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I 70 ANNI DEL TENORE. Domingo: «Il mio canto ora è un inno alla vita»

Pierachille Dolfini venerdì 21 gennaio 2011
La sua biografia ufficiale segnala, come data di nascita, il 21 gennaio 1941. Dunque oggi Placido Domingo compie settant’anni. Ma c’è qualcuno che sostiene che il grande tenore spagnolo all’anagrafe risulti nato nel 1934. Lui va avanti per la sua strada. «Non avrei mai pensato che sarei arrivato ai settant’anni cantando» racconta Domingo, protagonista stasera di una festa in musica che gli dedica la sua città, Madrid. Al Teatro Real re Juan Carlos e la regina Sofia faranno gli auguri al tenore, impegnato in questi giorni, proprio sul palcoscenico spagnolo nell’Ifigenia in Tauride di Gluck. «Perché far felice il pubblico cantando è un grande privilegio» confessa guardando al futuro: "Quanto durerà ancora? Non si sa. Non mi pongo limiti. Certo, continuo ad accettare contratti, consapevole che quando sentirò di non farcela più mi fermerò: perché ognuno di noi deve essere severo critico di se stesso».Cinquant’anni di carriera, da quaranta di casa nei teatri italiani, 3.500 recite sulle spalle, oltre 130 ruoli interpretati, più di cento dischi incisi e sette Grammy awards vinti. E un sondaggio inglese che lo colloca cinquattottesimo tra cento geni viventi. Ecco i numeri di Domingo che ricorda come, a 33 anni, in un’intervista disse che «il momento migliore per un tenore è tra i 33 ed i 38 anni. Ovviamente, ho cambiato idea» sorride, spiegando di «non aver mai pensato al ritiro». Nemmeno lo scorso anno quando ha combattuto e vinto la battaglia contro il tumore: operato a febbraio, in aprile era già in scena per una doppia sfida, quella con la malattia e quella con la malattia e quella con la sua voce di tenore, piegata ad un ruolo da baritono, il verdiano Simon Boccanegra. Esperimento bissato a settembre in diretta tv con il Rigoletto da Mantova.«Il mio più grande successo quello nei confronti della malattia» confessa. Lui che ha trionfato in tutto il mondo, dalla Scala al Metropolitan, da Vienna al Covent Garden, diretto dai più grandi, Karajan, Abbado, Muti. E che ha varcato i confini della lirica con l’operazione nazionalpopolare dei Tre tenori quando, per i Mondiali di Italia ’90 si è inventato l’inedito trio con i colleghi Luciano Pavarotti e José Carreras. «Alcuni puristi ci hanno criticato – ricorda Domingo, tifoso del Real Madrid di Mourinho –, ma è stata un’esperienza molto positiva: ci siamo divertiti, aprendo un mondo per tante persone che non si erano mai avvicinate all’opera e che poi non hanno più potuto farne a meno».Agenda sempre piena, tra la Spagna e gli Stati Uniti dove dirige l’Opera di Washington e di quella di Los Angeles. «Cercando di fare sempre tutto al meglio – confessa –. E di piacermi. Perché se non sono contento io, difficilmente lo sarà il mio pubblico».