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Storia. Codice Enigma. Mito da sfatare?

Vincenzo Grienti giovedì 4 giugno 2015
Nella guerra segreta dei codici cifrati nel secondo conflitto mondiale, il 12 giugno 1940 segna una data storica per quella che, dopo anni di segretezza su disposizione del Governo inglese, è diventata nota come Ultra Secret. Si registrò allora la decrittazione di un messaggio della Luftwaffe che diceva «Knickebein Kleve ist auf punkt funf drei grad zwei vier minuten nord und eins grad west eingerichtet », ossia “fascio gamba-piegata di Kleve è diretto sul punto con coordinate 53 gradi 24 primi nord e 1 grado ovest”. Il merito fu del gruppo di matematici e crittografi, tra i quali Alan Turing, riuniti dalla Royal Air Force nella Stazione X di Bletchley Park, a 75 chilometri da Londra. L’intercettazione riguardava la conversazione tra due tedeschi che parlavano dell’utilizzo di un fascio di onde radio capace di orientare i bombardieri nazisti sugli obiettivi nemici. Nacque così il mito di Ultra anche se dal maggio del 1940, durante l’invasione della Francia, i britannici erano già in grado di “leggere” diversi messaggi della Luftwaffe. Quello del 12 giugno 1940 fu diverso. Si trattava di un intercettato senza l’aggiunta di alcuna chiave di Enigmae ogni carattere era chiaro. Insomma, non era un messaggio cifrato, ma la prima evidenza concreta circa la radioguida avversaria. A quel 12 giugno 1940 si arrivò a partire dalla decisione di Hans-Thilo Schmidt, un impiegato che aveva accesso alla macchina Enigma militare, di fornire ai francesi due documenti denominati Gebrauchsanweisung für die Chiffriermaschine Enigma e Schlüsselanleitung für die Chiffriermaschine Enigma. Erano i manuali dell’Enigma meccanica di tipo commerciale in servizio presso le forze armate germaniche fino al 1938. Costava trentamila marchi e molte imprese la utilizzavano. I polacchi, convinti che la Germania qualora fosse entrata in guerra avrebbe senza dubbio invaso la Polonia, si misero al lavoro con i più bravi accademici dell’Univer-sità Poznan – come Marian Rejewski, Jerzy Rózycki e Henryk Zygalski – progettando una macchina chiamata “bomba”, per via del ticchettio simile al timer di una bomba a orologeria, e decifrando Enigma dopo aver individuato un limite del sistema. L’invasione della Polonia nel 1939 però fermò tutto. Alan Turing riprogettò la “bomba” e le chiavi tedesche furono forzate, dando come prodotto il testo in chiaro. Poi la storia fece il suo corso e Ultra diventò un mito. In realtà, come spiega lo storico navale Enrico Cernuschi in base alle sue ricerche negli archivi riservati della Royal Navy e della Marina Militare pubblicate nel suo libro Ultra. La fine di un mito. La guerra dei codici tra gli inglesi e le Marine italiane (1934-1945) edito da Mursia, «Ultra diede il suo contributo, ma non tale da apparire né maggioritario né decisivo». È il caso degli scontri navali nel Mediterraneo tra il 1940 e il 1945 tra gli inglesi e gli italiani. «Ultra non fu determinante e gli inglesi durante la guerra intercettarono solo una minima parte dei messaggi della Marina italiana », spiega Cernuschi dopo aver analizzato trentasettemila messaggi decrittati dagli inglesi custoditi a Kew Garden nel Surrey – dove ha sede il Tna, l’Archivio di Stato inglese –, il 95 per cento dei quali decrittati e archiviati come Ultra, ma di origine tedesca e provenienti dalle famose macchine Enigma. Il Servizio Informazioni della Marina, grazie all’asso dei decrittatori, l’allora capitano di corvetta e poi ammiraglio Luigi Donini, arrivò a segnalare buona parte degli attacchi inglesi al naviglio nel Mediterraneo diretto nel Nordafrica, dando tempo ai convogli di modificare la rotta, salvare vite umane e non subire danni. «In pratica siamo passati dalla prima generazione di studi sull’organizzazione interforze inglese di decrittazione nota come Ultra alla seconda. Il tono entusiastico e autoreferenziale inglese, supportato solo da relazioni post 1945 e memorie tipo miles gloriosus, è così controbilanciato, oggi, da studi scientifici fondati sui documenti dell’epoca dell’una e dell’altra parte e su conoscenze non abborracciate, ma professionali, di criptologia. Il quadro che emerge è molto lusinghiero per la Marina italiana del 1940 1945 – dice Cernuschi –: possiamo parlare di un pareggio quantitativo tra inglesi e italiani di trentaseimila messaggi letti a testa, di un successo qualitativo in termini di tempi medi di decrittazione sui dieci-quindici minuti a fronte di dieci ore e passa avversarie e di uno organizzativo: quattrocento dei nostri, tra uomini e donne, contro oltre diecimila degli avversari».