Agorà

Scenari. Davvero il futuro sarà dei robot?

Roberto Carnero sabato 29 febbraio 2020

Una mano robotica simula il senso del tatto

Nella sua “orazion picciola” ai compagni d’avventura, l’Ulisse dantesco pronuncia alcune importanti parole: “Considerate la vostra semenza: / fatti non foste a viver come bruti, / ma per seguir virtute e canoscenza” (Inferno, XXVI, 118–120). Sono questi tra i versi più celebri della letteratura mondiale: parole che definiscono l’essenza dell’umanità, fatta di un’insopprimibile tensione al bene e alla verità. Cambiano i tempi, le strutture economiche, politiche e sociali, ma tale caratteristica dell’umano non può venir meno. Parafrasando questo famoso luogo della Divina Commedia, l’economista Marco Magnani ha intitolato il suo ultimo libro Fatti non foste a viver come robot (Utet, pp. 272, euro 15,00). Il sottotitolo, “Crescita, lavoro, sostenibilità: sopravvivere alla rivoluzione tecnologica”, riassume solo in parte i molteplici spunti offerti dal saggio.

Magnani parte da una considerazione: nel corso della storia tutte le innovazioni tecniche hanno prodotto aumenti di produttività, di crescita economica e alla fine anche di occupazione. Nel breve periodo, però, hanno disorientato le persone, i lavoratori. Si pensi, nell’Inghilterra del XIX secolo, al movimento operario del luddismo, che reagì violentemente all’introduzione delle macchine nell’industria, ritenute causa di disoccupazione e di bassi salari. Tuttavia – spiega Magnani – alla generazione successiva il saldo era positivo: insieme alla produzione, aumentava anche l’occupazione. Se la storia è maestra di vita, dovremmo stare tranquilli.

Ma la questione non è così semplice. L’autore pone infatti una domanda precisa: e se questa volta le cose andassero diversamente? C’è più di una ragione per credere che ciò sia possibile. Innanzituto perché non è certo che l’innovazione continui a generare crescita economica: oggi, infatti, sono in pericolo non solo la sostenibilità demografica, alimentare ed energetica, ma anche quella ecologico– ambientale, sociale e politico–istituzionale. Inoltre le nuove tecnologie stanno aprendo la strada a una crescita senza occupazione, perché il lavoro dell’uomo è in larga misura sostituito dalle macchine: la ricchezza complessiva aumenta, ma emergono enormi problemi di redistribuzione.

Che fare, dunque? Sappiamo che quando si discute di queste tematiche, le proposte sul campo sono molte e varie. C’è chi propugna la ricetta della decrescita (più o meno felice), chi quella di rottamare l’attuale sistema economico e produttivo, chi decanta le “magnifiche sorti e progressive” della blue economy, della sharing economy, dell’economia civile, dell’economia circolare. Per parte sua, Magnani non accetta l’idea di una rottamazione del sistema liberal– capitalista (anche perché, pur con tutti i suoi limiti e difetti, è quello che negli ultimi due secoli ha funzionato meglio di tutti gli altri), ma insiste su una logica dell’“aggiustamento”, capace di partire da quanto esiste per migliorarlo, eliminando limiti, sperequazioni e problematicità di varia natura. E soprattutto puntando su una “collaborazione intelligente” tra uomini e macchine: gli esseri umani devono essere messi nelle condizioni di utilizzare la tecnologia per aumentare la produttività, ma anche per lavorare meglio e migliorare la qualità della propria vita.

Fondamentale, in questa prospettiva, è il capitolo dell’istruzione. Probabilmente – spiega l’autore – molti dei lavori e delle professioni che saranno chiamati a svolgere in futuro i bambini oggi sui banchi delle elementari non esistono ancora, e neppure possono essere immaginati. Per questo la dimensione della formazione è chiamata a farsi carico di preparare le persone a tutti i possibili cambiamenti. E a questo processo la stessa tecnologia è chiamata a collaborare. La scuola è un campo in cui l’innovazione tecnologica può offrire l’opportunità di allargare l’accesso all’istruzione (si pensi alla didattica a distanza) e di migliorare l’insegnamento stesso (rendendolo più efficace attraverso l’utilizzo di quegli strumenti multimediali che i ragazzi frequentano anche per conto proprio). Ma il ruolo delle persone rimane centrale: “fatti non foste a viver come robot”.