Agorà

Il ricordo. Addio Gaetano, "Capitano coraggioso" che lottava con la Sla

Massimiliano Castellani lunedì 23 novembre 2020

Il lido per malati di Sla a San Foca, nel Salentino. L'uomo disteso sulla sdraio giallo è Geatano Fuso

La vita di Gaetano, stava già dentro un pezzo di carta, in una sua struggente poesia scritta da ragazzo, Cercando l’azzurro che comincia così: «Un volo al di là del mare» e si chiude con un doloroso presagio: «Pensavo di trovare la pace tra la gente, ma mi sono accorto che vola alta nel cielo». In tempo di Covid si sa, si muore sempre più soli, nel silenzio di queste città deserte. Ma il senso di abbandono che può provare un malato di Sla nessuno lo può spiegare, se non il malato, che però, fermo immobile nel suo letto, a volte non dispone neppure dell’unica finestra aperta sul mondo per comunicare, il pc. Gaetano fino all’ultimo quella finestra l’ha tenuta sempre spalancata, e da lì sognava di tuffarsi ancora nel mare azzurro e trasparente del suo Salento (era nato a Calimera). Gaetano Fuso è volato via per sempre domenica scorsa, a soli 44 anni. È spirato in un silenzio dignitoso, rotto dall’omelia del suo amico don Luigi Ciotti che ha officiato i funerali.

«Gaetano era uno sportivo, non uno dei tanti calciatori italiani che sono morti di Sla, ma un ex nuotatore e bagnino della Polizia di Stato. Operava nel laboratorio della Polizia Scientifica di Galatina quando la malattia si è manifestata, era il febbraio del 2014. Da oltre sei anni combatteva contro la Sla, si dice così, ma è una lotta impari contro questo Morbo ancora senza soluzione scientifica. L’acqua era da sempre il suo elemento naturale. L’acqua delle piscine e quella del mare, poi ha scoperto sulla sua pelle, che sono le uniche dimensioni in cui un malato di Sla si riappropria di uno spruzzo di normalità. Un’esistenza liquida in cui riuscire a restare a galla, e a “percepire”, almeno il tempo di un bagno, il proprio corpo, che è completamente staccato da queste anime belle.

L’anima pulita di Gaetano l’estate del 2015 quel sogno di un tuffo nel mare ha voluto condividerlo con tutti i malati di Sla d’Italia. «Che bello sarebbe poter portare al mare tutti quelli come me...», pensò mentre sua moglie, l’avvocato Giorgia Rollo, lo spingeva in carrozzina sul litorale salentino di San Foca (Marina di Melendugno). E così, con il sostegno di tutti gli amici dell’Associazione 2HE, presieduta da Giorgia, è nato il progetto “La Terrazza. Tutti al mare!" L’unico lido italiano, forse europeo, in cui un malato di Sla trova in spiaggia la stessa assistenza infermieristica di cui, teoricamente, dovrebbe disporre a domicilio. E non è un miraggio nè un messaggio in bottiglia, a “La Terrazza” prima degli ombrelloni sono arrivati i ventilatori polmonari, il defibrillatore e uno staff medico e paramedico e un volo che ha reso possibili le vacanze altrimenti “impossibili” di un malato di Sla.

Una concreta utopia, che negli anni si è alimentata della forza e dell’ottimismo di Gaetano, il cui motto fino all’ultimo respiro è stato: «Io Posso!». Il grido di battaglia del Cavaliere al merito della Repubblica nominato dal presidente Sergio Mattarella, ma in realtà Gaetano è stato un esempio di "Capitano coraggioso". E la bandiera blu di “Io Posso” issata dalla sua nave, ha sventolato anche nella pandemica estate 2020. La spiaggia libera di San Foca un tempo nota per lo sbarco dei migranti scappati dalla fame e dalla guerra in cerca di un futuro migliore, ora, grazie a Gaetano Fuso, è diventato il capo della buona speranza. Un porto di solidarietà spontanea, ancorato dal basso di una cittadinanza attiva. «Gaetano possedeva una vitalità incredibile e lo stesso coraggio di suo zio Antonio Montinaro, il caposcorta del giudice Giovanni Falcone assieme al quale è caduto nell’attentato di Capaci», lo ricorda commosso Luciano Farinola, Collaboratore Capo della Polizia e amico fraterno di Gaetano che al polso porta sempre il braccialetto blu con la scritta «Io Posso!».

Un messaggio forte nella lotta alla Sla che dal Salento arriva fino a Matera, all’associazione “Con cuore impavido” di Rita Bianco. Anche a lei la Sla ha portato via un marito 50enne, Vincenzo. E anche Rita, come Luciano, come tanti che lo hanno conosciuto, continueranno a sentire viva la presenza di Gaetano anche in quel piccolo pezzo di plastica al polso: «Questo braccialetto lo porto ovunque - dice Rita - e, ogni volta che nelle mie giornate avverto il peso di una difficoltà estrema, lo guardo e con un sorriso mi dico: sì “IO POSSO!”».