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Verso Sanremo. Elodie: «Donne su la testa»

Angela Calvini mercoledì 29 gennaio 2020

Elodie in gara al Festival di sanremo 2020 con "Andromeda"

«Per me essere donna è un regalo. Molti passi avanti sono stati fatti, ma ancora tanti ce ne sono da fare. Lo strumento migliore per crescere è il dialogo, ma ci vogliono tempo e pazienza».

Mentre infuriano le polemiche sul sessismo al prossimo Festival di Sanremo, zitta zitta la romana Elodie Patrizi, donna bella sì, ma soprattutto ricca di talento, sta compiendo i suoi passi di avvicinamento al podio. Innanzitutto la cantante italiana di origine creola (la madre è originaria di Guadalupe) è stata la reginetta dell’estate facendo ballare con il pop raffinato di Pensare male con i The Kolors e l’esotica Margarita con il fidanzato, il rapper Marracash.

Si farà certamente notare all’Ariston, dove torna per la seconda volta nella gara tra i Campioni con Andromeda, un efficace brano “urban”, dai suoni contemporanei, degli stessi autori di Soldi, brano vincitore del Festival 2019, ovvero Mahmood per il testo mentre la musica è di Dardust, il compositore e produttore elettronico Dario Faini che trasforma in oro tutto ciò che tocca.

Inoltre, per scaldare i motori, il suo nuovo album This is Elodie uscirà in digitale prima del Festival, il 31 gennaio, e in cd il 7 febbraio. Amore, fragilità, riscatto, gioia di vivere vengono espresse fra hip hop, pop-rap, senza disdegnare anche swing e soul, mentre Elodie duetta con i rapper più in voga da Gemitaiz a Fabri Fibra da Lazza a Ernia e Margherita Vicario, affidandosi ad alcuni dei produttori più quotati del settore, come appunto Dardust, Takagi & Ketra, Michele Canova e Big Fish.

A Sanremo vedremo una Elodie meno melodica e più contemporanea?

Sì, perché il brano fa parte di un album coerente con un percorso che già sto facendo da due anni. Ho fatto un lavoro di ricerca di autori e produttori che fossero più simili a me. Mi sono domandata cosa voglio raccontare, chi voglio essere?

Oramai, dopo i recenti successi, lei non è più una “ex-talent”.

Sono stata fortunata perché sono stata molto supportata da Maria De Filippi ad Amici e poi da Emma ed è stato un talent per me formativo. Però loro ti danno un percorso che è quello che loro vedono in te e in me vedevano la melodia della canzone tradizionale italiana, a cui io sono molto legata. Ma c’è tutto un altro lato di me che non è uscito.

Chi è davvero Elodie?

Io sono una donna che ama stare in mezzo alle persone, che non ha alcun pregiudizio, mi piace essere femminile ed anche seducente. Ma come posso fare uscire queste cose senza sembrare volgare? Volevo fare un percorso fresco, raccontarmi da un punto di vista più giocoso, anche se è un lavoro complesso. Perché essere moderni e freschi non vuol dire rompere con la tradizione, infatti il mio è un disco con molte sfaccettature.

E cosa rappresenta, invece, la mitologica “Andromeda” del brano sanremese?

Nel mito greco Andromeda è incatenata alla rupe e Perseo quando passa, da lontano pensa che lei sia una statua. Poi si accorge che lei è umana solo dal vento che muove i capelli. Se tu non ti fermi a guardarmi non mi capirai mai, non mi capirai se non mi guarderai dentro – canto io –. Se non fai un passo in più verso di me non potrò essere la tua sposa, la tua donna. Un messaggio rivolto alle altre donne? Mi piace l’idea di parlare ad altre donne e di comunicare loro l’esperienza di una ragazza di quasi 30 anni che sta crescendo. Sono una donna ferma, ho sempre fatto rispettare il modo in cui io vedo la vita. Noi a volte tendiamo a “fare il passo indietro”, non abbiamo fiducia in noi stesse perché spesso non siamo state educate ad averne. Ma una donna può avere commesso degli errori in passato, esattamente come un uomo: vorrei che questo disco comunicasse questo tipo di libertà. Io ho trovato la mia dimensione e non devo difenderla da nessuno.

Lei che è fidanzata con uno dei più importanti produttori rap italiani e nell’album collabora con i rapper più lanciati, cosa ne pensa della polemica su Junior Cally e le frasi sessiste dei suoi testi?

Il rap è il linguaggio più diretto che c’è: i rapper parlano della droga o delle questioni sociali più disturbanti con testi anche crudi, ma che purtroppo riflettono spesso certe realtà realtà. Il rap è un genere su cui riflettere perché, nel bene o nel male, ti aiuta a capire come ragionano i ragazzi. Il linguaggio musicale certo sa essere aggressivo, ma lo è come quello di certi film. Non penso che una canzone possa istigare alla violenza.

Ma non c’è un modo per le artiste per fare “controcultura” nel mondo del rap, spingendolo ad evolversi in linea con i diritti delle donne?

Certo che si sta evolvendo, ho anche delle amiche che fanno il rap. Per quello che mi riguarda, sono soddisfatta perché ho lavorato con due persone che da ragazzina ammiravo come Marracash e Gué Pequeno. Sto imparando molto, sto prendendo anche sicurezza. Sapere che ci sono delle persone che credono in te e appoggiano quello che fai ti fa sentire più apprezzata. E pronta a dare il mio contributo in positivo.

A questo album ha collaborato anche Marracash?

No. Volevo che fosse un album più mio, anche se uno scambio di opinioni c’è. Io ho sempre un po’ di timore dal punto di vista artistico: è il momento più alto della sua carriera e sono molto felice di essergli di sostegno in una fase così importante. Ma dall’altra parte ho paura di non piacere, sono innamorata e si sa che è difficile tenere le due cose separate. Questo è l’album che mi ha dato la direzione, nel prossimo, che spero di fare subito, lui ci sarà.

Ma una donna non meriterebbe di vincere proprio il prossimo Sanremo?

Io non ho mai vinto un premio nella vita, se non quello del pubblico. Ma va benissimo così. C’è Irene Grandi che mi piacerebbe vedere sul podio dopo tanti anni di carriera. Poi c’è Levante per cui faccio il tifo, e le bravissime Tosca e Giordana Angi. E poi c’è Rita Pavone di cui ho un timore reverenziale: firmerei ad occhi chiusi per avere la sua voce. Faccio un tifo sfegatato per le mie colleghe, ma l’ho sempre fatto: io faccio squadra e amo lavorare con le donne. C’è bisogno che noi crediamo in noi stesse. Io sono la prima che non aveva autostima e a tutt’oggi faccio fatica. Noi non siamo educate per essere vincenti.

Visto il problema dei tanti femminicidi, servirebbe anche una educazione al maschile?

Le mamme siamo noi e se i nostri figli si comportano male, dovremmo farci qualche domanda. Se io dovessi avere un figlio cercherei di fargli capire delle cose che sono importanti: la delicatezza, il saper capire la diversità, uno dei beni più preziosi che abbiamo. Dall’altra parte c’è un emisfero emotivo completamente diverso dal tuo, devi capire che cosa puoi dare e cosa puoi ricevere.