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Filosofia. Il grande ritorno del panpsichismo, tutto ha coscienza nell'universo

Andrea Lavazza martedì 4 febbraio 2020

È già diventato un caso nel mondo filosofico anglosassone. Anche se la teoria che il libro sostiene – il panpsichismo – risale agli albori della riflessione sulla realtà. Philip Goff insegna all’università di Durham e ha gettato il sasso nello stagno già col titolo del suo volume: Galileo’s Error: Foundations for a New Science of Consciousness (pubblicato da Rider in novembre e premiato dalle vendite). Dove l’errore di Galileo fa il verso all’Errore di Cartesio, come Antonio Damasio ha chiamato il suo celebre libro del 1994. In un quarto di secolo, verrebbe da dire, il pendolo degli studi sulla coscienza è tornato al punto di partenza.

Se il neuroscienziato portoghese voleva dare il colpo definitivo a ogni forma di dualismo tra mente e corpo con una spiegazione materialistica basata sul caso ormai famoso dell’operaio Phineas Gage, il quale cambiò carattere dopo che il suo cervello fu attraversato da una barra di ferro, il filosofo inglese evidenzia come ancora oggi «non abbiamo spiegazione del modo in cui l’attività elettrochimica del cervello riesca a creare il mondo interno soggettivo di colori, suoni, odori e sapori che ognuno di noi sperimenta». La pars destruens Goff l’ha compiuta nella sua opera precedente, più ampia, più tecnica e molto lodata, Consciousness and Fundamental Reality( Oxford University Press), con cui ha cercato di smontare gli approcci fisicalistici alla coscienza, a partire dal fatto che non vi è una chiara definizione di che cosa sia la materia. Mentre sappiamo molto delle sue proprietà, non abbiamo una precisa nozione della sua natura intrinseca. Possiamo così concentrarci sul presunto sbaglio di Galileo.

L’inventore del metodo scientifico pose infatti la matematica come il linguaggio d’elezione per un vocabolario che esprime solo quantità. Ma la coscienza è qualcosa che ha a che fare con fenomeni qualitativi (la rossezza che percepiamo di un pomodoro o il sapore che sentiamo quando si mangia cioccolato) e la scienza per definizione deve rinunciare a spiegare le qualità. Enfatizzando la distinzione tra qualità primarie e secondarie, Galileo ha finito col mettere la coscienza fuori dalla scienza. Non quindi un errore in senso specifico, ma una scelta che lascia un vuoto esplicativo. E quel 'buco', dice Goff, può essere riempito dal panpsichismo. Questa teoria sostiene che «la coscienza pervade l’universo ed è una sua caratteristica fondamentale». Ciò non significa che ogni cosa sia cosciente come lo siamo noi esseri umani.

L’idea è che perfino i costituenti minimi della realtà fisica – i quark e gli elettroni – abbiano una forma assolutamente minima e primitiva di esperienza, dove per esperienza si intende dolore, piacere, sensazioni. La coscienza degli esseri viventi superiori deriverebbe dall’esperienza delle componenti di base del cervello. La coscienza sarebbe quindi la natura intrinseca della materia, senza ipotizzare nulla di soprannaturale o spirituale (Goff si definisce un finzionalista religioso, cioè ritiene legittimo il discorso e le pratiche religiose senza impegnarsi nel credere ai contenuti religiosi). La scienza descrive l’'esterno' e non vede l’'interno', ovvero l’esperienza soggettiva.

Ma si può testare la teoria panpsichistica? Non proprio: la coscienza è per definizione non osservabile: conosciamo la sua esistenza per il fatto che ne facciamo esperienza personale. Le neuroscienze trovano correlazioni tra l’attività del cervello e ciò che chiamiamo mente. Ma è la filosofia che può spiegare tali correlazioni. E, secondo l’autore, il panpsichismo rappresenta l’unica teoria che regge a uno scrupoloso esame filosofico. I critici tendono a dire o che la coscienza non è quel mistero che pare a Goff o che il panpsichismo non sa replicare al problema della composizione: come si saldano le singole micro-esperienze di ciascun neurone nella coscienza unitaria dell’individuo? Il dibattito ferve, l’accordo tra esperti sembra impossibile e la soluzione rimane lontana.