Agorà

Intervista. De Maria, la città celeste a San Fedele

Andrea Dall’Asta giovedì 9 luglio 2015
Nicola De Maria è impegnato in questi giorni a Milano nella storica chiesa di San Fedele. Sta dipingendo infatti nella chiesa cinquecentesca uno spazio intimo, segreto, il sancta sanctorum, una piccola stanza esagonale dove sono conservate le sante reliquie. Per molti anni deposito, ora sta rivivendo, grazie ai colori di questo artista che fece parte di quello straordinario gruppo chiamato Transavanguardia, composto in realtà da personalità autonome e ben definite. Abbiamo approfittato della sua presenza in questi giorni a San Fedele per un’intervista sull’arte sacra. Nicola De Maria ha già lavorato per la chiesa ambrosiana, realizzando alcune splendide pagine dell’evangeliario, insieme alla luminosa coperta. Ora si accinge a intraprendere questa nuova impresa dai tratti inediti: si tratta infatti di intervenire in uno spazio. L’opera sarà inaugurata in ottobre, in concomitanza con una mostra che si terrà presso la Galleria San Fedele. In che cosa consiste il senso più profondo dell’espressione artistica?«L’arte nasce là dove un’opera è in grado di suscitare una preghiera. Anche dipingere è un modo di pregare, in quanto nell’atto stesso vi è l’abnegazione, la misericordia e la trascendenza. Dipingere non è un’azione rivolta a se stessi, pur nascendo dal sentimento umano. L’opera d’arte è tale se è utile agli altri, nel senso di portare vita, comunicando emotivamente quanto scaturisce dall’artista, pur non venendo da lui, ma da un’alterità presente da sempre in lui: Dio. In questo senso, l’arte è come l’amore, è un suo veicolo insostituibile. Un pittore non abbraccia questa strada faticosa, non si addentra in questo campo minato per motivi mercantili. Anzi, un pittore viene scelto da un ente superiore che lo conduce all’espressione attraverso questi mezzi, come un pennello, colori, una tela...». In che modo considera l’arte contemporanea e in modo particolare l’arte sacra? «Un vento gelido mi colpisce e mi abbatte quando talora incontro architetture o espressioni d’arte in ambito religioso. Sento questo freddo nell’inespressività, nella vacuità della forma, in realtà, vedo il trionfo del materialismo estetico, della preoccupazione rivolta all’esigenza formale, escludendo il cuore dell’uomo, della sua passione di fede che, se non alimentata, appassisce. Tante opere di architettura e di pittura dedicate alla fede sono votate oggi alla sterilità. Sembrano escludere ogni apertura alla trascendenza. Parlo qui delle superbe e anonime costruzioni intrise di prepotenza, di artificio, che scacciano l’uomo. Un tempo, nell’edificio religioso, il cristiano trovava un rifugio in cui si celebrava l’unione tra musica, arte e architettura, realizzando un’arte totale. Lì trionfava l’amore di Dio. Oggi tutto sembra essersi spento nella sciattezza di vuote forme estetizzanti. Così in tanti spazi contemporanei, nel desiderio di fare rivivere un mondo passato di gloria, tutto sembra soffocato paradossalmente nell’abbaglio di un oro che non può più luccicare e di gemme divenute cieche. In realtà, la vera arte rende oro dove esso non c’è. E fa scaturire pietre preziose dove ci sono semplici minerali. Il resto è tautologia del male». Tutta la sua opera s’incentra sul colore. Perché?«Un’opera d’arte è tale quando, filtrando la brutalità, il dolore e la tristezza del mondo accresce la nostra vitalità, e si fa canto e lode. I colori per me sono sovrani, mi dettano la loro legge di armonia, e io sono l’esecutore di un disegno superiore. Mi sento lo strumento di un impegno chiamato ad accrescere l’armonia nel mondo, aumentandone la vita. L’arte avvicina l’uomo a Dio. Se parlo di armonia alludo a quella che avvolge l’universo. Noi dobbiamo accoglierla, testimoniandola attraverso i dipinti, riportandola sulla terra e incarnandola nelle opere. Qual è la funzione dei colori? Essi suscitano scosse emotive, a tal punto che mi sento talvolta come un artificiere che non può lavorare tutti i giorni con l’esplosivo, ma deve pensare, meditare, pregare. L’opera d’arte è un esplosivo segreto da disinnescare e da rendere visibile a tutti. Questo è il mio scopo».Chi s’incontra al cuore dell’opera dell’arte?«Al centro dell’opera d’arte c’è lo Spirito. Senza Spirito non c’è nemmeno l’arte e non possiamo distrarci di fronte a fenomeni effimeri, come si assiste con tanta arte contemporanea, verso la quale sento anche tenerezza, perché gli autori che la producono stanno scaraventando via gli anni più belli della vita, in opere che non servono a nulla, perché indotte dalla violenza di un pensiero unico, vuoto, che appiattisce, avvilisce. Opere che si rivelano idolatriche, miseramente autoreferenziali. Vili, perché sono calcoli rivolti verso chi è vulnerabile e non può difendersi».Nella sua attività ha avuto diversi critici che hanno sostenuto la sua opera, chi vorrebbe ricordare?«Alcune persone mi hanno accompagnato. Ricordo l’intelligenza critica, ma anche poetica di Zeno Birolli, di Danilo Eccher, di Rudi Fuchs, di Achille Bonito Oliva, che hanno intuito la verità in ciò che stavo realizzando. In particolare, ricordo Bonito Oliva che, pur non varcando mai la soglia del mio studio, mi ha capito, anche solo grazie a una passeggiata serale 40 anni fa, parlando di presocratici sotto i portici, che mi parve come la passeggiata di Nietzsche a Torino, che continua ancora. Bellissima l’esperienza dell’evangeliario ambrosiano: uno sforzo supremo accompagnato dall’aiuto di persone preziose, come don Umberto Bordoni, responsabile del progetto per l’arcidiocesi milanese, che mi hanno offerto sempre la loro partecipazione a una creazione che scaturiva dalle parole del Vangelo. In questo senso, la mia esperienza ecclesiale è stata positiva, basata sul rispetto e sulla volontà di comprendersi». Sulla sua nuova opera a San Fedele che cosa vorrebbe anticiparci?«È un lavoro di estrema profondità, basato sul libro dell’Apocalisse. È sulla gioia della Gerusalemme Celeste che scende dal cielo, che ha come fondamenta il sangue e le ossa dei martiri. Tema quanto mai attuale. È quanto oggi sta accadendo in tante parti della terra, in attesa di un mondo di pace e di riconciliazione... Ascolto l’eco ripetere: universo senza bombe, regno dei fiori».