Agorà

La finale. Juve- Barcellona: tutto è pronto

Massimiliano Castellani sabato 6 giugno 2015
Questa notte il cielo sopra Berlino si tingerà di bianconero o di blaugrana. La storia chiama, e Juventus e Barcellona sono pronte. In bianco e nero sono le immagini del trionfo olimpico di Berlino 1936, quelle dell’uomo più veloce del mondo, il “black man” Jesse Owens ammirato persino da Hitler che aveva assistito ai suoi trionfi (4 ori) dalla tribuna dell’Olympiastadion.Scatti tricolori, sempre da questo prato berlinese, invece sono quelli stampati nella nostra memoria: il Mondiale 2006 vinto ai rigori dall’Italia di Marcello Lippi contro la Francia. In campo, in quella notte magica di Berlino, c’erano Buffon e Pirlo che questa sera con Barzagli (il terzo degli juventini campioni del mondo) tornano protagonisti nei 90 febbrilissimi minuti contro il Barcellona del “riabilitato” Luis Enrique. Il mister di Gjon ha vinto (ma potrebbe salutare) mandando in pensione il guardiolesco tiki-taka. Tre anni fa il tecnico dei catalani venne “scacciato” dalla Roma in quanto giudicato non idoneo da Totti&C, per far posto a un fallimentare Zdenek Zeman. In quello stesso periodo Max Allegri, «juventino di nascita», dalla panchina del suo Milan se la giocava per lo scudetto contro la Juve di Antonio Conte. Un’ombra, quella del suo predecessore che il conte Max è riuscito ad oscurare con uno scudetto e una Coppa Italia (la decima bianconera) portate in bacheca. Stanotte, come il suo collega Enrique, rischia di andare a dormire con il sogno realizzato di un epico e impensato “triplete”. «Rispetto al lavoro di Conte io ho solo aggiunto quello che questa squadra sapeva già fare in Italia e ho provato a migliorarla in Europa. Dovevamo arrivare tra le prime otto, adesso possiamo addirittura diventare la prima formazione europea...», biascica caciucchesco, sereno e soddisfatto, il Max di Livorno che conferma il suo credo: «Un allenatore in queste partite conta il 10%, il resto lo determinano i giocatori. Come si fermano Messi, Suarez e Neymar? È la domanda che mi sento fare da quando siamo entrati in finale. La risposta è: non lo so. Quello che so di sicuro è che qualche punto debole anche il Barcellona ce l’ha. Il “termometro” del match saranno i tre di centrocampo di tutti e due gli schieramenti (Marchisio-Pirlo-Pogba contro Rakitic-Busquets-Iniesta, ndr). Poi, questa finale difficilmente finirà 0-0 e allora per vincerla bisogna fare gol». Logica essenziale, quella del figlioccio del “Profeta” Giovanni Galeone, il quale nell’estate mondiale 2006, ripescò Allegri dalla serie C (esonerato a Grosseto, per far posto allo juventino Cuccureddu) per inserirlo nel suo staff tecnico all’Udinese. «La gavetta è stata fondamentale nel mio percorso. Ho appreso tanto in questi anni e ho ancora tanto da imparare finché non smetterò di fare l’allenatore». Ammette con candida umiltà il mister della Juventus chiamata, come il Barça, all’ottava finale di Champions della sua storia. «La storia dice che una squadra come la Juve almeno in semifinale dovrebbe arrivarci tutti gli anni» interviene in uscita dialettica Gigi Buffon che nel 2003, contro il Milan (finale di Manchester) ha perso una delle cinque “gare uniche” di Champions in cui i bianconeri sono tornati a casa a mani vuote. Il Barcellona ne ha vinte il doppio dei bianconeri, 4, e la squadra di Enrique parte da favorita. «Loro hanno delle individualità e dei valori superiori - continua Buffon -, ma i Pogba, i Tevez, i Bonucci... possiedono quella ferocia, quella determinazione e la giusta conoscenza tattica. Tutte virtù che la Juventus in questi anni ha fatto proprie e che sono state alla base dei nostri successi in Italia». Una Signora ringiovanita, inarrestabile e irraggiungibile in Serie A che ora è chiamata a fare il grande salto europeo.Notte di straordinari, almeno sulla carta, è quella che attende la difesa juventina che non avrà Chiellini infortunato («speriamo di dedicargli questa Coppa», dicono in coro i bianconeri) e che azzarda il rientro a tempo pieno di Barzagli. Ma l’arma in più per tenere lontani i tre tenores del Barça potrebbero essere le “caramelle all’aglio” di Bonucci. «È vero che mangio caramelle all’aglio, ma perché fanno parte di una dieta e servono per la mia integrità fisica».Tante partite già, ma questa è la “partita”. E vincerla per Allegri avrebbe un senso quasi patriottico: «Riportare la Champions in Italia dopo cinque anni (era stata l’Inter del “triplete” di Mourinho, nel 2010, ndr) sarebbe un segnale di ripresa ulteriore per il nostro calcio, sempre troppo denigrato... Questa è l’occasione giusta per far ricredere i nostri - tanti - denigratori».