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IL MAESTRO. Lusi: «Ho conquistato l’America col made in Italy»

Pierachille Dolfini venerdì 18 ottobre 2013
La sera una replica del verdiano Don Carlo al Teatro alla Scala. La mattina dopo di corsa a Zurigo per proporre all’Opernhaus, dove è general music director, La straniera di Vincenzo Bellini. Tra un impegno e l’altro Fabio Luisi trova anche il tempo per provare con i giovani musicisti dell’Accademia della Scala. «Mi interessano sempre i progetti con le orchestre giovanili perché si ha a che fare con musicisti all’inizio del loro percorso che portano un entusiasmo che a volte si perde col tempo e che non sempre ritrovo nelle orchestre professioniste» racconta il direttore d’orchestra genovese, classe 1959, alla guida dell’Opera di Zurigo, ma anche direttore principale al Metropolitan di New York. Luisi stasera sarà sul podio del milanese Teatro Dal Verme per un concerto (che Luisi e l’Accademia porteranno in tournée domenica a Bologna e lunedì a Torino) a favore dell’associazione Progetto Itaca. «Sul leggio – dice il musicista – l’Idillio di Sigfrido di Richard Wagner, il Don Juan di Richard Strauss e la Fantastica di Hector Berlioz». Qual è, maestro Luisi, la marcia in più che trova nelle orchestre giovanili?L’entusiasmo di conoscere musiche nuove, di avvicinarsi per la prima volta ad una partitura. I giovani sono spesso liberi da pregiudizi e quindi con loro si possono percorrere nuove strade. Trovo che il lavoro con i ragazzi sia un compito educativo, una responsabilità imprescindibile per noi direttori.Zurigo e New York. Come si divide tra i suoi due teatri?Equamente, avendo messo in conto da subito che la vita di un direttore è in giro per il mondo. A Zurigo ho iniziato la mia seconda stagione da direttore musicale: c’è un team di grande qualità che ha permesso al teatro di essere conosciuto a livello internazionale. Poi, dall’altra parte dell’oceano, c’è il mio impegno a New York, come direttore principale, anche per i prossimi anni.In questi giorni è sul podio della Scala con "Don Carlo" nel pieno delle celebrazioni del bicentenario verdiano.Un’esperienza splendida perché ho a che fare con un orchestra e un coro che hanno la musica di Verdi nel loro dna. Il bicentenario nel mondo si sta celebrando degnamente. Quello che forse è mancato è un approccio originale, un idea davvero rivoluzionaria.Parlando di Scala ieri l’indiscrezione che Riccardo Chailly sarà il prossimo direttore musicale.  Tra i nomi che si erano fatti per l’incarico c’era anche il suo. Per ora posso dire che ho molti progetti con la Filarmonica della Scala, così come con l’Accademia di Santa Cecilia e il Festival di Martina Franca.A proposito, come vede la situazione della musica in Italia?La cultura nel nostro paese sta attraversando una situazione difficile. A New York stiamo in piedi grazie agli sponsor, ma lì ci sono meccanismi di detrazione fiscale che incentivano questo tipo di sovvenzioni. Ipotesi impensabile in Italia dove non c’è nulla che incentivi un privato a sostenere la cultura.Tra i teatri in difficoltà anche il Carlo Felice di Genova, la sua città, dove lei spesso si è reso disponibile a dirigere.E non è uno dei teatri messi peggio. Come genovese mi dispiace tanto più che conosco le potenzialità di questa istituzione, il valore dei suoi complessi che non vengono sfruttati per quello che potrebbero dare. È anche vero che, specie nei momenti difficili, occorre prendere in mano con coraggio la propria situazione e reagire. Spero tutti lo possano fare.