Agorà

Cinema. "E.T." 40 anni fa nacque da papà Rambaldi

Fulvio Fulvi sabato 25 giugno 2022

Il 3 volte premio Oscar Carlo Rambaldi (1925-2012) con “E.T.”

Quarant’anni fa usciva nelle sale E.T. - L’extra- terrestre e il Pesaro Film Festival ha voluto ricordare l’anniversario con una proiezione che ha aperto la 58ª edizione della rassegna internazionale dedicata al nuovo cinema. Quattro Oscar, tutti per gli effetti visivi e sonori, incassi per oltre 800 milioni di dollari e critica entusiasta, quello di E.T. è stato un successo planetario. Anche perché il capolavoro di Steven Spielberg, oltre ad emozionare, dava delle risposte rassicuranti alle domande che accompagnano la vita dell’uomo moderno sulla Terra: esistono gli alieni? Dopo Incontri ravvicinati del terzo tipo, in cui esseri super-intelligenti arrivati da un altro pianeta a bordo di una gigantesca e iridescente astronave si vedono appena (ma si capisce che, tutto sommato, non sono cattivi), ecco un’altra genialata del regista di Cincinnati che decide di far diventare il “marziano” protagonista assoluto del set, un amico dei bambini che siede con loro nel salotto di casa e impara a dire “telefono”. L’idea ronzava nella testa di Spielberg già nel 1980 quando, approvata la sceneggiatura di Melissa Mathison, i produttori della Amblin Entertainment affidarono ai 24 migliori “visual-effect” di Hollywood l’incarico di studiare e fabbricare un “mostro” meccanico che potesse muoversi in modo credibile e senza effetti grotteschi davanti alla macchina da presa e avesse anche un corpo e una faccia con delle espressioni da primo piano, un pupazzo capace di spaventare ma anche di intenerire lo spettatore.

Dopo otto mesi, però, i modellini usciti dal laboratorio non convinsero Spielberg, il quale licenziò in tronco i tecnici americani e chiamò il più bravo e creativo che c’era sulla piazza (lo aveva conosciuto durante la lavorazione di Incontri ravvicinati): l’italiano Carlo Rambaldi, classe 1925, ferrarese di Vigarano Mainarda, già vincitore di due statuette per il contributo dato alla realizzazione del gorillone che si innamora di Jessica Lange, nel King Kong di John Guillermin del 1976, e per gli effetti speciali di Alien di Ridley Scott, del 1979. «L’E.T. dei miei colleghi era più orripilante che amichevole – raccontava Rambaldi – e non andava bene per il film che Steven voleva fare». Per arrivare al simpatico mostriciattolo che conosciamo, quell’ominide basso e tozzo dal collo telescopico, con i piedi enormi e la testa schiacciata, l’artista emiliano disse di essersi ispirato a un suo quadro di qualche anno prima che raffigurava le donne del Delta del Po, dipinte con un collo lungo quasi modiglianeschi e il viso prominente. E, a guardarle sulla tela sembrano proprio delle “E.T.” più aggrazziate ma egualmente impaurite. Dodici persone manovravano il pupazzo elettronicamente per guidarlo nei suoi innumerevoli e realistici movimenti e nelle espressioni del viso, della bocca e degli occhi. Ma in cinque o sei inquadrature, per rendere meglio l’alieno quando cammina, dentro al pupazzo di gomma marrone si decise di mettere un nano.

Rambaldi, con l’aiuto dell’assistente Isidoro Raponi (frusinate, morto a Los Angeles il 27 maggio scorso a 76 anni) e di altri collaboratori del suo team, riuscì a raggiungere con E.T. il vertice della perfezione tecnica nell’era pre-digitale e il risultato finale fu così spettacolare ed emotivamente coinvolgente che il personaggio del film di Spielberg è entrato nella leggenda della Settima Arte. E per il maestro italiano degli effetti speciali, con in tasca un diploma da geometra e una laurea all’Accademia di Belle Arti di Bologna, si trattò del terzo, indiscusso Premio Oscar. Le sue creazioni per il cinema non si contano: dal drago Fafner per il film Sigfrido di Giacomo Gentilomo (1956) allo strabiliante burattino “meccatronico” (per metà meccanico e per metà elettronico, cioè telecomandato) progettato per la serie televisiva Le avventure di Pinocchio, di Luigi Comencini, dagli strani mostri di Dune di David Lynch ai fantocci di cani realizzati per Lucio Fulci per il film Una lucertola con la pelle di donna, così perfetti da sembrare veri e provocare addirittura una denuncia penale al regista da parte della Protezione animali: ma Carlo spiegò ai giudici con disegni e immagini scartate dal montaggio che si trattava solo di robot. Dario Argento lo chiamò per Profondo Rosso: suo è il bambolotto ghignante che finisce a pezzi sotto i colpi di tagliacarte di un atterrito Glauco Mauri-professor Giordani. Sono ottanta i film a cui il padre di E.T. ha collaborato, molte di più le invenzioni geniali che hanno segnato la storia del cinema. Carlo Rambaldi è morto il 10 agosto del 2012, a 97 anni, a Lamezia Terme, in Calabria dove era andato a vivere con la moglie Bruna per occuparsi della figlia Daniela e dei suoi tre nipotini.