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Musica. Il 2020 di Biagio Antonacci: «Sono un cantautore in cerca di spiritualità»

Angela Calvini sabato 4 gennaio 2020

Biagio Antonacci torna con l'album "Chiaramente visibili dall'alto"

Per Antonacci un disco riflessivo,Chiaramente visibili dall’alto, e una serie di concerti intimi al Teatro Carcano di Milano. «In un mondo ipertecnologico rischia di scomparire la spiritualità Il Festival? Lo condurrei» «Ho ottenuto tutto quello che potevo ottenere nella mia carriera musicale. Pensavo di avere dato. Invece ho capito che ho ancora molto da dire come cantautore». Il 2020 sarà l’anno della svolta per Biagio Antonacci. Dopo l’apoteosi pop l’estate scorsa col tour negli stadi insieme a Laura Pausini, il 56enne cantante e autore di Rozzano (Milano ) compie una secca virata cantautorale e sceglie l’intimità dei teatri. Dal 29 settembre 2020, infatti, Antonacci sarà protagonista di una serie di concerti stanziali al Teatro Carcano di Milano in cui suonerà da solo i suoi brani così come sono nati. Complice la raffinatezza dell’ultimo album, Chiaramente visibili dallo spazio, fatto di testi pensati e pensanti, musica molto ben suonata da un gruppo di grandi professionisti americani e con l’attenta produzione di Takheto Goara e Placido Salamone. Nei brani il bisogno dei sentimenti, il mistero di Dio, l’eco dell’Africa, il valore della normalità: tutti concetti analizzati nella bella prefazione al disco di Moni Ovadia.

Biagio Antonacci, che fase è della sua vita?

È una fase molto serena, bella, di rilassatezza, di poca invasione di vanità. Sono consapevole che ho pubblicato 15 album, che ho fatto tutto: il pop, il rock, le ballate e le canzoni latine. Oggi mi piaceva tornare ad essere cantautore, come sono sempre stato, perché mi sono reinnamorato della musica, della sua parte letteraria.

La consapevolezza della maturità?

Sei consapevole di quello che hai fatto, ma nudo di fronte a quello che verrà. Ho fatto questo disco con l’approccio del mio primo disco, abbandonando l’elettronica per sposare la ritmica. In un’epoca in cui tutto è digitale. il futuro per assurdo sarà analogico. Anche se i nostri cervelli verranno inglobati in un unico server e il Creatore sarà colui che avrà tutti i nostri cervelli e ti dirà dove andare, dove muoverti. Ci saranno l’autobus e l’auto senza conducente e noi non sapremo fare niente, perderemo quel poco di manualità che abbiamo, diventeremo privi di personalità completamente. Già lo stiamo diventando.

È preoccupato dalle nuove tecnologie?

Se io guardo quanto uso il cellulare durante il giorno, mi viene da piangere. Ho vergogna. Diventiamo schiavi di oggetti e gli oggetti si impossessano della nostra testa. Mentre invece la passione sarà sempre analogica: credo nello scambio di teste pensanti. Se anche una sola persona resistesse alle incursioni belliche della tecnologia, questa sarà una persona in grado di salvare il mondo.

Salvare il mondo da cosa?

Il problema grosso dell’umanità è che ci sono poche nascite, soprattutto nei Paesi che se lo potrebbero permettere. Un disastro. Soprattutto i figli dei nostri figli vedranno l’apoteosi della mancanza di spiritualità, della poca fantasia.

C’è anche speranza in quello che lei canta. Lei cita anche Dio nei due brani che aprono l’album, L’amore muore e Ci siamo capiti male. Come mai?

Certo che c’è speranza. Parlo di Dio a favore della spiritualità, Dio può essere tante cose. La vita è Dio, l’amore è Dio, occorre prendersi cura di ciò che è bello e importante. In Ci siamo capiti male invece c’è un tentativo di chiedere scusa a una persona che hai offeso. Le scuse vanno chieste con dignità, non con superficialità.

A proposito di spiritualità, qual è il suo rapporto con le grandi domande della vita?

Lo dichiaro nel titolo stesso dell’album: Chiaramente visibili dallo spazio. Le grandi domande un curioso come me se le farà tutta la vita, anche se non avrà mai risposte. La curiosità fa nascere i figli, pensare a come farli felici, investire sulla parte umana.

C'è anche in gioco l'umanità: lei critica le nostre ipocrisie nei confronti degli immigrati.

Ne La vanità mi chiedo perché faccio la carità al senegalese: per fare un bel gesto nei suoi confronti o voglio pulirmi la coscienza? Perché ho bisogno di sentirmi utile o lo faccio veramente di cuore perché voglio che lui stia bene? E questo non l’ho ancora capito.

In troppi forse non capiscono, visto l’odio crescente…

L’amore è accettare tutte le fedi e le differenze sociali. È inevitabile che il nostro popolo andrà a mischiarsi con altri popoli perché è sempre successo. Come i nostri nonni in Argentina, i nostri padri in America, gli extra comunitari cercano il loro sogno da noi. La gestione delle migrazioni, invece, è un problema tecnico, e i politici dovrebbero ammettere di avere sbagliato tutti e cercare di essere propositivi.

Lei continua anche a scrivere canzoni d’amore di grande successo sulle donne, questione oggi cruciale.

Ho sempre parlato molto più con le donne che con gli uomini, perché la sensibilità della donna mi ha sempre molto incuriosito. La donna ha una testa molto più aperta e predisposta a cercare e a soffrire in silenzio. Cosa che un uomo non sa fare. E questo, ahimè, troppo spesso sfocia nella violenza. E le donne oggi devono avere il coraggio di denunciare. L’uomo uccide le donne perché non può far cambiare idea a una donna. L’uomo non ha capito che invece la dolcezza sarebbe la regola migliore, insieme alla comunicazione e all’intelligenza: perché la donna può perdonare qualsiasi cosa, l’uomo sa perdonare molto meno.

Di perdono parla invece il suo bel brano Mio fratello dell’album precedente, un sorta di parafrasi del “figliol prodigo” interpretata nel video di Gabriele Mussino da Beppe e Rosario Fiorello.

Era un brano, con la partecipazione di Mario Incudine, che aveva una marcia in più. Una canzone dove il fratello più “buono” diceva al fratello più problematico: io ti farei del male, però torna a casa perché tua madre ti sta aspettando. Perché tutte le madri perdonano i figli, qualunque cosa abbiano fatto. La parola perdono esiste. Anche il Papa dice «io non sono in grado di giudicare nessuno», figurati se un fratello può ergersi a giudice dell’altro.

Si è ispirato al rapporto con suo fratello Graziano?

Lui è quello buono (ride, ndr). Ha dieci anni meno di me, da vent’anni lavora con me. Il lavoro comporta stress e talvolta incomprensioni, ma ci vogliamo molto bene e di lui mi posso fidare ciecamente.

Lei è sempre stato molto legato alla sua famiglia di origine.

Mia madre è la mia prima fan. Mio padre, che non c’è più, è stato il responsabile del Forum di Assago fin dalla sua fondazione nel ’91. Lui mi ha indirizzato da piccolo verso la musica, perché mi teneva lontano dalla strada. A 8 anni suonavo la batteria, a 11 anni ho fatto i primi concerti. Intanto studiavo, per 8 anni ho fatto il geometra nei cantieri e la sera cantavo nei piano bar. Quando gli ho detto che volevo fare della musica la mia vita, ha temuto che mi illudessi, ma quando ho avuto successo si è tolto un’ansia. Allora non lo capivo, ora che sono padre invece sì.

Insomma, Una brava persona come il bel brano che chiude il disco.

Oggi hai paura ad essere normale, vali solo se appari, se hai più like degli altri. Canto invece la bellezza e il valore della normalità di un uomo come ce ne sono tanti, che lavora, fa i conti con le bollette ma per il quale «la famiglia che ride è un traguardo».

Un’ultima domanda, dato che ci siamo quasi: la vedremo al prossimo Festival di Sanremo?

«Io ho fatto tutto a Sanremo, ho fatto i Giovani, il Big e il superospite. Dovrei condurlo io il Festival, ma non c’è più posto: aspetto il prossimo ( ride. ndr). Mi piacerebbe piuttosto fare uno show tutto mio. Ma la televisione non va sottovalutata. Sembra per tutti, ma poi si rischiano le brutte figure. La televisione è una cosa seria, bisogna farla bene».