto la storia del cinema ed è probabilmente con lui che Luca Manfredi potrebbe realizzare una fiction su Alberto Sordi, compagno di Nino Manfredi in tanti film di successo come, solo per citarne alcuni, Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa? (1968, per la regia di Ettore Scola), Venezia, la luna e tu (1958, regia di Dino Risi) e Guardia, guardia scelta, brigadiere e maresciallo (1956, diretto da Mauro Bolognini).