Agorà

TECNOLOGIA INVADENTE. Papà in sala parto, «uno su due “distratto” da smartphone e tablet»

Annalisa Guglielmino sabato 2 novembre 2013
È un attimo: l'ostetrica che invita a spingere, assicura che ci siamo quasi, e in un tempo minimo (destinato a durare all'infinito nella memoria) il piccolo è lì, tra le mani sapienti che subito dopo lo affidano ai genitori. Non tutti però pensano che la memoria basterà a conservare per sempre quegli istanti. Che l'evento più importante della vita di due genitori venga filmato non è certo una novità, ma il "problema" è che con l'impazzare di telefonini e tablet dotati di videocamere, la tentazione dei papà (sempre più presenti al fianco delle mamme in sala parto) sia quella di concentrare l'attenzione sulla ripresa della nascita del figlio, senza vivere appieno l'emozione unica di quel momento. È la segnalazione del segretario regionale Lazio dell'Associazione italiana ostetriche (Aio) e ostetrico presso l'Ospedale Cristo Re di Roma, Maurizio Gnazzi: «Oltre la metà dei papà resta infatti attaccato al telefonino o al tablet anche durante le fasi clou, mentre il loro supporto attivo sarebbe cruciale per la compagna che sta partorendo». «La realtà che ci si presenta ogni giorno - dice Gnazzi all'Adnkronos Salute - è che quasi tutti i futuri padri si presentano in sala parto con due o addirittura tre telefonini, un tablet e chi più ne ha più ne metta» . Si va dal manager che deve rispondere alle chiamate di lavoro persino quando sta nascendo suo figlio, al normale impiegato ma patito di videogame che trascorre il tempo impegnato in solitari e giochi di ogni tipo. «Una scarsa metà ha il buon senso di disattivare i dispositivi quando arriva il momento del parto, mentre oltre il 50% continua a usarli, e allora noi li bacchettiamo puntualmente o gli chiediamo di spegnerli». «Io che faccio questo lavoro da 20 anni forse potrei considerare una nascita come un evento di routine - commenta l'ostetrico -.  Ma quante volte a un uomo può capitare nella vita di veder venire al mondo suo figlio?». L'unica giustificazione che gli viene in mente è che «un travaglio può durare anche 12 ore, per cui passare qualche minuto al telefono per comunicare con l'esterno, con i parenti, o per distrarsi, non è di certo un male. E anche fare video o foto della nascita qualche volta è un modo, per i papà, di difendersi dalla visione diretta di un evento che è comunque, per molti, traumatico». Ma fra tutte le qualità e abilità richieste a un neopapà di sicuro non c'è quella di farsi spettatore e documentarista, più che protagonista di un momento che nessuna bella immagine, registrata con mano più o meno ferma e qualità della luce più o meno ottimale, potrà mai restituire come il ricordo di chi l'ha vissuta.