Agorà

Idee. Se il nostro futuro è in mano al mercato

Alfonso Berardinelli martedì 30 agosto 2016

Ho in mano un libro che se fossi un giovanotto sarebbe il mio vademecum per andare incontro al futuro con tutte le informazioni necessarie. Dato che non lo sono, questo volume di Alec Ross, Il nostro futuro. Come affrontare il mondo dei prossimi vent’anni (Feltrinelli, pagine 342, euro 19,50) mi dice in ogni pagina che il mio breve futuro minaccia di rendermi sempre più isolato e povero. Ho parlato in prima persona, ma ovviamente si tratta di mutamenti in corso o prossimi venturi del mondo economico-tecnologico che riguardano molti milioni di persone culturalmente e geo-socialmente simili a me: persone di formazione umanistica nate in Europa e in America fra il 1940 e il 1960 e che molto spesso, nel corso della vita, hanno guardato con diffidenza critica tipicamente moderna ai processi di modernizzazione imposti (sì, imposti) dalle élite del potere economico. Soprattutto la generazione dei nati in Occidente nel decennio quaranta, ma anche quella del decennio successivo, sentono di vivere ormai in un mondo che fanno fatica a capire e di cui tendono a vedere più i lati negativi che quelli positivi: e spesso vedono quelli positivi per compiacere i loro figli, per sentirsi giovani, per dare consigli utili a chi vivrà dopo di loro.

Alec Ross è poco più che quarantenne e quindi, secondo le attuali aspettative di vita, è un giovane nel pieno della propria carriera. Esperto di tecnologia, è stato consigliere del dipartimento di Stato con Hillary Clinton e ora insegna in un paio di prestigiose università. Nel risvolto di copertina ci viene detto che ha più di 120.000 follower su Facebook e oltre 360.000 su Twitter.

È brillante, informato, notevolmente fortunato, pieno di energie. Sa tutto delle sei cose che, secondo lui e molto probabilmente, trasformeranno il mondo ancora più a fondo di quanto è avvenuto dal 1990 a oggi.

Le sei cose sono queste: 1) l’invasione dei robot, 2) la biologia del corpo e del cervello umani intesi come macchine, 3) la sostituzione del denaro da portafoglio in denaro informatico immateriale, 4) gli attacchi, le guerre, la sicurezza e la militarizzazzione nel cyberspazio, 5) i Big Data, cioè la straordinaria e crescente accumulazione di dati di ogni genere e la capacità di elaborarli per qualunque scopo si voglia, 6) la certezza o fede che internet è sinonimo di libertà e che solo i poteri politici autoritari o totalitari ne hanno paura. Insomma, l’espansione globale dei mercati libererà il mondo dai tiranni e favorirà sia i giovani che le donne. Quando si legge un tale libro si sente circolare tutta l’ottimistica aria fresca dei nuovi tempi.

Comunque, nonostante l’aria fresca, confesso di essere stato colto nel corso della lettura da alcuni sintomi di claustrofobia, spiegabili solo con il fatto che qualche mio istinto mentale, nonché fisico, deve aver avvertito, nella descrizione del prossimo futuro fatta da Ross, non apertura e dilatazione, ma chiusura e contrazone dello spazio sociale e dei modelli di vita. I processi di cui ci parla Ross imporranno forme di organizzazione, controllo e sfruttamento economico della vita personale e collettiva di una tale efficienza e velocità da essere sottratti a valutazioni e scelte politiche riflessivamente democratiche. Tutto verrà imposto alle comunità umane e su scala planetaria come sviluppo e progresso necessari.

Non può non venire in mente, a questo punto, la vecchia distinzione critica fra Sviluppo (tecno-economico) e Progresso (umano, sociale e morale). Questa distinzione cominciò a offuscarsi già nei lontani anni settanta del secolo scorso, quando in toni drammatici ne parlò Pier Paolo Pasolini. Tutto ciò che da un anno all’altro continua a “cambiarci la vita” avviene e avverrà secondo automatismi di crescita economica e non secondo scelte e criteri di giudizio estranei a valutazioni di mercato. Una volta si poteva distinguere fra pubblicità (di merci) e propaganda (ideologico-politica).

Oggi anche questa distinzione è superata. La sola ideologia dominante è rappresentata dalle merci stesse. Tutte, dalle più semplici alle più sofisticate, sono merci culturali: le “visioni del mondo” e il modo di vivere sono propagandati fuori dall’ambito della riflessione e perfino al di qua della politica: si impongono a velocità crescente come abitudini quotidiane, positive perchè inevitabili, presentate come strumenti per accrescere la libertà e per rendere più lunga e più comoda la vita. Questo sedicente miglioramento continuo dell’umano sta modificando la natura umana allontanandola, forse irreversibilmente, dal suo lungo passato storico.

Quello che ci viene e ci parla dal passato sembra che non ci riguardi più, diventa materia esclusiva del lavoro degli storici. È certo che l’idea marxista di rivoluzione si è dimostrata inutilizzabile, oltre che disastrosa, nel secolo scorso. Ma un’altra idea centrale di Marx, la dipendenza della coscienza e delle idee dall’economia, si sta purtroppo dimostrando sempre più vera. Se il comunismo è stato sconfitto per essere diventato sia criminale che inefficiente, il capitalismo ha vinto due volte. Un libro come quello di Ross lo dimostra ed è interessante per questo: propaganda un futuro in cui la sola cultura che conta è quella utile all’apertura di nuovi mercati e il solo scopo della vita è vincere nella competizione economica.