Agorà

La rivista. Il "Roar" collettivo di ucraini e russi dissidenti per la pace

Eugenio Giannetta martedì 3 maggio 2022

L’acciaieria Azovstal di Mariupol il 26 aprile

Prosegue la guerra e in risposta si aprono finestre sulla pace, si alzano voci di intellettuali russi e ucraini impegnati a creare ponti e non muri, si «aspetta il momento in cui non ci sarà più bisogno di fissare un segmento preciso della cultura russofona in quanto opposta al regime che c’è in Russia, semplicemente perché quel regime cesserà di esistere». Queste sono le parole di Linor Goralik, la curatrice di Roar, l’onomatopea di «un potente ruggito che molte persone potranno sentire e trovare solidale», nonché l’acronimo di Russian oppositional arts review, una rivista online in russo e in inglese Il primo numero è uscito il 24 aprile scorso, ed è stato realizzato grazie alla partecipazione di moltissimi scrittori e poeti - già presentati peraltro in traduzione nella rubrica “Voci contro la guerra”, curata dell’Università per Stranieri di Siena - ma anche musicisti, artisti, grafici. Contiene riflessioni e testimonianze, saggi, poesie, immagini e suoni di denuncia della guerra. Il giorno del lancio la rivista ha tra l’altro subito un attacco DDoS che ne ha causato l’oscuramento, girando temporaneamente su altre piattaforme, ma oggi il sito è tornato funzionante e la rivista sta lavorando al secondo numero, che uscirà il 24 giugno. Il tema - spiega Goralik - sarà quello della resistenza alla violenza: «Continueremo a pubblicare materiali in relazione alla guerra che la Russia sta conducendo contro l’Ucraina. Inoltre abbiamo poesie, lavori in prosa, opere teatrali e opere d’arte riguardanti la repressione dei dissidenti in Russia e altre esperienze di resistenza personale e collettiva a violenza e crudeltà. In attesa che questo progetto venga chiuso poiché non ce ne sarà più bisogno, faremo il possibile per far sì che Roar, al momento realizzato solo grazie al volontariato, continui a uscire». Tra gli autori e i collaboratori, racconta Goralik, «ci sono, da un lato, poeti e scrittori, artisti e musicisti che possono essere visti come parte integrante della cultura liberale russa contemporanea: Maria Stepanova e Lev Rubinshtein, Anna Starobinets e Andrei Rodionov, Boris Filanovsky e Alexander Manotskov, Vladimir Gandelsman e Sergey Maksimishin e molti altri». D’altra parte, Roar è anche «aperto a creatori e collaboratori meno famosi; tutti possono presentare il loro lavoro per la revisione, e così molti giovani possono essere pubblicati accanto ai colleghi più importanti». L’idea iniziale conclude la curatrice - era di «creare una piattaforma che potesse aiutare tutte queste voci a suonare insieme». Idea che era stata avviata poco dopo l’inizio della guerra anche dall’Università per stranieri di Siena, con la pagina online sul sito dell’Ateneo internazionale “Voci contro la guerra”, ovvero uno spazio in cui schierarsi dalla parte delle vittime, della pace e - come spiega un testo introduttivo del rettore Tomaso Montanari - connettere voci «sull’orlo di una terza guerra mondiale, davanti allo spettro, mai così vicino, per la nostra generazione, di un’apocalissi nucleare». A occuparsi del progetto è in particolare Giulia Marcucci, professoressa associata in Lingua e traduzione russa e direttrice del Centro di studi sulla traduzione: «Ho scoperto Roar grazie ai social – racconta – è mi è sembrato un atto eroico. Con l’Università – continua Marcucci – avevamo iniziato un percorso simile quando ci siamo trovati di fronte allo sconcerto della guerra, per provare a costruire una sorta di bacheca collettiva sulla nostra pagina, a dimostrazione del necessario impegno sociale e civile e della finalità sociale che la traduzione ha e sempre dovrebbe avere, ovvero continuare a non bruciare i ponti, per far sentire voci che altrimenti non si potrebbero sentire». Tra queste, Ol’ga Bragina, Maria Galina, Alisa Ganieva, Ljudmila Petruševskaja, Lev Rubinštein e Anna Starobinec, ma anche una lettera aperta di scienziati e giornalisti scientifici russi, un appello di cinque storici cinesi, interventi di operatori della cultura e dell’arte, di studiosi, giornalisti, critici cinematografici, studenti, e un appello dei membri del Presidium dell’Accademia russa delle scienze, nonché una lettera aperta contro la guerra della comunità universitaria della Statale di Mosca “Lomonosov”. Tra le iniziative dell’Ateneo, è partito un bando per cinque posti di research fellow per studiosi e studiose ucraini e russi. E anche corsi gratuiti di italiano per i più giovani. La guerra «deve essere fermata – ha scritto Rubinštein, poeta, saggista, critico e tra i fondatori del Concettualismo moscovita, tradotto da Marcucci sulla pagina 'Voci contro la guerra' –. Come? In qualche modo, ma è necessario. Tutti noi, insieme e individualmente, dobbiamo pensarci».