Agorà

Spettacoli. «I cantanti aiutino l’integrazione»

Ilaria Lombardo giovedì 2 luglio 2009
Gilberto Gil ha una corona di capelli bianchi sulla testa e, raccolta, una coda di rasta castani che si gettano all’indietro. Lo sguardo è magnetico, il sor­riso coinvolgente. La sua musica si vede, si sente, si danza. È lui l’evento del Festival La­tinoAmericando di Milano. Un concerto di pura energia carioca, muscolare e spiritua­le al tempo stesso, quello che Gil ha tenuto ieri sera al MediolanumForum di Assago. Una musica che va al di là delle etichette e che nel suo samba porta inscritto tutto l’e­clettismo del personaggio: compositore, strumentista, movimentista, pensatore e politico. Dalle spiagge giovanili di Salvador de Bahia, dove si dilettava con l’accordeon, alla fuga a Londra, in esilio per aver dato vi­ta alla rivoluzione Tropicalista assieme a Caetano Veloso: un sessantotto che a ritmo di samba opponeva alla rigida repressione militare la libertà estetica di cinema, musi­ca e teatro. Nei sessantasette anni che non dimostra, Gil ha accompagnato gran parte della storia del Brasile, dalle dittature mili­tari al socialismo rivisitato dal presidente Lula, di cui è stato ministro della Cultura per cinque anni. Un’investitura che ha ab­bandonato l’agosto scorso per tornare a de­dicarsi a tempo pieno alla musica. «Il ri­chiamo è stato più forte di ogni cosa» ave­va detto. Ritmi e melodie che sanno me­scolare la cultura brasiliana con le speri­mentazioni strumentali più contempora­nee, dal rock reggae, al jazz: una trama fit­tissima di vita e vitalità proposte anche nel­lo show milanese intitolato come una delle sue canzoni più famose, Aqui e Agora. Qui e ora, in Italia, a Milano, dove ha anche ri­cevuto un’importante onorificenza dal sin­daco Letizia Moratti, tributo alla poliedrica personalità dell’artista, «ambasciatore del­la cultura e della coscienza critica del Bra­sile moderno, anima politica del proprio Paese, nonché simbolo universale di impe­gno sociale a sostegno della lotta contro la fame nel mondo». Un riconoscimento al suo ruolo di ambasciatore della Fao (fu lui a pro­porre il Programma Fame Zero in Sudame­rica) e di musicista globale, capace di par­lare al mondo con l’aria festante del suo Bra­sile. «Questo eclettismo – ha detto Gil – cre­do sia necessario all’uomo moderno. Po­tersi occupare di tanti problemi è una qua­lità umana e io sono orgoglioso di poter rap­presentare questo tipo di persona che ser­ve ad affrontare le sfide del nuovo millen­nio. La vita umana rimane una sola ma la nuova dimensione dell’umanità è quella di fare ed essere tante cose». Il cantante-poli­tico che è riuscito a promuovere la cultura in zone poverissime del Brasile contro l’a­nalfabetismo dilagante, è cosciente del ruo­lo e della missione che si è scelto «Gli indi­vidui che hanno una dimensione pubblica, che siano politici o musicisti, devono assu­mersi una responsabilità sociale, ecologica, culturale nei confronti di questo mondo. Un mondo che ormai non può che essere mul­tietnico e multiculturale. E Milano è una di quelle città globali che dimostrano come la musica riesca e deve continuare a integra­re comunità diverse, come quella latinoa­mericana».