Agorà

IL REALITY DI CANALE 5. «Gf» a caccia di scandali. E la formula si ripete

Tiziana Lupi domenica 17 ottobre 2010
«Questo programma non ha mai avuto pregiudizi etici», dice Andrea Palazzo, capo degli autori del Grande Fratello 11 (il lunedì su Canale 5 in prima serata, da domani). L’ammissione gli serve per giustificare il cast della nuova edizione del reality della Endemol Italia che, avendo una durata ancora non ben definita ma sicuramente molto lunga, ha dovuto arruolare ben cinquanta probabili concorrenti, tutti portatori (sani o meno) di storie, preferibilmente "al limite". Palazzo insiste: «È chiaro che scegliamo storie che fanno discutere, in grado di suscitare l’interesse del pubblico. Il criterio che seguiamo è sempre quello di favorire le differenze e le contrapposizioni fra i concorrenti, perché da queste nascono gli sviluppi». Ecco, dunque, spuntare nel cast del Grande Fratello 11 i soliti "casi" contrabbandati per storie "normali": un ex seminarista «che ha immaginato di poter trovare nella Casa il senso della sua difficile scelta»; un ex operaio che, finito in cassa integrazione, ha scelto il mestiere del gigolò, «ma vorrebbe tanto tornare a fare l’operaio»; un Cavaliere di Malta; e persino il figlio di un camorrista, «perché le colpe dei padri non devono ricadere sui figli. Questo ragazzo, che fa il commesso in un negozio, si è presentato al provino e ci ha raccontato la storia del suo travagliato rapporto con il padre che è morto per malattia. Per lui il Grande Fratello rappresenta un’occasione di riscatto per sé e per la sua famiglia». Inutile obiettare che, forse, parlando di camorra dentro la casa del Gf rischia di banalizzare una realtà così drammatica; o che le avventure che il gigolò prevedibilmente racconterà ai suoi coinquilini potrebbero essere poco educative per la prima serata. «La solita edizione del Grande fratello – sbotta l’associazione di telespettatori cattolici Aiart – per tentare di guadagnare un pugno di spettatori in più. È uno spettacolo superato. Si manda in tv chi nulla sa fare: un male della tv commerciale che purtroppo ha contagiato anche il servizio pubblico».Alla guida del programma, per la sesta volta, Alessia Marcuzzi: «Quest’anno abbiamo un gruppo di concorrenti molto moderno, un po’ cosmopolita direi, molti ragazzi hanno viaggiato e conoscono le lingue». Ma soprattutto sono tutti, usando le parole dell’ad di Endemol, Paolo Bassetti, «figli del Grande Fratello»: la spontaneità che aveva caratterizzato i concorrenti della prima edizione, ignari della (effimera) popolarità che il programma gli avrebbe regalato, è stata ormai sostituita dalla recitazione. I provini per entrare a far parte del cast sembrano poco più che pezzi recitati ad arte nel tentativo di convincere i produttori che si hanno le carte in regola per fare spettacolo dentro la casa. Una sorta, insomma, di «tormentata lotteria» (stavolta le parole sono di Palazzo) il cui premio finale consiste non solo nei 250 mila euro messi in palio, ma nel giro di ospitate, apparizioni, comparse (e, quasi sempre, scomparse) che questo reality ormai porta inevitabilmente con sé.