Agorà

Intervista Mogol: «In Italia la cultura popolare non è protetta»

martedì 3 maggio 2016
Giulio Rapetti, in arte Mogol, fresco di nomina a commendatore della Repubblica, grazie ai grandi successi scritti in coppia con Lucio Battisti, è uno degli autori italiani più “ricchi” nelle classifiche dei diritti Siae. Ma il tema del futuro dei giovani autori sta a cuore all’uomo che ha fondato nel 1992 il Cet, un’associazione no-profit basata in Umbria che insegna ai ragazzi a fare musica. Mogol, che idea si è fatto dopo lo strappo di Fedez con la Siae? «Sto seguendo da vicino la riforma della Siae, i cui proprietari siamo noi iscritti e lo Stato. Vedo che ora che ha cambiato amministrazione sta facendo tutto il possibile per ammodernarsi. Ho la massima fiducia. Non conosco questa società nuova, la Soundreef. Non vedo perché un autore debba avventurarsi in una cosa più incerta, proprio ora che la Siae sta migliorando la sua efficienza». Per i suoi giovani del Cet che futuro vede? «Noi lavoriamo sulla professionalità grazie a una didattica innovativa. Siamo una scuola internazionale, e abbiamo lanciato un progetto di collaborazione con sei nazioni dalla Polonia al Kazakistan e stiamo lavorando per i conservatori. I ragazzi crescono molto, da noi è uscito un grande autore come Giuseppe Nastasi e anche Arisa». Una volta usciti dalla scuola, riusciranno a vivere di musica? «Il problema è la promozione. In questo Paese le radio producono dischi, le tv coi talent producono dischi, e quando c’è questo tipo di produzione che punta subito alla fama, è difficile avere anche la qualità. Anche Sanremo punta solo sull’Auditel. Ma prima di avere la promozione bisogna essere artisti, i risultati verranno. Certo, un cantautore oggi deve vivere di live». L’Italia soffre anche il fatto di essere “colonizzata” dalla musica straniera. «La cultura popolare di un Paese è pari a livello culturale della gente. Le canzoni sono formative per i giovani se sono credibili e danno emozioni. Ma la cultura popolare non è protetta. Abbiamo urgenza che qualcuno se ne renda conto. Io da 24 anni ho fatto un grande sacrificio, non ho mai preso una lira da questa scuola, ho fatto un grande sforzo per il mio Paese, ma è frustrante che nessuna istituzione ci sia venuti a trovare». Ma per un ragazzo oggi è ancora possibile fare l’autore puro di canzoni? «Guardi, la gente mi domanda per strada perché non ci sono più artisti e canzoni di grande successo. Io rispondo: perché la promozione non si dedica più a canzoni che possano durare nel tempo. Anche i nostri figli oggi acquistano la musica di Dalla, Bella, Mogol perché si rivolgono al passato come fosse il futuro. Ma non si può, così non si va da nessuna parte. Bisogna investire sui giovani. Dalla prima di diventare un grande artista ha fatto dieci album. C’è bisogno di tempo». Angela Calvini © RIPRODUZIONE RISERVATA L’autore Mogol