Agorà

Archeologia. Ercolano, trovati i resti di un uomo in fuga dall'eruzione del Vesuvio

Redazione Agorà venerdì 15 ottobre 2021

Lo scheletro dell'uomo di 40-45 anni, travolto dall'eruzione del Vesuvio, ritrovato a Ercolano

La ripresa degli scavi a Ercolano dopo 25 anni inizia a portare frutti. Il primo è la scoperta dello scheletro di un uomo in fuga travolto sulla spiaggia dalla valanga di fuoco e gas sputata dal Vesuvio in eruzione. "Un ritrovamento da cui ci aspettiamo moltissimo" ha sottolineato all'Ansa il direttore Francesco Sirano, dal 2017 alla guida del Parco Archeologico patrimonio dell'Umanità.

Il teatro è quello dell'antica spiaggia della cittadina, lo stesso luogo dove nell'ultima sistematica campagna di scavi, condotta negli anni '80 e '90 del Novecento, vennero riportati alla luce, ammassati nei piccoli magazzini affacciati sull'antico arenile, i resti di più di 300 fuggiaschi che avevano cercato riparo nell'attesa di essere portati in salvo dalla flotta di Plinio il Vecchio.

I nuovi scavi, che hanno impegnato per settimane gli archeologi del Parco, sono legati all'allestimento di un percorso che consentirà ai visitatori di raggiungere la monumentale Villa dei Papiri ripercorrendo quella che nella città antica era la passeggiata sul lungomare e che ancora oggi rimane l'unico fronte a mare completamente conservato di una città romana.

I resti dell'uomo, un maschio di età matura che secondo i primi esami antropologici dovrebbe avere avuto tra i 40 ed i 45 anni, sono stati trovati alla base del muro di pietra lavica che oggi chiude l'antico fronte a mare. Era riverso con la testa all'indietro in direzione del mare e circondato da pesanti legni carbonizzati, persino la trave di un tetto che potrebbe avergli sfondato la testa. Le ossa appaiono di un rosso acceso, "è l'impronta lasciata dal sangue della vittima", dice l'archeologo spiegando che si tratta di una conseguenza del particolarissimo processo di combustione provocato a Ercolano dalla corrente di magma, cenere e gas arrivata dal Vesuvio.

"Gli ultimi momenti qui furono istantanei, ma terribili - sottolinea - Era l'una di notte, quando il flusso piroclastico esploso dal vulcano raggiunse per la prima volta la cittadina con una temperatura di 300-400 gradi, anzi, secondo alcuni studi anche 500-700 gradi. Una nube bollente che correva verso il mare ad una velocità di 100 chilometri all'ora ed era così densa da non avere ossigeno. In pochi minuti la massa travolse e inghiottì la parte più alta della città, sradicando i tetti e falcidiando uomini e animali con un calore tale da far evaporare i corpi".

Lo scheletro dell'uomo di 40-45 anni, travolto dall'eruzione del Vesuvio, ritrovato a Ercolano - Ansa / Ciro Fusco

Gli archeologi del Parco archeologici di Ercolano, tra i quali i professionisti messi a disposizione dal Packard Humanities Institute (che ha donato anche il progetto di sistemazione dell'area) si interroga sull'identità di questa nuova vittima e sul suo ruolo nelle ultime ore della città. Di certo non si trovava al riparo con tutti gli altri che aspettavano accalcati nei magazzini dei pescatori. "Potrebbe trattarsi di un soccorritore, un compagno dell'ufficiale di Plinio che negli anni '80 era stato trovato ad una ventina di metri di distanza da questo punto, sempre sulla spiaggia", ipotizza Sirano. Un militare, quindi, che magari stava allestendo una lancia per portare in salvo in alto mare un primo gruppo di persone. "Oppure uno dei fuggiaschi, che si era allontanato dal gruppo per raggiungere il mare sperando di riuscire a imbarcarsi su una delle lance di salvataggio".

Tante al momento le ipotesi possibili, anche quella che il poveretto fosse di vedetta in attesa delle navi di soccorso, visto che Plinio il Giovane (nipote del grande ammiraglio e studioso che nell'eruzione del 79 d.C perse la vita) racconta che le quadriremi armate dallo zio avevano dovuto rinunciare all'ultimo all'approdo, fermate da un improvviso peggiorare della situazione.

Lo scheletro verrà ora rimosso con l'aiuto di speciali lame di metallo insieme a una porzione più grande della roccia lavica nel quale è incastonato e lo scavo proseguirà in laboratorio. I primi esami in situ, intanto, hanno rilevato le tracce accanto allo scheletro di quelli che sembrano essere tessuti e metalli.