Agorà

Idee. Le vongole, Leibniz e le ambizioni (impossibili) dell'intelligenza artificiale

Raul Gabriel giovedì 9 giugno 2022

Valve di vongola (Spisula solidissima) sulla spiaggia di Sandy Hook, New Jersey

Se fossi un medievale proiettato di botto nel 2022 potrei sostituire tranquillamente la temperie mistica con l’ossessività delle indagini riguardanti le intelligenze. Oggi intelligenza identifica un ampio spettro di categorie, immaginarie o meno non ha importanza. Queste intelligenze che immaginiamo in esercizi di pura fantasia e con cui facciamo i conti a vari livelli, sono le nostre ruote del criceto. Costruite da noi stessi per correrci dentro in un esercizio rinnovato di autoconvincimento. Forse sono più chiaro se mi servo di un parallelo. La psicoterapia si è evoluta enormemente dalla fine del XIX secolo diversificando e specializzando i suoi campi di intervento ed evidenziando quale varietà di approcci possa generare, oltre a una sterminata quantità di luoghi comuni applicati non di rado con risultati devastanti. L’insieme delle nozioni e dei dati che riguardano un ambito psicologico finisce inevitabilmente per definire un approccio terapeutico che lo riguarda e, per quanto si cerchi di evitare ogni cristallizzazione, distingue di conseguenza una situazione "corretta", obiettivo da raggiungere, da una disfunzionale. La questione è: quell’obiettivo è un punto di equilibrio oggettivo o è semplicemente il quadro artificioso stabilito a priori a cui cercare di adeguarsi? Quanto ciò che siamo stati educati a pensare come meta è in realtà la ruota confezionata su misura che contribuiamo a far girare?

La parola "intelligenza" ha ereditato impropriamente tutti i caratteri metafisici delle realtà spirituali pur essendo costituita nella sua accezione più praticata di una dimensione prettamente immanente, pragmatica, a volte spicciola. In questo processo, a dispetto della tensione verticale dichiarata a favore di un immaginario privo di sostanza, ci si distacca sempre più dal tema qualitativo per divagare negli ampi margini della espansione quantitativa. Se è di più, è più intelligente, se ha più dati è più intelligente, se ha più abilità è più intelligente. Questa deriva è conseguenza di una sostanziale non comprensione del cosa dovrebbe essere una "intelligenza" che apre alla verticalità.

L’immaginazione e la proiezione di tutte le nostre aspirazioni cui non sappiamo dare più un nome fanno sì che creiamo la immagine ideale di cosa intelligenza dovrebbe essere (artificiale in specie) che però è l’idolo distante di una ricostruzione fittizia. Tra noi e questo ideale vi è un vuoto al momento incolmabile. Cosa facciamo quindi ? Lo riempiamo dell’unica cosa di cui abbondiamo oggi: dati.

Definire l’intelligenza è una impresa ciclopica e forse disperata. Fugaku, uno dei sistemi computer più potenti al mondo, alimentato da 160.000 chip A64FX, forse non è molto differente da una vongola o da una noce di mare in termini qualitativi di verticalità. La noce di mare in particolare mi ha fatto pensare a un simbolo perfetto dell’intelligenza artificiale. Costituita da una rete neurale che è la vera centralina del suo funzionamento, presieduta da una forma di cervello talmente primitivo che su alcune fonti non viene nemmeno citato come tale, la noce di mare mi è apparsa come il punto massimo cui può arrivare un robot.

Ma se la noce di mare è priva di cervello e funziona, significa comunque che ha un cervello diffuso, non apicale, non gerarchico, ma distribuito. Allora la ragnatela delle connessioni neurali che cos’è? Un meccanismo? Certamente, però è in grado di agire in ogni direzione che non richieda una coscienza. Si potrà dire che la struttura sostanzialmente digestiva e motoria delle noci di mare o della vongola non è in grado di accedere al concetto, intendendo in modo erroneo il concetto come "verticalità". Non si dà una vongola che ragioni di Leibniz, non ancora almeno, ma questo è sufficiente per dire che quella rete "funzionale" è diversa qualitativamente da quella di un cervello? Quanto ragionare di Leibniz è qualitativamente diverso dall’organizzare una digestione? Quanto è "verticale" e non invece esercizio di informazioni distribuite e organizzabili senza una reale "coscienza"? È ovvio che le competenze siano diverse e forse anche il grado di complessità, ma la "qualità", cioè la sostanza intima che costituisce il processo, la categoria a cui appartiene, sono realmente diverse?

La verticalità dell’intelligenza ha a che fare con una dimensione cui l’intelligenza, secondo le definizioni più diffuse da Piaget agli ultracorpi, non garantisce l’accesso. Vongole e noci di mare sono, nel metodo, esempi di intelligenza artificiale, un insieme di apparati che svolgono funzioni più o meno complesse regolate da una trama di interruttori 1-0, sì-no, capaci di assolvere a precisi parametri di quantità e funzione, ma saldamente incollate al piano orizzontale da cui non potranno mai evadere perché ne sono parte integrante.