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LA SFIDA. Dix: «Il mio Shakespeare con i comici di Zelig»

Alessandro Beltrami mercoledì 6 luglio 2011
Shakespeare a Zelig? Che il talento comico del Bardo non fosse da meno di quello tragico, è noto. Ma che fosse affare da comici, è meno scontato. È invece la sfida lanciata da Gioele Dix che all’Estate Teatrale Veronese questa sera porta da regista il Sogno di una notte di mezza estate (fino al 9 luglio, da settembre in tournée). Con un cast composto da giovani comici dell’«area Zelig»: tra gli altri Katia Follesa, Maurizio Lastrico, Corrado Nuzzo, Marco Silvestri e Marta Zoboli. Oltre alla cantante Petra Magoni (nella parte di Puck) e il contrabbassista Ferruccio Spinetti. «L’idea di uno spettacolo classico con una compagnia di comici – racconta Dix – l’avevo da un paio d’anni. Io figlio orgoglioso del teatro classico, quello che lavora di fino, ero affascinato dal loro modo di andare all’impronta. Poche prove, molto individualisti. Un materiale promettente».Zelig e Shakespeare. Qualcuno potrebbe storcere il naso…Sì, se il motivo fosse soltanto che gli attori sono stati scelti perché di Zelig. Ma è una semplificazione: sono stati reclutati in quanto comici di talento. Non nego però che come slogan «Bardo by Zelig» ha anche un certo appealPerché il «Sogno»?Di tutti i testi shakespeariani è il più adatto. La sua chiave è il gioco. Ogni logica salta e la fantasia si scatena. E poi al suo interno ha una compagnia di comici involontari. Ed è proprio la parte comica a essere spesso sottovalutata nelle grandi produzioni. La «Lamentevole tragedia di Piramo e Tisbe» dell’ultimo atto all’epoca era un pezzo che faceva morire dal ridere. Quando ho assistito alle rappresentazioni del Sogno, da comico ho sempre fremuto sulla sedia. Qui mi tolgo una bella soddisfazione.Non c’è il rischio che i personaggi di Zelig schiaccino quelli del Bardo?Non con questo cast: non sono attori riconducibili a un personaggio singolo, né connotati da accenti dialettali o tormentoni. A volta la forza di un comico diventa la sua prigione. Altri non avrebbero accettato una scelta così difficile. Tra loro c’è una tensione enorme: capiscono di andare in scena nudi, senza la protezione dei loro testi, su un terreno molto scivoloso. Io stesso sono molto agitato.Oltre che regista, del testo lei è anche traduttore.Insieme a Nicola Fano. Ci siamo liberati dal vincolo del verso shakespiriano, che in italiano diventa ampolloso, per una prosa contemporanea, asciutta. Ma l’originale stesso è modernissimo: lo sapeva che la parola gossip l’ha inventata lui? Una folgorazione… Soprattutto però non abbiamo ceduto al "cabarettese". Spazio all’improvvisazione?Nella scena notturna siamo restati molto aderenti all’originale. Ma nell’atto finale l’improvvisazione è ampia. Se dovessi fare un proporzione direi 80% del Bardo e il 20% dei ragazzi. Mi aspetto nell’ultima parte grandi boati dalla platea.Dopo il «Sogno» ritenterà l’esperimento?Vorrei portare in scena Molière, autore perfetto per questo tipo di compagnia. Ma non nego che mi piacerebbe tentare una tragedia come Amleto o Macbeth. E vedere l’effetto che fa.