Agorà

Sanremo. Il Festival conteso, tra discografici e spazio sociale

Massimo Iondini mercoledì 13 dicembre 2017

Inizia il Festival, rien ne va plus... Tutto sarà compiuto, domani sera. Si entra nel vivo, con l’assaggio in diretta su Rai 1 in prima serata del primo Sanremo con la direzione artistica di Claudio Baglioni, dopo tre anni dorati targati Carlo Conti. Un triennio in cui il Festival è stato una grande vetrina, la più ambita della tv, premiata dagli ascolti e dai ricavi. Domani sera si vedranno cantare i giovani e ne usciranno i nomi delle otto Nuove proposte che saliranno sul palco del teatro Ariston dal 6 al 10 febbraio 2018. Ma soprattutto verranno annunciati i nomi dei 20 Big colleghi di Baglioni.


Ma come sarà il Festival del cantore di Piccolo grande amore e Strada facendo? Vedremo un cast di finalisti in stile manuale Cencelli della musica leggera a uso e consumo delle case discografiche oppure, da degno “capitano coraggioso” e paladino degli ultimi (come i migranti del suo O’ scià di Lampedusa), Baglioni tirerà fuori dal cilindro anche nomi e progetti innovativi capaci per una volta di sparigliare le carte e lanciare nel futuro il Festival e il pop di casa nostra? È chiaro che uno come Baglioni non potrà non puntare in primis alla musica, sapendo però bene quanto sia fondamentale per la Rai mantenere alto lo share in ossequio agli sponsor. Ed è altrettanto chiaro quanto, pur cercando di imprimere un proprio marchio distintivo al Festival che si accinge a firmare, non possa allontanarsi troppo dalla vincente formula di Conti, capace di alternare il taglio più nazional-popolare a impennate qualitative soprattutto a sfondo sociale. Coniugando così la grande musica, gli ascolti e nel contempo la più nobile e doverosa mission del servizio pubblico: dare voce anche a chi fatica normalmente ad averne.


Così due anni fa abbiamo assistito a uno dei momenti più alti della storia del Festival con lo spazio dedicato al pianista e direttore d’orchestra Ezio Bosso (affetto da sclerosi laterale amiotrofica), capace di commuovere ed emozionare mezza Italia con la sua arte, la sua storia e una esemplare forza di volontà. E anche lo share schizzò al massimo. Idem l’anno scorso con ospiti i Ladri di Carrozzelle e il loro brano Stravedo per la vita, arcinota rock band formata da musicisti disabili, in attività ormai dal lontano 1989 e impegnati in decine di concerti l’anno anche nelle scuole, per sensibilizzare sulle problematiche della disabilità. Deus ex machina di queste “ospitate”, in entambi i casi, è stata Paola Severini Melograni, giornalista, scrittrice e da decenni instancabile animatrice del Terzo Settore a livello istituzionale. «Io amo la Rai perché mi ha insegnato tutto quello che so – dice, ricordando la sua pionieristica conduzione nel lontano 1981 del programma di Radio 1 Punto d’incontro che si occupava di comunicazione, disabilità e legalità – e sono convinta che la Rai ha la specifica missione di far capire alla gente che si può cambiare e che certe cose si possono fare. Ringrazio le opportunità che mi sono state date gli anni scorsi di portare avanti questo discorso al Festival di Sanremo. Sono certa che anche quest’anno non si perderà l’occasione di utilizzare la più importante vetrina televisiva per i diritti delle persone meno fortunate che lottano per una vita più degna e normale». Cruciale è stato negli ultimi anni il ruolo del servizio pubblico nel far crescere attenzione e sensibilità verso il mondo della disabilità. «L’Italia è il Paese dei diritti – continua Severini Melograni – e noi dobbiamo essere fieri di essere italiani. L’idea, per esempio, che da Sarajevo a Mosca decine di milioni di spettatori possano vedere un gruppo rock di disabili al Festival di Sanremo, il programma italiano più seguito all’estero, vuol dire che l’Italia è il Paese più civile del mondo».