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Coronavirus. Democrazia e solidarietà, il contagio secondo Slavoj Žižek

Alessandro Zaccuri sabato 14 marzo 2020

Slavoj Žižek, il celebre filosofo sloveno

«Evitare di stringere la mano e isolarsi quando necessario è la forma che oggi assume la solidarietà»: parola di Slavoj Žižek, il celebre filosofo sloveno i cui interventi sull'emergenza in atto sono raccolti dalla casa editrice Ponte alle Grazie in Virus, un e-book che si arricchirà nei prossimi giorni di nuovi contenuti (chi acquista il libro digitale potrà poi accedere gratuitamente alle successive edizioni). Cinque finora i capitoli, nei quali si ritrovano molti dei temi già ricorrenti nell'opera del controverso pensatore: le forme e i limiti della democrazia, le promesse mancare dell'egualitarismo comunista, il ricorso alla letteratura (ma anche al cinema hollywoodiano e, in genere, al patrimonio del pop), la capacità di riportare al presente la lezione di maestri come Hegel e, in questo caso specifico, Tolstoj. Il contagio, del resto, è una categoria che compare da tempo negli scritti di Žižek e di molti altri intellettuali contemporanei, compreso l'italiano Giorgio Agamben, del quale in Virus si riprendono le tesi, purtroppo formulate troppo frettolosamente, sul presunto eccesso di medicalizzazione adottato per arginare i primi casi di coronavirus.

Come al solito, non si riesce sempre a essere d'accordo con Žižek, ma anche il dissenso aiuta a chiarirsi le idee e a cercare risposte alle domande che il filosofo allinea con provocatorio acume. In alcuni casi il tempo gioca a favore del lettore. Dopo aver preso atto della rigida quarantena imposta dalla Cina nell'area di Wuhan, per esempio, Žižek avanza un'ipotesi che ormai è diventata realtà: «dovremmo solo provare a figurarci un’epidemia delle stesse proporzioni negli Stati Uniti – lo Stato saprebbe imporre le stesse misure?». È quello che sapremo nei prossimi giorni, ma nel frattempo rimane valida, anche e specialmente in Italia, la questione sollevata a più riprese in Virus, vale a dire la compatibilità di provvedimenti caratteristici di uno «Stato forte» con i princìpi di libertà e trasparenza ritenuti irrinunciabili dalle democrazie occidentali. L'autore gioca con il paradosso («bisognerà ricorrere a misure comuniste per combattere una malattia che è esplosa in un Paese governato da un partito comunista», annota fra l'altro) e nello stesso tempo riflette sulle leggi non scritte della globalizzazione, secondo le quali «più il nostro mondo è connesso, più un disastro locale può scatenare una catastrofe globale».

Passando dal prediletto Lacan alla Guerra dei mondi di H.G. Wells, Žižek si sofferma sugli scenari che si potrebbero delineare, anche in relazione alla congiuntura fra epidemia e crisi dei migranti. Ma non rinuncia alla speranza. Dal dramma di queste settimane, afferma, potrebbe ancora nascere «una società alternativa, una società che vada oltre lo Stato-nazione e si realizzi nella forma della solidarietà globale e della cooperazione». Una cura dell'altro che, per il momento, si manifesta anzitutto avendo il coraggio di mantenere le distanze.