È del 1968 la più bella canzone di Natale della musica rock. È
Christmas Song dei Jethro Tull, il gruppo che aveva come frontman il vocalista e flautista scozzese Ian Anderson, tuttora in attività con il gruppo che conserva lo stesso nome (preso da un’antica tomba – si dice – dove si leggeva appunto il nome biblico di Jethro, accanto al cognome Tull, secondo la mutuazione dei nomi di battesimo dal Vecchio Testamento, frequente nei Paesi del Nord Europa); ed è un bel record che il mitico gruppo di progressive rock si esibisca con immutata energia a mezzo secolo di distanza, ma che non deve meravigliare considerando quale devozione abbia circondato, per un ventennio a partire da metà degli anni sessanta, la loro colta musica, impareggiabile
fusion di rock, jazz e folk scozzese; la band può contare anche oggi su tre schiere generazionali d’appassionati che affollano i loro concerti, anche italiani. Dei Jethro Tull è altrettanto nota la raffinatezza dei testi – pura poesia del Novecento – che hanno toccato spesso la tematica religiosa, culminando nello scandalo della suite
My God, “Il mio Dio”, capolavoro centrale dell’album del 1971
Aqualung. My God venne bandito dalla radio; ai concerti gli stessi fan, credenti, lanciavano i dischi fatti a pezzi sul palco in segno di protesta. Il pezzo era violento e conteneva un attacco frontale al tradimento dello spirito cristiano dato dalla religione costituita, soprattutto dalla
bloody church of England, la “maledetta chiesa d’Inghilterra”, l’anglicana. Eppure non vi era nulla di blasfemo in essa. L’autore Ian Anderson ne difese sempre la religiosità, definendola uno straziante blues dedicato a Dio. Col tempo, la natura di capolavoro del provocatorio e sanguigno
My God non poté essere disconosciuta. In Italia ebbe la sorte di un altro coevo pezzo dei Nomadi,
Dio è morto, censurata in Rai e trasmessa solo da Radio Vaticano, che di fatto la sdoganò e promosse, riconoscendo anche in questo caso al pezzo un valore artistico ed etico. Ma nulla delle tempeste ideologiche che accoglieranno, tre anni più avanti, l’uscita di
My God in
Aqualung s’intuisce nella dolcissima
Christmas Song (edita nell’album del ’72
Living in the Past) quando i Jethro Tull la incidono nel ’68. La canzone dura meno di 2 minuti, ed è su una struggente melodia “in levare” a corde pizzicate in sette ottavi, forse tratta da un’antica
lullaby o ninnananna, di cui conserva il ritmo sussurrante e ipnotico.
Splendido è anche il testo, simile a una