Agorà

INTERVISTA. Il no dei cardinali alla pace col Duce

Gianni Cardinale sabato 2 ottobre 2010
È un cardinale Eugenio Pacelli visto da vicino, da molto vicino, quello che risulta dalla consultazione del primo volume dei suoi "fogli di udienza" da Segretario di Stato di Pio XI  pubblicati da poco dall’Archivio Segreto Vaticano. L’opera - I fogli di udienze del cardinale Eugenio Pacelli Segretario di Stato (1930) è curata dal prefetto dell’Archivio, il vescovo barnabita Sergio Pagano, e da due suoi collaboratori, il padre gesuita Marcel Chappin e il laico Giovanni Coco. Avvenire ne ha parlato con monsignor Pagano.Eccellenza, cosa si trova in questi fogli di udienza?«La vita quotidiana dell’allora cardinale Pacelli, i rapporti che ha quasi ogni mattina col Papa, gli incontri frequenti con gli ambasciatori, con altri cardinali e altre personalità in un modo continuo».Qual è l’importanza di questi documenti?«Questo corpus di fogli, di appunti presi giorno per giorno, spesso subito dopo o poche ore dopo gli incontri avuti, ci permette di vedere da vicino il lavoro della Curia, del governo centrale della Chiesa cattolica dell’epoca. E dal punto di vista dei più alti vertici gerarchici. Si vedono trattate questioni minute, dall’obolo da dare ad una povera vedova al sussidio da inviare a una parrocchia disastrata, fino alle questioni massime come sono i rapporti con il fascismo, conflittuali, si potrebbe dire, fin dal giorno successivo alla firma dei Patti Lateranensi, oppure - e si vedrà meglio nei volumi successivi - l’insorgere dei problemi con la Repubblica spagnola o quelli con alcune dittature latinoamericane, i rapporti con la Germania nazista, e così via… Insomma con questo lavoro lo storico ha un corpus di questioni preziosissimo da cui partire per approfondire la storia della Chiesa di quel periodo».Questi fogli di udienza costituiscono un unicum dal punto di vista storiografico?«Certamente sì. I precedenti Segretari di Stato tenevamo appunti ma non in maniera sistematica, continua, accurata, anzi accuratissima, come Pacelli. Si potrebbe dire che Pacelli abbia scritto questi fogli in modo così metodico e ordinato quasi come una testimonianza della sua attività e un metodo di lavoro stesso a cui richiamarsi per i precedenti».Con la pubblicazione di questi fogli bisognerà riscrivere i libri di storia su quel periodo?«Riscrivere completamente forse no, ma rivedere o smussare alcuni giudizi su Pacelli e papa Ratti sì. Perché man mano che si procederà in quest’opera - ora siamo al primo volume ma se ne prevedono dieci o forse più - verranno discussi molti nodi che pur essendo sostanzialmente conosciuti dalla storiografia potranno però essere meglio affrontati dagli innumerevoli ulteriori particolari e dettagli che verranno alla luce».Qualche esempio?«Sono tanti. Gli storici - che hanno già accesso a questi fogli che noi stiamo pubblicando in edizione critica - hanno già valutato come fossero molto più delicati di quanto si pensava i rapporti della Santa Sede con la Spagna nel 1931 e nel 1932. Sta inoltre prendendo forma l’azione più diplomatica, più attendista, di Pacelli nei confronti dell’atteggiamento di Mussolini verso dell’Azione Cattolica, confrontata invece con la posizione molto più netta, decisa, tagliente di Pio XI».Vuol dire che il cardinal Pacelli seguiva una linea differente dal Papa?«Questo no. Dalle carte appare in modo inequivocabile l’assoluta fedeltà di Pacelli al Papa e alle sue indicazioni, anche quando non collimavano perfettamente con le proprie convinzioni. E Pio XI lo sapeva. Basta vedere quanto accadde nel 1931».Cioè?«Il ’31 fu un annus horribilis per Pacelli, che arrivò a dare le dimissioni. Il papa le respinse subito e disse anzi che non si era affatto pentito della sua scelta perché aveva in lui un aiuto molto fidato».Cos’era successo?«Pacelli si trovava di fronte ad una Curia che non aveva digerito il suo arrivo e non aveva assimilato la Conciliazione. All’interno del Sacro Collegio c’erano due o tre partiti di cardinali che vedevano i Patti Lateranensi in diverso modo. E Pacelli si trovò sotto il fuoco incrociato di questi gruppi. La situazione era talmente delicata che Pio XI indisse un Concistoro segreto di cui finora non si conoscevano gli atti. Ora li abbiamo scoperti e stiamo lavorando per pubblicarli».Cosa avvenne in quel Concistoro?«In pratica papa Ratti intimò ai cardinali di smetterla di litigare tra loro e li obbligò a tenere una linea univoca nei confronti del fascismo per il bene della Chiesa. E lo fece con quello stile "assolutista" che noi conosciamo. Pio XI, aveva un carattere forte, non ammetteva cardinali dissidenti».Quando uscirà il prossimo volume dei Fogli di udienza in cui si accenna a questa storia?«I fogli del 1931 sono stati già trascritti, manca tutto l’apparato critico. Si tratta di un lavoro lungo, quindi prevedo che il volume non possa venire alla luce prima degli inizi del 2012. Il lavoro delle note è molto complicato, nonostante sia agevolato dall’ottimo funzionamento degli archivi vaticani in quel periodo. All’inizio del 2011 dovrebbe venire alla luce un altro lavoro specifico sul citato Concistoro che sta compilando il bravo dottor Giovanni Coco e che si pubblicherà in Archivum Historiae Pontificiae».Eccellenza, qual è l’attuale stato di accessibilità dell’Archivio Segreto Vaticano?«Come è noto nel 2006 Benedetto XVI ha aperto gli archivi del pontificato di Pio XI, quindi fino al febbraio 1939. Nell’ottobre 2008 padre Federico Lombardi ha poi spiegato che il Papa desidera rendere accessibili i documenti del pontificato successivo, ma che per tutto il lavoro archivistico che questo implica ci sarebbero voluti altri 6-7 anni. Due sono già passati. Speriamo di poter riuscire in quattro anni a poter presentare al Papa il lavoro concluso. Il Santo Padre potrà poi decidere o meno l’ulteriore apertura».Un’ultima curiosità. Ma quando è stato aperto il periodo di Pio XI, c’è stato un boom di richieste per accedervi?«C’è stato un aumento del dieci venti per cento ma non c’è stata una ressa. Né era prevedibile che ci fosse. Studiare infatti richiede metodo e ricerca, tempo e pazienza, senza poter contare sempre su frutti immediati. E sono pochi gli studiosi disposti ad accollarsi questa fatica».