Agorà

Himalaya. 60 anni dopo Cassin e Bonatti gli alpini tornano sugli ottomila del Pakistan

Paolo Ferrario domenica 20 maggio 2018

La cima vertiginosa del Gasherbrum IV (WikiCommons)

Se fosse un Ottomila sarebbe probabilmente il più difficile di tutti. Siccome è alto “appena” 7.925 metri, il Gasherbrum IV, la “montagna scintillante”, in Pakistan, è rimasto tagliato fuori dalla corsa per la “conquista” delle 14 cime più alte della Terra, collezionando soltanto quattro salite negli ultimi 60 anni. La prima, nel 1958, fu ad opera di una spedizione nazionale del Club alpino italiano, guidata da Riccardo Cassin, superstar dell’alpinismo degli anni Trenta. In vetta arrivarono i giovanissimi (28 anni ciascuno) Walter Bonatti e Carlo Mauri, tra le più forti cordate in circolazione all’epoca.

Per l’alpinismo italiano fu un successo strepitoso – a soli quattro anni da un’altra grande impresa: la prima ascensione assoluta al K2 della spedizione di Ardito Desio – che confermò la nostra scuola alpinistica nell’elite mondiale. Da allora, però, nessuno è più riuscito a ripetere la via aperta nel ’58, che, stando all’autorevole giudizio di Reinhold Messner, è tecnicamente più difficile dello stesso K2.

A sei decenni di distanza, sulle tracce di questi pionieri dell’alpinismo estremo ad alta quota, si metteranno gli alpini della Sezione militare di alta montagna di Courmayeur (Aosta), che il 10 giugno voleranno ad Islamabad nel tentativo di realizzare la prima ripetizione assoluta della via Bonatti-Mauri. Cinque i membri della spedizione, guidata dal maggiore Valerio Stella e composta dal caporal maggiore capo Marco Majori, dal caporal maggiore scelto Maurizio Giordano, dal caporal maggiore scelto Marco Farina e dall’alpinista del Gruppo “Ragni della Grignetta” di Lecco, Daniele Bernasconi, unico civile del gruppo, già protagonista di un’impresa eccezionale in quelle terre, come la prima salita della parete nord del Gasherbrum II e la prima traversata da Nord a Sud della catena del Karakorum passando per una vetta.

Proprio ai piedi del Resegone è stato presentato l’ambizioso progetto, con la “benedizione” del presidente generale del Cai, Vincenzo Torti, che ha elogiato il coraggio di questi giovani in partenza per realizzare «qualcosa di straordinario». «Gli alpinisti – ha aggiunto Torti – saranno accompagnati dal nostro pensiero, stima, rispetto. Ricordino che l’eredità del Gasherbrum IV è qualcosa di estremamente vivo: sarebbe straordinario che fosse l’Esercito Italiano a doppiare il successo della spedizione Cai di 60 anni fa». Una volta in Pakistan, gli alpinisti dovranno affrontare un viaggio di dieci giorni (tre con i mezzi e sette a piedi) per raggiungere il campo base, posto a 5.200 metri. Da qui partiranno per attraversare prima un ghiacciaio di dieci chilometri, disseminato di crepacci insidiosi e poi, dai 7.100 metri in su, una cresta di roccia con difficoltà di quinto grado.

«Non sappiamo in che condizioni troveremo la montagna, perché nessuno ha più messo piede su quella cresta da sessant’anni – ha spiegato il capospedizione Stella –. Procederemo in stile alpino, senza corde fisse, senza portatori di alta quota e, naturalmente, senza bombole di ossigeno. Saliremo potendo contare unicamente sulle nostre forze e sullo spirito alpino che ci caratterizza e che ci aiuterà a sopportare meglio la fatica e i disagi dell’alta quota».

Oltre alle difficoltà tecniche, la spedizione dovrà anche fare i conti con il clima di questa regione del Pakistan, dove le temperature variano dai 20 gradi ai meno trenta, mettendo a dura prova il fisico già segnato dalla fatica dell’ascensione. «Ripercorrere i passi di miti come Cassin, Bonatti e Mauri – conclude il maggiore Stella – sarà per noi uno stimolo ulteriore e un’occasione per scoprire di nuovo quanto fossero grandi e quanto coraggio avessero».