Agorà

INTERVISTA. «Io e mio padre C.S. Lewis»

Silvia Guzzetti mercoledì 9 ottobre 2013
​Quelle «Cronache di Narnia» (Il leone, la strega e l’armadio, Il principe Caspian e Il viaggio del veliero) che milioni di spettatori si sono goduti in tutto il mondo sono nati da due conversioni al cristianesimo, quella dello scrittore C.S.Lewis e quella del suo figlio adottivo, Douglas Gresham. Forse ve lo ricordate nel film Viaggio in Inghilterra con Anthony Hopkins e Debra Winger, dove appariva come un ragazzino rimasto solo dopo la morte della madre Joy Davidman. A Malta, dove abita, Gresham dirige la "C.S.Lewis Company", la società che controlla che le riedizioni dei libri del padre adottivo e vigila affinché i film ad essi ispirati siano fedeli al contenuto morale e letterario originario. A poche settimane dai cinquant’anni della morte dello scrittore (che ricorrerà il prossimo 22 novembre) Gresham ricorda il loro primo incontro.«Mia mamma, Joy Davidman, venne in Inghilterra per cercare un editore per il suo libro Smoke On The Mountain – racconta –. Da anni era in corrispondenza con C.S. Lewis della quale divenne subito amica. Anche con me “Jack”, questo era il suo soprannome, era molto affettuoso. Un affetto diventato vero amore una volta che ha sposato mia mamma e adottato me e mio fratello».In un primo momento Lewis sposa Joy per consentirle di avere un visto e di rimanere in Inghilterra ma, quando alla donna viene diagnosticato un tumore inguaribile, lo scrittore capisce di esserne profondamente innamorato e i due vivono, da marito e moglie: «I quattro anni più felici della loro vita», dice Gresham.Allevato nella Chiesa anglicana, C.S.Lewis si allontanò dalla fede nell’adolescenza per poi ritornarvi mentre insegnava nell’università di Oxford grazie anche all’influenza di J.R.R. Tolkien col quale fondò il gruppo degli Inklings. Grande apologeta del cristianesimo in opere famose come Il cristianesimo così com’è" e Il viaggio del pellegrino, Lewis rimane uno degli scrittori più importanti del XX secolo. In Diario di un dolore ha raccontato, con parole strazianti, la perdita della moglie, la cronaca di un lutto diventata un capolavoro letto da milioni di persone in tutto il mondo.«Sono passati cinquant’anni dalla morte di Jack – dice Gresham – e quindi non provo più le forti emozioni di quando lo persi, anche se rimangono rimpianto e dolore. Sento la perdita, ma sono arrivato ad accettarla. Lui mi è sempre vicino, soprattutto quando la vita è dura e devo affrontare delle difficoltà». Lei è un cristiano convinto che ci tiene a dire di non appartenere a nessuna particolare Chiesa. Deve la sua fede a C.S.Lewis?«Senza dubbio. Mi ha insegnato con l’esempio che cosa significhi amare Cristo. Se avesse cercato di convertirmi mi sarei ribellato. Invece rispondeva a tutte le domande che gli facevo e viveva la sua fede, dal momento in cui si svegliava al mattino al momento in cui andava a letto alla sera. Pensava in continuazione a che cosa poteva fare per servire meglio Gesù. Cerco di imitarlo ed essere come lui. Non sono altrettanto bravo, ma imparo, piano piano. Guardandolo ho capito che la vita cristiana era la migliore possibile».Eppure ci sono voluti anni prima che lei ritornasse al cristianesimo. «Il problema è che ho avuto un’ infanzia tremenda! Quando avevo dieci anni a mia madre è stato diagnosticato un cancro terminale che l’ha uccisa quattro anni dopo. Un anno e mezzo dopo mio padre, in America, si è suicidato e due anni dopo anche Jack è morto. Ero prigioniero di questi dolori e arrabbiato con Dio, ma non arrivavo da nessuna parte. Poi un giorno, nel 1990, dopo aver parlato con un arcidiacono della Chiesa anglicana in Tasmania, dove abitavo allora, lo Spirito Santo mi ha raggiunto e il mio intero atteggiamento, nei confronti della vita, è cambiato».Risale a questo momento la sua decisione di curare l’eredità letteraria e morale del suo patrigno?«Sì. Ho chiesto a Dio: “Che cosa vuoi che faccia?”. E ho capito che voleva questo e così sono diventato direttore artistico e creativo della "C.S.Lewis Company". È mio dovere assicurarmi che i libri di Jack vengano ripubblicati, nel modo più fedele possibile, e che i film non ne travisino il contenuto».Come viveva il suo cristianesimo C.S. Lewis?«Aiutava sempre tutti. Dava molti soldi ai poveri ma sosteneva anche, con donazioni anonime, i suoi studenti più indigenti. Accanto a questa carità, di tipo materiale, ve ne era un’altra più profonda, di natura morale. Jack pensava sempre benissimo di tutti e, se qualcuno si comportava male, cercava di capire che cosa portasse quella persona a comportarsi così. Insomma cercava sempre il lato positivo di ogni situazione. Se un mendicante lo avvicinava per strada Jack gli dava subito tutti i soldi che aveva nel portafoglio».Lei ha curato, da produttore, tutti i film su Narnia. Ce n’è un altro in arrivo?«Ci stiamo lavorando e faremo un annuncio quando sarà pronto. Penso che sarà La sedia d’argento, il quarto libro, in ordine di pubblicazione, della saga per ragazzi formata dai sette libri delle “Cronache di Narnia”».