Agorà

Opera. Cecilia Gasdia: «All'Arena di Verona si torna ai kolossal»

Pierachille Dolfini martedì 26 giugno 2018

Il fine settimana è stato impegnativo. «Due prime in due giorni, Carmen e Aida». Eppure a inizio settimana, puntuale alle 6.45, Cecilia Gasdia è negli uffici - ancora vuoti - della fondazione Arena di Verona. «Lo faccio tutte le mattine: mi siedo al piano e canto. Poi, alle 7.30, alla scrivania a lavorare». Il celebre soprano, veronese, classe 1960, lanciata quando aveva solo vent’anni dal Concorso Callas, da gennaio è sovrintendente e direttore artistico dell’Arena. «Fondazione appena uscita dal commissariamento dopo anni tragici», racconta la Gasdia in prima linea un anno fa alle amministrative a sostegno del candidato sindaco Federico Sboarina. «Anche se non avrei mai pensato di fare politica».

Invece, signora Gasdia, è scesa in campo a sostegno del candidato di centrodestra. Che, non senza polemiche in città, quando ha vinto l’ha poi chiamata ai vertici dell’Arena.

«Con un gruppo di amici, vista la situazione in cui versava Verona dopo la gestione di Flavio Tosi, abbiamo deciso di darci da fare per provare a cambiare le cose. Ho messo volentieri a disposizione le mie competenze in campo culturale. Penso che sia importante che ai vertici di una fondazione lirica ci sia un’artista, perché aver lavorato dall’altra parte ti fa vedere le cose con un maggior senso di praticità e, forse, fa sì che i lavoratori ti guardino con fiducia perché sei stata una di loro».

Che situazione ha trovato?

«Una situazione difficile. Siamo sotto la legge Bray che i lavoratori hanno subito e che ancora li spaventa per le incognite sul futuro. La legge ci impone di chiudere i bilanci in pareggio e ci stiamo riuscendo riducendo al minimo i fattori di rischio. I debiti, però, ci sono, inutile negarlo. Il 3 maggio abbiamo consegnato tutta la documentazione al ministero dell’Economia per accedere al fondo di rotazione: arriveranno 10 milioni di euro. Intanto ogni due settimane abbiamo i revisori dei conti in casa, ma è giusto perché i soldi pubblici devono essere spesi senza sprechi come troppe volte è capitato in passato».

Quali le prime urgenze alle quali ha dovuto mettere mano?

«La documentazione per il fondo di rotazione, i conti da rifare, i problemi sindacali. All’inizio è stato molto laborioso perché sono sorti problemi che hanno rallentato gli obiettivi. Ora però la macchina amministrativa sta ingranando. E poi i cast. In pochi mesi abbiamo messo insieme un cartellone con grandi nomi, che si sono resi disponibili anche contenendo i costi, accanto ai quali ci sono giovani interpreti che ho cercato personalmente seduta al pianoforte per le audizioni».

Su quali risorse l’Arena può contare?

«Tutti i lavoratori. Sino a che lo vedi da fuori non ti rendi veramente conto delle grandi competenze che ci sono in questo teatro. Lavoratori messi a dura prova in questi anni: qui sono impiegate intere famiglie che hanno visto in faccia lo spettro della disoccupazione. Che aleggia ancora».

Ci saranno altri tagli?

«Non dovrebbero esserci, ma se ci saranno non colpiranno certo i lavoratori. Ho trovato un grande entusiasmo, una motivazione da parte di tutti a uscire dalla crisi ritrovando un senso di appartenenza al teatro che mi ha ricordato la mia giovinezza, quando ho iniziato la carriera proprio su questo palcoscenico, prima come comparsa e poi come corista».

In platea alla prima c’era anche il ministro per i Beni e le attività culturali e il turismo Bonisoli. Cosa gli ha detto?

«Ho chiesto certezza dei fondi per avere una base sicura su cui costruire le nostre stagioni: Stato, Regione e Comune contribuiscono per 17 milioni di euro in un bilancio da 43 milioni che vede, caso unico in Italia, 21 milioni che provengono dalla biglietteria; gli altri 5 vengono da sponsor e Art bonus».

Quale progetto artistico per la fondazione Arena?

«Penso che al Filarmonico si debba fare un repertorio accattivante, capace di catturare i turisti della musica con titoli rari come il Mefistofele di Boito che inaugurerà la nostra prossima stagione invernale. L’Arena deve tornare a fare allestimenti colossali perché la gente, lo sappiamo, vieni qui soprattutto per quello. E tutto questo, naturalmente, deve andare di pari passo con la qualità musicale e la ricerca di giovani talenti. Che è poi quello che l’Arena ha sempre fatto nel passato: qui sono passati i più grandi, ma qui ha anche debuttato Maria Callas».