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Cinema. Groucho Marx: 40 anni fa ci lasciava il comico più amato e imitato dai grandi

Luciano Lanna giovedì 17 agosto 2017

Groucho Marx (1890-1977)

Quando, il 19 agosto 1977, Groucho Marx lasciava questa vita, la sua scomparsa passò un po’ sotto silenzio, messa in secondo piano da quella improvvisa di Elvis Presley, morto solo tre giorni prima (ieri ricorreva anche il quarantennale del re del rock). Julius Henry Marx, questo il suo vero nome (il nome d’arte derivava dal suo essere considerato un grouchy, un brontolone), era nato a New York nel 1890, terzo di sei figli (il primo morì a pochi mesi dalla nascita), in una famiglia di immigrati ebrei tedeschi. Occhiali, nasone, sigaro e baffi neri: la sua inconfondibile icona divenne quasi una maschera novecentesca, simbolo di ironia e irriverenza nei confronti dei potenti. Ognuno dei fratelli Marx aveva costruito un personaggio riconoscibile fin dal nome d’arte. Chico era il bullo immigrato dall’accento italiano; Harpo era quello silenzioso e un po’ ritardato; con loro si esibirono per brevi periodi anche gli altri fratelli, che si fecero chiamare Gummo e Zeppo.

Senza dubbio, però, chi primeggiava era Groucho, il leader indiscusso, gran parlatore e affabulatore demenziale. Indimenticabili i loro film, tra i quali Animal Crackers, La guerra lampo dei Fratelli Marx, Una notte all’opera, Un giorno alle corse, Una notte a Casablanca, Una notte sui tetti. Dal ’50 Groucho passa armi e bagagli prima alla radio e quindi alla televisione. I baffetti con gli occhialoni di Groucho dominarono anche l’era pionieristica dei quiz televisivi americani: You bet your life ('Scommetti la tua vita') che lui conduceva è stato uno dei più grandi successi televisivi di sempre. Scomparsi nel ’61 Chico, nel ’64 Harpo, nell’aprile ’77 Gummo, Groucho era rimasto il depositario più autorevole di un’allegria strepitosa e il testimone di una popolarità che non aveva conosciuto eclissi. Woody Allen, che ha sempre ammesso di esserne l’erede, ha riempito di citazione dei fratelli Marx i suoi stessi film. Non tutti sanno però che Groucho è noto al pubblico anche grazie alla sua attività di scrittore, di cui vanno ricordate almeno l’autobiografia Groucho e io (1959) e Le lettere di Groucho Marx (1967), entrambe pubblicate in Italia da Adelphi negli anni ’90. La sua vena surreale ha influenzato addirittura il teatro dell’assurdo di Eugène Ionesco, che dichiarò di aver tratto ispirazione dai rovesciamenti delle convenzioni tipiche di Groucho Marx.

Tra le sue amicizie intellettuali va ricordata quella tra lui e il premio Nobel Thomas S. Eliot. Quando l’attore e il poeta entrarono in contatto, Groucho si trovò a scrivere in questi termini all’autore di capolavori come La terra desolata e Quattro quartetti: «Caro T.S., la sua fotografia è arrivata in ottimo stato e spero che questa lettera la trovi nelle stesse condizioni. Non credevo che lei fosse così bello. Se non le hanno ancora offerto il ruolo di protagonista in qualche film sexy, ciò è da attribuire solo alla stupidità dei responsabili del casting ». Eliot dal canto suo aveva già risposto: «Caro Groucho Marx, il suo ritratto è arrivato, con mia grande gioia, e presto figurerà, debitamente incorniciato, sulla mia parete accanto ad altri amici famosi quali W.B. Yeats e Paul Valery». In seguito, i due si incontreranno in Gran Bretagna. «Durante la settimana precedente – annota Groucho nel suo diario – avevo letto Assassinio nella cattedrale due volte, La terra desolata tre volte, e casomai si dovesse arrivare a un punto morto nella conversazione, avevo dato una rispolverata a Re Lear ». Eliot però, ammetterà l’attore dopo la cena, «sembrava più propenso a parlare di Animal Crackers e Una notte all’opera. E ha pure citato una battuta, una delle mie, che avevo dimenticato da un pezzo». Groucho, colpito dalla personalità e spiritualità dello scrittore, arrivò a chiamarlo Tom, in segno di amicizia e affinità. Alla notizia della morte annotò, commosso: «Era una cara persona, il miglior epitaffio che un uomo possa avere».