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INTERVISTA. Lou Reed: «Io, Lennon e i Metallica E un film sullo sterminio nazista»

Massimo Gatto sabato 9 luglio 2011
Quando tempo fa il batterista Lars Ulrich lo definì «un disco non al 100% dei Metallica» nessuno capì a cosa alludesse. Poi iniziarono gli avvistamenti di Lou Reed nella Bay Area e presero corpo le prime congetture. Anche in un progetto anomalo come la rielaborazione delle musiche scritte dall’ex Velvet Underground per l’avventurosa colonna sonora della Lulu di Frank Wedekind allestita a Berlino da Robert Wilson, ben difficilmente si sarebbe potuta immaginare una simbiosi fra due modi lontanissimi tanto motivante da spingere Reed a dire che è stata la più bella esperienza discografica della sua vita. Così, ritrovandoselo davanti nell’attesa di salire sul palco dell’Arena Civica di Milano, prima tappa italiana di quel Power Rock Tour che, giocando soprattutto sui suoi anni Sessanta e Settanta, lo porta domani a Pistoia, il 16 a Lecce, il 18 a Taormina, il 20 a Pescara, il 22 a Gardone Riviera, il 23 a Sogliano al Rubicone e il 25 a Roma, la prima domanda affiora dalla più stretta attualità.Allora Lou, questa musica composta con i Metallica per il riallestimento di «Lulu» è davvero qualcosa capace di «creare un nuovo sistema solare» come ha dichiarato qualche giorno fa?«In queste nuove canzoni non c’è nulla di paragonabile al resto della mia discografia, sembrano venire da un altro mondo. Con i Metallica ho suonato al Madison Square Garden per i 25 anni della Hall of Fame ed è stato come trovare dei fratelli che non sapevo di avere. Abbiamo registrato tutto in digitale, guardandoci negli occhi come se fossimo su un palco».Andrete in tour? No, ma non è escluso che alla fine non si decida di presentare il disco con un paio di eventi molto speciali.Il suo nome figura pure in «Rave on» l’album-tributo per Buddy Holly.«Interpreto Peggy Sue che è un bel pezzo rock, ma avrei potuto incidere pure la stessa Rave on, Looking for someone to love e tante altre».Nel repertorio di questo nuovo spettacolo c’è pure «Mother» di John Lennon.«Non ho mai conosciuto John, ma amo la sua musica e mi sono esibito tempo fa a New York in due show di beneficenza con Yoko Ono e col figlio Sean per raccogliere fondi a favore dell’emergenza giapponese».All’ultimo Festival del Cinema di Vienna ha presentato il documentario «Red Shirley». Cosa l’ha spinta a produrlo? «Parla di mia cugina Shirley Novick, profuga polacca con la famiglia sterminata dai nazisti, e di cosa è stata la sua vita. Per girare questi 28 minuti di documentario su una persona tanto straordinaria, scomparsa lo scorso maggio a 102 anni, ho voluto dietro alla macchina da presa il fotografo Ralph Gibson e il risultato è eccezionale».