Agorà

Calcio. Dopo la caduta dei francesi tutto è possibile in questi pazzi Europei

Lorenzo Longhi martedì 29 giugno 2021

La Svizzera festeggia dopo la vittoria, ai rigori, contro la favoritissima Francia

Désillusion, ovvero disillusione, ieri è stata la parola del giorno in Francia, dopo l’eliminazione dall’Europeo per mano della Svizzera. Le Parisien, La Depeche, L’Union: tre quotidiani hanno aperto con questo titolo, mentre il termine ricorreva nei resoconti di tutta la stampa transalpina e l’Equipe raccontava di una squadra annientata, dell’autoflagellazione di Kylian Mbappé, fenomeno tre anni fa in Russia e capro espiatorio lunedì sera a Bucarest.

Sic transit gloria mundi, e se non bastano le parole di Pelè («Tieni la testa alta, domani è il primo giorno di un nuovo cammino») a rincuorare colui che ha sbagliato il rigore decisivo, di certo il regno di Deschamps - che dura dal 2012 - mai come oggi pare vicino a crollare, con all’orizzonte un homo novus, Zinedine Zidane, che nuovo proprio non è ma porta con sé un’aura di predestinazione sufficiente per guidare la Francia, che resta per individualità la miglior nazionale d’Europa, a difendere il titolo iridato tra nemmeno un anno e mezzo in Qatar e a giocarsi la Nations League 2020-2021 a ottobre nella final four con Italia, Belgio e Spagna.

Intanto però all’Europeo non c’è più, così come non c’è nemmeno più il Portogallo, uscito agli ottavi da campione uscente del torneo e della Nations League 2018-2019, e neppure la Croazia che al Mondiale del 2018 raggiunse la finale contro la Francia. Di più: persino i Paesi Bassi, la finalista sconfitta della Nations League, hanno detto addio alla competizione, e ciò significa che al loro posto ai quarti ci si trova al cospetto di nazionali difficili da pronosticare a certe latitudini.

La Svizzera, appunto, travolta dall’Italia eppure capace di regalarsi una serata storica contro la Francia. Nel calcio non vale la proprietà transitiva, ma la squadra di Petkovic era probabilmente stata descritta peggio di quanto non fosse in realtà - Embolo, Xhaka, Shaqiri, Akanji e Seferovic, tre gol per lui sinora, possono risultare indigesti in partita secca - e così venerdì, contro la Spagna di Luis Enrique, il pronostico potrebbe non essere a senso unico.

Ma non è l’unica Cenerentola ad avere raggiunto la nobiltà del torneo, la Svizzera. In un Europeo il cui sorteggio ha delineato gironi disomogenei e determinato un tabellone dall’equilibrio discutibile, l’ottavo di ieri notte a Glasgow tra Ucraina e Svezia ha portato ai quarti un’altra insospettabile, ma l’aspetto più singolare e inatteso è la consapevolezza che il combinato disposto sorteggio-tabellone condurrà in semifinale una fra Danimarca e Repubblica Ceca, rispettivamente settima e ventiduesima nel ranking continentale, che si affronteranno sabato a Baku. Sorprese, come il Galles semifinalista cinque anni fa.

Un tuffo in un passato che riporta alla mente gli Europei del 1992 e del 1996, vinto il primo da una Danimarca la cui vicenda si è trasformata in leggenda e perso il secondo in finale dalla Repubblica Ceca contro la Germania. Era, quello, il primo grande torneo disputato dopo la dissoluzione della Cecoslovacchia, di cui la selezione era di fatto l’erede: in un mondo con internet poco frequentato, senza social e con le dirette televisive sulla tv di Stato, il pubblico si innamorò di Nedved e Poborski, che ai tempi giocavano in patria e sarebbero finiti dopo l’Europeo uno al Manchester United e l’altro alla Lazio, di Berger (allora al Borussia Dortmund e subito acquistato dal Liverpool) e Bejbl che si garantì un contratto all’Atletico Madrid.

I danesi, che avevano iniziato Euro 2020 con il terrore negli occhi per il collasso in campo di Eriksen, hanno reagito al disturbo post-traumatico e, pur privi del loro miglior calciatore, possono contare sul sostegno generale degli appassionati, più o meno come accadde nel 1992, ma hanno una squadra che ha esperienza internazionale (il portiere Kasper Schmeichel, Christensen, Braithwaite, Delaney, lo stesso capitano Kjaer) e non è esattamente sprovveduta.

Diverso il discorso per la Repubblica Ceca, grande sorpresa sinora e trascinata dalle quattro reti del redivivo Patrik Schick, prossimo oggetto pregiato del mercato per quanto messo in mostra all’Europeo.

C’è molta Italia non d’élite nelle due rose: appunto il milanista Kjaer, l’udinese Stryger Larsen, Skov Olsen del Bologna, l’atalantino Maehle, il doriano Damsgaard e Cornelius del Parma fra i danesi, l’altro blucerchiato Jankto, Barak del Verona e Mateju del Brescia (che ancora non è sceso in campo) fra i cechi.

Ma è proprio questo il bello dell’Europeo: i pronostici che saltano, l’inatteso che accade.