Agorà

INTERVISTA. Concato: «La fragilità mi ha reso un uomo migliore»

Andrea Pedrinelli mercoledì 24 ottobre 2012
«Crescere credo significhi imparare a darsi agli altri. Per questo alla vigilia dei sessanta ho deciso in un disco di raccontarmi davvero e in un libro di mettermi a nudo. È un diritto, ma anche un dovere». A parlare è Fabio Concato, tornato da poco sulle scene con un album (Tutto qua) autobiografico e sociale insieme, ed ora protagonista del primo volume italiano di approfondimento della musica leggera oltre agiografia e critica musicale. Perché in Fabio Concato - Conoscerlo e capirlo attraverso i suoi testi di Emiliano Longo ci sono oltre 500 pagine di analisi che partono dalle liriche delle canzoni e arrivano a mettere a nudo, appunto, chi quelle canzoni ha scritto. Tra famiglia, progetti nati da dolori, Milano fra "boom" e "sboom" ed i valori appresi all’oratorio e a scuola. Il tutto coerente con la scelta di Concato di essere libero da ogni convenzione (discografica in primis), dunque in linea con verità e umanità del maiuscolo cd di cui sopra.Concato, scusi: le sue non erano solo canzonette?«Lo pensavo, ma poi ci si accorge che non è così. Dietro c’è roba complicata, nemmeno io mi aspettavo quanto. E creda: non è stato facile parlarne».Ora che effetto fa ad uno pudico come lei un tomo di 500 pagine che cita Verga, i Greci, la filosofia…?«Mi ha scosso un po’. Ma ho detto sì a Longo proprio per l’esigenza di rimettermi in gioco davvero».Però non c’è critica musicale, nel libro: perché?«Perché l’obiettivo era un altro. Analizzare. Anzi, psicanalizzare. La musica è sfogo spesso inconscio. Io avevo rimosso diverse cose, e sentirmi con le spalle al muro per ricordarle mi è servito tanto».Cosa ha imparato?«Tutte le mie cose ora le vedo con occhi diversi, hanno acquistato più importanza nel mio percorso. Ho scoperto persino canzoni che non ricordavo: tipo <+corsivo>La reazione<+tondo> sul riflusso, l’avevo scordata del tutto».Certo il Concato ribelle e sessantottino è inedito…«Ribelle… Anticonformista piccolo-borghese, diciamo. Facevo lotte in cui credevo, e mia mamma, con cui discutevo spesso, mi incitava ad avere più rigore».Inediti anche gli attacchi di panico e la "terapia per i contraccolpi del successo". Ma fa tanto male?«Iniziai a fare psicoterapia d’appoggio prima del successo: anzi sapendo, l’avevano detto i produttori, che restando coerente non avrei sfondato se non in 6-7 anni. Così avvenne: ma Domenica bestiale, Fiore di Maggio e i soldi crearono altro disorientamento oltre al panico con cui evidentemente sfogavo cose mal digerite. La terapia allora mi fece restare coi piedi per terra, come volevo: attento alla famiglia, a mia moglie, alle cose vere. Non volevo diventare "l’artista". Perciò non ho pudore a parlarne, anzi! Capire che siamo di passaggio, avere il senso della realtà, conoscere se stessi credo sia fondamentale».Ma lo sa che qualcuno sugli attacchi di panico ha costruito la promozione di un disco? E lei svela solo oggi, per dire, che "Scomporre e ricomporre" del ’94 nasceva dallo smarrimento per la morte di sua madre…«C’è chi dice di aver composto in panico? Io anche quando passava mica andavo alla chitarra. Sì, potevo sfruttare certe cose, ma non l’ho fatto. Come adesso non aveva senso dire alcune cose e tacerne altre. E che ho fatto bene lo vedo dalla gente: l’altro ieri sul tram un signore voleva essere rassicurato da me sull’intervento al cuore che ho fatto nel 2009…».Nel libro si dice pure che la musica non nasce in tempi aridi. Per lei la musica di questi tempi com’è?«Domandona… In tanti viviamo male, c’è infelicità diffusa e molti hanno nevrosi di cui non sono consci. Si parla di Pil e spread e si dimentica il valore di essere uomini. Penso sia inevitabile comunicare poco, essere aggressivi o posticci: anche in musica».Ha davvero un’etica dello scrivere, come dice Longo?«Credo di sì. Non la applico in modo conscio, ma è inevitabile che educazione e cultura diano paletti».Longo ricorda pure che è stato autore per i bimbi allo Zecchino d’oro 1990. Mai pensato di proseguire?«Vorrei. Seguo molto lo Zecchino, mi piacerebbe pure ricantarne alcune canzoni che penso avrebbero valore anche per gli adulti. Ma vedo più vicino un altro progetto simile a quello fatto per Telefono Azzurro. Andare in ospedali pediatrici a cantare, raccontare e capire la vita vista con gli occhi dei bimbi malati».È un progetto più vicino del prossimo album?«Mah, nel 2013 un disco di inediti ci sarà di certo. È un’altra conseguenza della scelta e del dovere di darsi, dicendo no a certe cose e sì ad altre».