Agorà

Culla di civiltà e convivenza. Erbil, il simbolo di ciò che l'Isis vorrebbe distruggere

venerdì 7 novembre 2014
Culla della civiltà da più di duemila anni, sito archeologico entrato a giugno nella World Heritage List dell'Unesco, ma soprattutto da sempre luogo di pacifica convivenza tra etnie, popoli, culture e religioni. Ecco tutto questo i terroristi dell'Isis lo vorrebbero distruggere. Quello di Erbil, storica cittadina nel cuore della Regione Autonoma del Kurdistan Iracheno, sembra un destino scritto nelle pagine della Storia, dai primissimi insediamenti Assiri sino a oggi, che si ritrova stretta tra l'emergenza della guerra alle porte e gli assalti terroristici dell'Isis. A raccontarlo, il convegno "Minoranze e convivenze. Il panorama religioso del Kurdistan in Iraq" nell'ambito della mostra fotografica "La Cittadella: Fascinazioni dell'antica Erbil, cuore del Kurdistan in Iraq", organizzata dalla High Commission for Erbil Citadel Revitalization (HCECR), dall'Istituto della Enciclopedia Italiana (che fino al 14 novembre la ospita nella sua sede romana) e dalla Missione Archeologica Italiana nel Kurdistan Iracheno (MAIKI)-Sapienza, Università di Roma. Un'occasione, racconta il condirettore del MAIKI, Luca Colliva nel corso del convegno "per far conoscere al pubblico italiano il patrimonio inestimabile di Erbil e il lavoro che stiamo compiendo". "L'Italia, con i suoi tanti giovani - aggiunge il direttore scientifico dell'Istituto Internazionale di Cultura Kurda, Adriano Rossi - è uno dei paesi europei più impegnati nello studio di questa zona, estremamente complessa". L'antica Cittadella di Erbil, con le sue grandi mura tardo-ottomane, oggi domina la città moderna dall'alto di un Tell, una collina artificiale formatasi con i resti del passaggio di secoli di generazioni. A farne da sempre un "luogo d'incontro tra culture e popolazioni- spiega l'archeologo Gianfilippo Terribili - è stata la sua posizione geografica" che ha dato vita ad un "variegato panorama religioso" di cui ancora affiorano le tracce (come nella tomba rupestre Qiz Chapan del IV-III sec. a.C) o di cui si favoleggia nelle fonti (come per il tempio della Dea mesopotamica Ishtar). Sasanidi, Zoroastriani e poi l'arrivo dell'Islam, i Cristiani (con un'agiografia che li traslava nell'epica iraniana), i Maroniti, la scissione tra Sciiti e Sanniti, i tantissimi sincretismi religiosi sorti: "la popolazione kurda - prosegue Terribili - è pienamente consapevole del proprio retaggio culturale e lo considera parte della sua appartenenza nazionale. Rincresce vedere questo mosaico di fedi e concezioni del mondo minacciato dall'Isis che invece mira al loro completo annientamento". "In questi mesi - aggiunge Colliva - sono arrivate molte notizie sui siti religiosi e archeologici in zone conquistate dall'Isis. Ma quelli maggiormente colpiti sono stati quelli sciiti e sanniti, che l'Isis non considera accettabili. A dispetto di ciò che si crede, le chiese cristiane sono state danneggiate ma non distrutte, mentre le moschee sciite nei territori conquistati sono state rase al suolo e con loro anche le tombe e la memoria di molte personalità illustri delle comunità islamiche locali". "Di molti dei villaggi di cui abbiamo studiato cultura e religioni in questi anni - aggiunge l'antropologa Camilla Insom - non abbiamo notizie. Erbil è sempre stato considerato un luogo sicuro. Speriamo che dalla valle siano fuggiti verso nord". Prossimo appuntamento il 14 novembre, con il convegno "La Regione Autonoma del Kurdistan Iracheno, storia, attualità e prospettive future", seguito sempre in streaming da ANSA.it e al quale sono stati invitati anche i Ministri della cultura e dell'Università del Kurdistan Iracheno.