Agorà

ll reportage. Favelas, scuola e pallone per fuggire

Massimiliano Castellani mercoledì 18 giugno 2014
Un pallone, spesso salva dalle pallottole della favela. Ed è per questo che negli ultimi anni, dopo il processo di pacificazione avviato dal governo nelle favelas di Rio de Janeiro e San Paolo, anche i campioni del calcio brasiliano hanno intensificato la loro azione di mutuo soccorso in favore dei più deboli,  i più piccoli. In principio è stata “Gol de letra”, la fondazione messa in campo nel 1998 in Francia (nell’anno in cui il Brasile perse la finale contro Zidane e compagni) dal fratello di Socrates, Raì campione del mondo con la Seleçao a Usa 94 nella finale vinta ai rigori contro gli azzurri di Sacchi. Un’idea quella della Fundaçao, nata nella vita agiata trascorsa nei boulevard parigini, quando Raì e il suo compagno di squadra nel Paris Saint Germain il poliglotta Leonardo, decisero che era tempo di fare qualcosa di concreto per i bambini di San Paolo. Così è nata la “Gol de letra” che oggi è uno dei fiori all’occhiello dell’Unesco, premiata dall’Unicef nel 2013 per la sua “straordinaria capacità pedagogica di unire calcio ed educazione”. Una parte dei guadagni di Raì e Leonardo e dei calciatori amici che hanno coinvolto, è andato a costituire il fondo che, a partire dalla Comunità di Vila Albertina a San Paolo consente di seguire ogni stagione scolastica oltre mille ragazzi in età compresa tra i 7 e i 24 anni ai quali oltre al calcio, vengono organizzati corsi di informatica, arti visive, teatro, musica e samba. «Mia figlia maggiore, Raissa, a Parigi ha potuto studiare alla Sorbona e beneficiato di tutti quei servizi e dell’assistenza garantita ai giovani che nelle favelas non sanno neppure cosa siano», racconta Raì che con “Gol de letra”, ha portato palloni e libri fino al bairro Caju di Rio. Una delle 344 favelas della “cidade maravilhosa” che alla fine dei Mondiali conta di averne pacificate almeno quaranta per raddoppiare - è il sogno della presidentessa Rousseff - al termine dei Giochi di Rio 2016. Appena dietro il lungomare della Barra la “pacificazione da futebol” ha una sigla messianica che ormai tutti riconoscono, “Cfz”: Centro futebol Zico. L’ha creata proprio lui, Arthur Antunes Coimbra, in arte Zico, l’uomo del vecchio Maracanà (detiene il record di gol segnati con il Flamengo, 333 in 435 partite, nello stadio leggendario). A due passi dalla spiaggia della Barra sta la sede centrale del Cfz, ma Zico ha moltiplicato per venticinque le succursali dei suo college, sparsi per tutto il Paese, allo scopo di consentire al maggior numero di adolescenti in stato  di emarginazione di entrare a far parte di un progetto che è di vita, prima che sportivo. «Però, chi non è in regola con la scuola e porta agli istruttori delle pagelle con voti bassi, non può continuare a giocare con noi», è la prima regola ferrea stabilita dal “preside” Zico che come “Gol de Letra” sta trovando sponsor e amici in Europa disposti a finanziare Cfz per permettere ai ragazzi di uscire dal Brasile per dei periodi di scambio culturale.