Agorà

INTERVISTA A GASPERINI. «Il mio è un altro calcio»

Massimiliano Castellani venerdì 6 marzo 2009
Mai come in questo momen­to i tifosi genoani si sento­no delle Anime Salve. E che peccato che uno dei più grandi tifo­si del Grifone, il sommo poeta di Ge­nova Fabrizio De André, non possa cantare le gesta di questa straordi­naria rinascita. Appena tre anni fa le carovane rossoblù migravano con la tristezza nel cuore, ma con il petto gonfio d’orgoglio genoano, nelle lan­de più desolate della C1. Ora il club più antico d’Italia, il Ge­noa Cricket and Footbal Club (fon­dato nel 1893), come si conviene a u­na società con 9 scudetti in bacheca (l’ultimo nel 1924) è tornato tra le nobili del calcio italiano, addirittura in corsa per un posto in Champions. Il patron Enrico Preziosi ha spazza­to via la miseria e ridato lustro alla nobiltà che si respira già entrando nell’aulica sede di Pegli, nella cin­quecentesca Villa Rostan, un tempo meta delle teste coronate d’Europa. Luogo ideale per ospitare il “Princi­pe” silenzioso Diego Milito, vice ca­pocannoniere in serie A con 15 reti, ma soprattutto il campo base del­l’uomo della svolta, il condottiero Gian Piero Gasperini. Lei è un allenatore per niente “me­dioevale”, padrone delle tecnologie, atteso, domani, alla sfida con il fu­turistico Mourinho... «Nel calcio di oggi la co­municazione sembra ven­ga prima di tutto; saper es­sere mediatici quindi è si­nonimo di “fenomeni”, come nel caso di Mou­rinho. Io questa capacità non l’ho mai avuta e non mi alleno neppure per di­ventare più comunicativo. Poi ognuno è libero di e­sprimere la sua persona­lità come meglio crede, a patto di rimanere sempre entro le regole». Com’è che la società più anziana d’Italia è diventata d’in­canto la più amata dai giovani...«Prima i ragazzi della città sulla scia dell’era Mancini-Vialli si avvicina­vano di più alla Samp, ora stanno scoprendo il fascino antico, eppure così attuale del Genoa». Merito anche del 4° posto e del cal­cio spettacolo che state offrendo? ù«I risultati aiutano, ma dietro c’è un lavoro attento da parte del club che è riuscito a conquistare una fetta nuova di pubblico giovane. Ogni do­menica mille ragazzi delle scuole e­lementari e medie partecipano al progetto “ Genoa Club for children”: un’esclusiva tutta nostra, con tante attività educative, compresa la “scuola di tifo”». Oltre ad andare regolarmente in re­te in campo, molto del lavoro del suo staff tecnico (10 persone) si svol­ge nella Rete. «Siamo tutti figli di Internet. Le nuo­ve tecnologie ci hanno permesso di colmare il gap che avevamo con le grandi. Avere il mondo a portata di mano senza doversi spostare da Ge­nova è una grande opportunità: sia­mo riusciti a trovare soluzioni tecni­che importanti e giocatori di talen­to in tempi rapidissimi». Siamo dunque entrati nell’era del calcio tecnologico? «La tecnologia ha una sua impor­tanza nella preparazione delle par­tite e nella ricerca dei metodi di la­voro, poi alla macchina si devono af­fiancare le idee e la creatività delle menti umane che in ogni caso han­no sempre la precedenza». Per lei prima di tutto sono sempre venuti i giovani, come dimostrano i 10 anni da tecnico nel settore gio­vanile della Juventus. «Credevo di chiudere la mia carrie­ra allenando solo i ragazzi, poi ho a­vuto voglia di confrontarmi con il professionismo, dal Crotone sono arrivato al Genoa dove continuo a lavorare sempre a stretto contatto con il mondo giovanile». Un mondo, quello del calcio, dove si vuole che i calciatori restino eter­ni “Peter Pan”. «Il rischio c’è. Il problema è che il professionismo li vuole pronti, ma­turi e mediatici già a 18 anni. Così spesso molti ragazzi si perdono, spe­cie quando non hanno dei modelli di riferimento, fuori e dentro il cam­po, disposti a farli crescere davvero». Colpa anche di una scarsa cultura di base nello sport? «Appena cominciano le prime con­vocazioni nelle Nazionali giovanili si manifesta il “disinnamoramento” al­lo studio e questo è un aspetto che per il futuro dobbiamo tenere sotto controllo. Bisogna intervenire subi­to nel caso di abbandono della scuo­la da parte di un giovane calciatore, fargli capire che l’istruzione è l’uni­ca ricchezza certa che si ritroverà sempre nella vita». Bell’assist per il ministro Gelmini... «Io sono per l’inserimento dell’Edu­cazione sportiva nelle scuole, affin­ché aumenti il numero dei praticanti e a latere si possa applicare a ogni singola disciplina, calcio incluso, u­na serie di materie complementari, come la Storia e soprattutto l’Edu­cazione civica, con cui insegnare il ri­spetto per gli avversari e i singoli componenti della società». È questa mancanza di educazione sportiva che poi genera i Balotelli? «Balotelli lo conosco sol­tanto come un giocatore di talento. Ma ci sono tan­ti ragazzi che agiscono in maniera molto spregiu­dicata; nei settori giova­nili spesso nessuno gli ha insegnato l’arte fonda­mentale dell’umiltà, in­culcandogli invece la cat­tiva cultura della vittoria a tutti i costi». Una cultura dominante ormai e ad ogni sconfit­ta il “capro espiatorio” è sempre l’arbitro. «Spesso gli arbitri diven­tano l’alibi per mascherare i limiti tecnici di una squadra. Dopo gli ar­bitri, però, in cima alla classifica dei capri espiatori ci siamo sempre noi tecnici. A me finora è andata bene, di solito gli allenatori li mettono al muro, invece mi hanno appena de­dicato una piastrella del “muretto” di Alassio». Ora i genoani si aspettano la “Scar­pa d’oro” per Diego Milito. «Milito è il giocatore più determi­nante che abbia mai allenato. Thia­go Motta è stato l’affare migliore del Genoa, un giocatore arrivato a para­metro zero con un rendimento im­pressionante. Così come Biava, gen­te così in forma io la convocherei su­bito in Nazionale». L’obiettivo futuro di Gasperini? «Battere l’Inter. Per il Genoa sareb­be come vincere lo “scudetto mora­le” e poi daremmo una grossa mano a riaprire il campionato. Per lo “scu­detto concreto” - sorride - ... Magari ci proviamo il prossimo anno».