Agorà

INCHIESTA. Fioretti: è Quaresima, taglia gli sms!

Laura Badaracchi domenica 14 febbraio 2010
C’erano una volta i classici fioretti quaresimali: non mangiare i cioccolatini, rinunciare a un giocattolo, o – per i più grandi – accantonare le sigarette o la pietanza preferita. Dire «no» a piccoli piaceri, quindi, mettendo da parte i risparmi equivalenti da devolvere ai poveri. Un’ascesi ormai sorpassata nel terzo millennio? E, ancora, i fioretti potrebbero correre il rischio di derive velatamente masochistiche? Abbiamo chiesto a teologi e religiosi, scrittori e psicoterapeuti, di declinarli in chiave contemporanea. «Mi sembra che ogni pratica religiosa meriti rispetto: dai digiuni, alle astinenze, ai voti. Comportano una disciplina che radica una persona al suolo, la fortifica pure in mezzo alla baldoria generale di chi se ne infischia», confida lo scrittore Erri De Luca. È come se, per vie profonde, l’ascesi riportasse a un genuino confronto con se stessi: «C’è una solitudine necessaria nella vita di ognuno, che va coltivata, non scartata come disturbo del comportamento», commenta, dicendo anche il suo apprezzamento per «il valore simbolico dei gesti religiosi». Rinunce e «mortificazioni», dunque, vanno nella direzione di sfrondare il cuore perché focalizzi più chiaramente l’essenziale. Un percorso valido «indipendentemente dall’essere credente, trasversale alle religioni e alle culture: sapersi controllare e limitare fa bene», chiarisce il teologo don Gennaro Matino, convinto che «un itinerario di conoscenza di sé, anche con privazioni, è fondamentale in tutte epoche e stagioni. Chi lo ritiene sorpassato si oppone a un cammino pedagogico proposto dalla Chiesa quale formazione personale per l’apertura al dono». In sostanza, i «fioretti» fanno maturare, liberano il cuore per dilatarlo: «Se la strategia evangelica dell’impegno si sposa con l’offerta di sé, diventa formidabile. La natura biblica della rinuncia non è privarsi, ma provarsi in un tempo di deserto per fortificare se stessi e incontrare l’altro», argomenta don Matino. Un esempio dogmaticamente corretto? «Se ho l’ossessione della comunicazione virtuale, che mi porta fuori dal dialogo attivo con le persone, posso staccarmi dal pc». Forse quello telematico è uno degli ambiti più gettonati per i «nuovi fioretti», se lo scorso anno la diocesi di Trento aveva suggerito di digiunare da Facebook e quella di Modena – seguita da Bari e Pesaro – aveva proposto di rinunciare agli sms. Sempre nel 2009, un sondaggio del settimanale Donna Moderna evidenziava che il 46% degli intervistati era disposto a non accedere al social network, mentre il 18% affermava di poter dire no ai messaggini. Digiunare anche da tv e iPod? Non solo, suggerisce Francesco Gesualdi, coordinatore del Centro nuovo modello di sviluppo di Pisa ed ex allievo di don Lorenzo Milani: «I fioretti? Oggi sono un’esigenza imposta dalla sopravvivenza dell’umanità. Il nostro eccesso di consumo sta portando il pianeta al collasso. Solo un fioretto permanente, inteso come ridimensionamento del nostro tenore di vita, può garantire un avvenire al mondo». Da dove cominciare, allora? «La parola d’ordine è vigilanza. Dobbiamo recuperare il senso di sazietà, distinguendo il necessario dal superfluo. Imparando a dare ai piaceri del corpo il giusto peso, per lasciare più spazio alla dimensione affettiva, spirituale, sociale», suggerisce Gesualdi, snocciolando consigli pratici per fioretti sostenibili: «Meno automobile, più mezzo pubblico; meno prodotti globalizzati, più locali; meno merendine, più dolcetti fatti in casa; meno acqua imbottigliata, più del rubinetto; meno pasti precotti, più tempo in cucina; meno cibi confezionati e surgelati, più sfusi e di stagione; meno usa e getta, più riciclaggio».Ce n’è per tutti, per sperimentarsi con un fine preciso: «Crescendo mi sono convinto dell’utilità di misurarmi con me stesso per verificare quanto sono capace di rinunciare al superfluo e potermi concentrare meglio, così, su ciò che davvero conta nella vita – racconta Fulvio Scaparro, psicanalista e scrittore –. La rinuncia non è fine a se stessa, ma l’essenza delle scelte piccole e grandi che ci si presentano quotidianamente: scegliere significa imboccare una via rinunciando ad altri percorsi. Mi piace pensare che i "fioretti" della mia infanzia abbiano avuto un ruolo in questa mia convinzione». Allenarsi fin da piccoli risulta positivo, quindi, perché «i bambini hanno bisogno di imparare a dilazionare nel tempo alcuni desideri e gratificazioni: rientra nel processo di maturazione tenere sotto controllo gli impulsi. E non c’è nulla di masochistico quando avviene gradualmente e in un clima sereno», evidenzia Anna Oliverio Ferraris, docente di psicologia dello sviluppo a La Sapienza di Roma, che avverte: «Bisogna evitare che diventi un assillo, un impegno ossessivo per totalizzare il maggior numero di fioretti, sentendosi in colpa se non se ne fanno abbastanza». Esistono fioretti a misura di bambino? «Meglio se hanno risvolti positivi, ad esempio limitare le sedute davanti allo schermo, non rimandare un impegno noioso o sgradevole ma assolverlo subito, dare una mano nelle faccende domestiche, perdonare una cattiveria...», elenca Oliverio Ferraris. E monsignor Vittorio Nozza, direttore di Caritas italiana, continua: «Rinunciare a un regalo e fare una donazione; parlare di povertà in classe e con gli amici; aiutare con un gesto concreto un vicino in difficoltà; ridurre sprechi di energia e d’acqua; riciclare il telefonino». Azioni consapevolmente volute e, allo stesso tempo, «segni personali, espressione della gioia di incamminarsi verso un vero incontro con Dio – sottolinea la benedettina Benedetta Zorz, del monastero di San Luca a Fabriano –. Ciascuno sa se sarà utile privarsi di un po’ di cibo, vino, sonno, chiacchiere inutili e troppe distrazioni, per aiutare le nostre potenze vitali a essere più toniche e armoniose in modo che, invece di disgregarci, ci conducano al vero fine per cui sono fatte. L’allenamento, l’ascesi, il freno, rientrano nella pedagogia di qualsiasi desiderio». Provare per credere.