Agorà

Intervista. Gerry Scotti, lo "zio" della Tv

Angela Calvini martedì 21 luglio 2015
«Scusi, ho giusto una pausa fra un mago e l’altro. Mi son già venuti a bussare in camerino». Nemmeno la calura estiva ferma il lavoro di Gerry Scotty, lo Stakanov di Mediaset, il volto pacioso e rassicurante che da oltre 30 anni è il perno dell’azienda del Biscione. I maghi in mezzo a cui lo troviamo sono i migliori illusionisti del mondo radunati a Rimini per il campionato italiano di magia Fism, che a gennaio 2016 andrà in onda su Canale 5 col titolo Master of magic, condotto appunto da Gerry Scotti: «Io sono un appassionato del genere, mi diverto come un bambino quando te la fanno con abilità sotto il naso – ammette ridendo –. Il bello, però, è sapere che c’è il trucco».  Il bello invece di “zio Gerry”, come lo chiamano affettuosamente i telespettatori, e che è così come lo vedi. Da Paperissima a Lo show dei record, da La corrida a Chi vuol esser milionario?, Scotti si presenta sempre con garbo e con quel distacco ironico di chi una posizione nella vita se l’è guadagnata da sé. Come quel Virginio Scotti nato a Miradolo Terme, nel pavese, 60 anni fa, nonni contadini e papà operaio, cresciuto nella Milano da bere con il sogno di fare il disc jockey, vivendo da protagonista l’ascesa della tv commerciale e riuscendone a diventare il volto più amato. Capace di portare al successo, in periodi di stasi televisiva, anche dei programmi nuovi, come Tu si que vales e  Caduta libera riconfermati nella prossima stagione di Canale 5. Senta Scotti, ma allora tentare di innovare in tv si può? «Io di lavoro faccio il presentatore e se c’è spazio per fare qualcosa di nuovo accetto il rischio. In questo caso sì, penso che anche oggi si possa osare qualcosa». Però il pubblico si fida di lei. Se un programma funziona è merito del format o del conduttore? «La parola format mi dà fastidio pronunciarla, preferisco programma. Ecco, il successo viene sì dalla formula di un programma, ma la gente vuole riconoscere una faccia. È come per la Formula 1 o il Motomondiale: puoi avere la moto che va, ma il pilota che è scarso, oppure uno che la sa guidare. Tutto lì». Lei è stato uno dei protagonisti dell’evoluzione della tv italiana degli ultimi 30 anni. E le tappe televisive fondamentali per lei? «Ho delle pietre miliari della mia carriera. L’idea nel 1984 di portare la musica in tv con Deejay television su Italia1, che venne a me e Cecchetto. Il secondo grande passaggio è stato avere accettato l’eredità di Raimondo Vianello al Gioco dei nove nel 1990. Non avrei mai pensato di essere in grado di condurre un quiz preserale. Il terzo è stato Passaparola, una vera “epopea”, un quiz linguistico che con la sua ruota finale teneva incollate al video 8 milioni di persone. Poi è arrivato Chi vuol esser milionario?, un programma che ha cambiato il “game show”. Infine  Italia’s got talent, lo show che ha cambiato il linguaggio del varietà del sabato sera puntando su artisti di strada o semplici dilettanti. Senza dimenticare La corrida che dopo la scomparsa di Corrado ho condotto per 8 anni». E lei come è cambiato? «Posso dire di aver vissuto da protagonista di questo cambiamento della televisione con l’orgoglio di essere rimasto sempre e solo me stesso. Sono nelle cucine, nelle camere da letto, nei salotti degli italiani. Sono uno di famiglia, siamo in confidenza, dico al pubblico: “Mettetevi le ciabatte, mettetevi comodi. Io sono esattamente come siete voi”». La sua bonarietà non viene anche da un senso di responsabilità verso il pubblico? «La categoria televisiva dovrebbe avere un’etica professionale, ma mi sono reso conto che vale di più la tua etica personale. Altri hanno fatto scelte diverse dalle mie, ma a me recitare una parte da fastidio. Avendo sempre fatto tv commerciale ho scelto di non truffare mai il pubblico, di non proporre un prodotto che io non mi porterei a casa facendo la spesa». Ma a lei che tv piace e quale no? «Sono contento del trionfo della tv generalista che alla faccia di tutti continua ad esserci. Se addirittura la tv a pagamento come Sky lotta per strapparci Italia’s got talent vuol dire che la tv generalista c’è, grazie a Dio». La sua grande passione, però, è recitare... «Sogno di rifare la sit com Finalmente soli con Maria Amelia Monti. Se non me lo fanno fare, arriverò a produrmelo io con la mia Good Time Production. Sappiatelo: o sul web o su un canale tematico o su Sky, la farò, è una promessa». Lei aveva in ballo anche un ruolo da commissario.. «Io sono un ammiratore di Montalbano, sono uno di quelli che lo vedono ogni volta che c’è una replica. Come riguardo Totò e Alberto Sordi, come mi riguarderei Maigret... Prima o poi un commissario lo farò. Ho l’età giusta e il phisique du role». Lei comunque ha avuto la fortuna di lavorare con i grandi conduttori della tv, da Corrado a Raimondo Vianello. Cosa le hanno insegnato? «Mi ha sempre colpito la loro semplicità nella vita privata, anche Mike dall’alto della sua “grandeur” era affabile e divertente. Avevano un enorme rispetto per il loro lavoro e per quelli che li circondavano, cameraman, elettricisti e soprattutto per il pubblico. Avere imparato da loro è un onore». Ma è vero che lei a 60 anni vuole abbandonare la tv? «Non è così. A 60 anni vorrei regalarmi una vita professionale diversa. Vorrei andare avanti e decidere quando finire io, professionalmente parlando. A Dio piacendo: quello che decide davvero quando iniziamo e quando finiamo è lui». Lei è credente?  «Sì, e ringrazio ogni giorno il Signore per avermi regalato una vita e un lavoro che mai avrei immaginato. Noi siamo una semplice famiglia di estrazione contadina e di cultura cristiana tradizionale. Sono cresciuto all’oratorio, col prete di quartiere, essere dei buoni cristiani era ovvio. Ma essere davvero dei cristiani è una scelta». Nei suoi quiz spesso sono presenti domande sulla religione a cui i concorrenti spesso non sanno rispondere. «In tutti i miei quiz ci sono sempre state domande sulla Bibbia o sul Vangelo, perché la religione fa parte della nostra cultura. Ma sono sorpreso da quanto soprattutto i concorrenti giovani non ne sappiano  nulla, non sanno nemmeno dirti che cos’è la Quaresima. Ai nostri tempi, volente o nolente, i fondamentali li sapevi grazie all’ora di religione e al prete che all’oratorio non ti faceva giocare a pallone se prima non ascoltavi il catechismo». Le piacerebbe incontrare papa Francesco? «Questo Papa mi piacerebbe incontrarlo eccome. Tante volte gli amici dell’Unitalsi per cui faccio beneficenza mi dicono “dai, vieni con noi dal Papa”. Prima o poi lo farò».