Agorà

CINEMA. Anche la fantascienza denuncia la povertà

Luca Pellegrini martedì 27 agosto 2013
Non è facile, per la suora che se ne prende cura, spiegare al piccolo Max perché la terra è ridotta così male, al limite del collasso umanitario, sociale ed ecologico. E ancor più perché lassù, su Elysium, una gigantesca stazione orbitale che riproduce un ecosistema perfetto, sicuro e meraviglioso, la popolazione sia felice, ricca e libera dalle malattie, mentre quaggiù è sbandata, povera, infestata dalla violenza, ridotta in semischiavitù. Con questo dialogo intenso inizia il fantascientifico Elysium del sorprendente regista sudafricano Neill Blomkamp, campione di incassi in Usa e sugli schermi italiani dal 29 agosto. Aveva già richiamato l’attenzione con il suo precedente District 9, anche in questo caso un futuro poco rassicurante in cui gli alieni, confinati in spaventosi ghetti in Sudafrica, erano le vittime della segregazione. Questa volta l’anno 2154 è devastato dalla divisione crudele tra due classi. E i tentativi di accedere al paradiso artificiale da parte di chi sta peggio sono votati sempre alla sconfitta. Fino a quando Max, cresciuto e ora malato terminale – ha il corpo tatuato e il cranio rasato di Matt Damon, cui sono state applicate protesi meccaniche – decide di tentare l’impossibile, ossia atterrare su Elysium, sconfiggere la signora Delacourt che lo governa in modo autoritario e feroce (Jodie Foster) e, con il suo estremo sacrificio, permettere all’umanità tutta di accedere a una vita migliore. «Rispetto al film precedente, però, i temi non sono connessi – spiega il regista – perché questa volta le differenze abissali sono tra chi ha e chi non ha, le discrepanze sono tra chi detiene il potere e il benessere e chi muore ogni giorno di stenti e malattie. Quindi non c’è cenno al razzismo e alla xenofobia, che infestavano invece la società di District 9».Elysium ha, comunque, una analoga forza visionaria e interiore, non è semplice fantascienza di avventura ed effetti speciali. Max lotta non solo per la sua vita, ma per salvare una bambina leucemica, una famiglia disperata, i suoi simili destinati alla sofferenza, mentre una élite li sfrutta senza pietà. «Ho pensato proprio a questo futuro guardando alla vita sulla terra nel nostro 2013 e a tutte le incognite che nasconde. Ecco un’istantanea del nostro tempo: masse che vivono in estrema povertà, i ricchi hanno il controllo di tutto e sembra non esserci soluzione. Nessuno sa davvero come risolvere le enormi difficoltà che la terra ha oggi. Elysium è soltanto un modo diverso di vedere i terribili problemi che già ci sono».La stazione orbitale, immensa, è immersa nel verde, acqua e piante sono ovunque, cibo per tutti, pace e benessere assoluti. Sembra che la sua immagine sia nata nell’inconscio di Blomkamp. «È così – conferma – tutto ciò che è immaginario, nasce dall’inconscio. Almeno per me. L’unico fatto di cui ero conscio, prima di girare il film, era questo: devo creare una stazione spaziale che orbiterà tra 150 anni attorno alla terra e un pianeta, il nostro, in cui tutto è stato dilapidato. Letteralmente, ogni risorsa naturale è stata sfruttata e consumata da pochi, ciò che sta avvenendo oggi in Africa. Da questi fatti reali ho iniziato a disegnare il nostro pianeta di domani e non ho fatto fatica, perché dove abbiamo girato in Messico, anche nella discarica di Città del Messico: la realtà è proprio quella e noi l’abbiamo affrontata con spirito solidale, con vere e proprie opere di carità durante le riprese. Ho cercato anche di rendere Elysium il più verosimile per gli spettatori. Tutto questo, per metterli in guardia».