Agorà

Intervista. Cattolici, la forza di essere GLOCAL

Stefania Falasca giovedì 5 marzo 2015
La Chiesa cattolica nell’età globale e secolare. José Casanova, uno dei massimi studiosi di sociologia della religione, docente presso il dipartimento di Sociologia presso la Georgetown University, è uno specialista del pluralismo religioso. Nel suo lavoro più noto, Religioni pubbliche nel mondo moderno (1994), aveva trattato il ruolo delle religioni. «Bisogna accettare che la nostra età è un’età di multi-opzione religiosa e secolare insieme», ha affermato ieri nel suo intervento per il convegno “Renewing the church in a secular age”, svoltosi all’Università Gregoriana. Professore, la Chiesa cattolica è per sua natura universale, quindi globale: proprio perché è modello di globalità ha forse un’opportunità molto grande di accettare e vivere nella globalizzazione… «La profonda capacità di intelligenza e la provata dedizione al bene comune rappresentano una delle risorse e degli assets più significativi della Chiesa cattolica nell’età globale. La Chiesa è glocal, universale e particolare insieme, quindi più è se stessa più è fedele alla sua missione. I processi della globalizzazione presentano il popolo di Dio con grandissime opportunità di diventare sempre più “cattolico”, cioè sempre più universale e sempre più globale, nella sua missione di portare la Buona notizia e servire tutta l’umanità. Ma le sue ineguagliabili opportunità possono essere realizzate soltanto se la Chiesa cattolica, riaffermata e guidata dal messaggio di papa Francesco, lascia dietro di se le sue più recenti ossessioni autorefenziali e si muove verso le piazze del mondo, per contribuire alla globalizzazione della fraternità». Quali sono le sfide che la globalizzazione presenta? «Una sfida è la secolarizzazione. Questo significa accettare che l’età secolare è un’età di multi-opzioni religiose e secolari. La seconda è accettare il pluralismo. Pluralismo religioso e secolarità insieme: questo è molto importante. L’umanità globale è un’umanità plura-lista, e sarà pluralista anche in futuro. Il modello di una sola Chiesa per tutta l’umanità può essere un modello escatologico, ma la realtà è del pluralismo religioso e questo significa che la Chiesa non si può chiudere in una setta, ma deve necessariamente aprirsi. Il popolo di Dio è pluralista e può svolgere la sua missione universale nel mondo globale con la diversità di tutti i carismi che ci sono nella Chiesa». Come si supera il secolarismo? «Il secolarismo si supera se diventa autocritico. La società post-secolare non significa che è una società post-religiosa, ma una società in cui la secolarità è una opzione con altre opzioni. La secolarità non è un alternativa alla religione ma è insieme e contemporaneamente ad essa. Questo significa che la regione deve avere uno spazio pubblico, uno spazio comune insieme alla altre voci». Negli Stati Uniti la religione ha avuto sempre una rilevanza pubblica… «Perché da sempre è una società del pluralismo religioso e lo Stato secolare non era uno Stato confessionale; secolare ma non secolarista, nel senso di proteggere sia il pluralismo religioso sia il pluralismo non religioso. Il modello americano è la società che ha avuto tutte le religiose del mondo. Oggi anche la realtà europea si sta avvicinando a questo, a causa dell’emigrazione. In America il pluralismo religioso è un fattore positivo». Non così in Europa? «La questione, per la società europea, è che noi abbiamo lasciato la religione per una società omogenea secolare. L’Europa deve riconoscere che la sua è solo una forma tra altre forme di società moderna. Questo è il problema, è la sfida per la società europea: essere postsecolare – cioè noi dobbiamo riconoscere che il processo storico che ha portato alla modernizzazione europea è particolare, che siamo solo una forma di una società globale. Il resto del mondo è arrivato alla modernizzazione non attraverso la secolarizzazione, evolvendosi dalla religione come di fatto è avvenuto in Europa. Altre società moderne avanzate sono società religiose. Questo è un fenomeno che è molto differente dal fenomeno europeo e noi dobbiamo prendere atto». A quali si riferisce? «Lo sviluppo e l’avanzamento ad esempio di Paesi come il Brasile, in cui si assiste oggi ad un’esplosione di pluralismo religioso, del-l’India, della Corea del Sud, dove lo sviluppo del cristianesimo è coinciso con l’industrializzazione e la modernizzazione del Paese. Anche diverse società musulmane sono molto più moderne oggi che cinquant’anni fa e sono molto più religiose oggi che cinquant’anni fa». Il nostro futuro è quello di crescere in società sempre più multireligiose ma, come vediamo, crescono sempre più anche forme di fondamentalismo religioso… «Il fondamentalismo non è un’esclusiva della religione. È una problematica della società globale che non riguarda solamente le religioni. Ci sono tanti fondamentalismi. Esiste un fondamentalismo politico secolare. C’è il fondamentalismo delle ideologie secolariste. Uno dei fondamentalismi in seno all’Europa è quello della laicità, esiste un fondamentalismo laicista, o all’opposto quello del nazionalismo religioso, dell’identitarismo cristiano dell’Europa. Anche quest’ultimo può essere un fondamentalismo, che paradossalmente è difeso dagli ateisti».