Agorà

Il caso. . Dal cinema alle Fosse Ardeatine, la parabola di Caracciolo

MIMMO MASTRANGELO giovedì 24 marzo 2016
Uno dei primi e più promettenti allievi del Centro Sperimentale di Cinematografia, un creativo talentuoso «nato per il cinematografo», un brillante giornalista e intellettuale che sposò l’estetica del secondo futurismo. Questo (e non solo) fu il regista Emanuele Caracciolo la cui vita venne stroncata troppo presto a Roma in quel tragico 24 marzo del 1944 con l’eccidio delle Fosse Ardeatine deciso dalle forze di occupazione per rappresaglia dopo l’attentato del giorno prima in via Rasella. Sul nome di Emanuele Caracciolo ha regnato da sempre un silenzio tombale, ma ora con il volume Il futurista veloce (edizioni Cinema Sud, pp. 160, euro 10,00) del cinecronista Salvatore Iorio la sua vicenda umana e artistica esce un po’ dall’oblio. Nato a Tripoli nel 1912, ma da genitori pugliesi, Caracciolo giovassimo si mosse tra la sua Gallipoli e le altre città della Puglia per dar vita a un movimento futurista locale. Trasferitosi a Napoli nel 1932 fu tra i fondatori del Gruppo Futurista Napoletano e diresse, insieme a Luigi Gallina, la rivista “Elettroni”. Tra l’intellighenzia partenopea si distinse per l’ irrefrenabile attivismo, le capacità organizzative e una forte attitudine allo sperimentalismo, tant’è che fu proprio Tommaso Marinetti a dargli l’appellativo il “futurista veloce”. Lasciata Napoli anche per i dissidi interni al movimento futurista meridionale (di cui, nel frattempo, era diventato coordinatore), si trasferì a Roma dove scrisse per diverse testate e nel 1936 si ritrovò allievo al Centro Sperimentale di Cinematografia con Pietro Germi, Luigi Zampa, Alida Valli, Dino De Laurentiis, Gianni Puccini. Solo due anni di studentato bastarono a Caracciolo per apprendere la nobile arte, trovare un ruolo di assistente in film di Mario Mattoli, Mario Bonnard, Carmine Gallone e, dunque, avventurarsi nella lavorazione del suo primo lungometraggio. Tratto dalla commedia Il divodi Nino Martoglio, nel 1940 uscì Troppo tardi t’ho conosciuta, storia ambientata nel mondo della lirica e che vede, tra gli altri interpreti, un ventenne Dino De Laurentis. Purtroppo il film sarà eccessivamente maltrattato dalla critica nonostante segua degli stilemi sperimentali e sia «percorso da una vena di grottesco decisamente inusuale nel clima stagnante della cinematografica italiana dell’epoca». L’unico film di Caracciolo, oltre a passare ingiustamente per una «specie di Helzapoppin», verrà penalizzato da una distribuzione di nicchia e nel corso degli anni le sue copie andranno disperse. Solo nel 2003 una copia venne ritrovata nella cantina di un cinema di Cuneo dallo storico del cinema Lorenzo Ventavoli. Dopo Troppo tardi t’ho conosciuta e la scrittura del soggetto de La carne e l’anima (che verrà portato sullo schermo nel 1945 da Vladimir Strizevskiy) del Caracciolo cinematografaro si perdono tracce e notizie. Secondo Giuseppe De Santis, tra il 1941 e il 1943, avrebbe diretto dei documentari per l’Istituto Luce, ma sulla testimonianza del regista di Riso amaro non ci sono conferme. Invece – come riportano pure le pagine dell’opera di Salvatore Iorio – si sa che Caracciolo durante la resistenza romana si ritrovò coi gruppi di Giustizia e Libertà che collaborarono col Vaticano per salvare gli ebrei. Questa sua clandestina attività politica venne scoperta dalle spie delle truppe tedesche che lo arrestarono il 21 febbraio 1944. Nel carcere Caracciolo fu sottoposto a pesanti torture e un mese e tre giorni dopo l’arresto si ritrovò tra i 335 civili e militari che diverranno i martiri delle cave di via Ardeatina. © RIPRODUZIONE RISERVATA Un volume riscatta dall’oblìo la figura del regista italiano morto nella rappresaglia tedesca per via Rasella. Attivo nel futurismo, prese poi la via cinematografica con Germi, De Laurentiis, Zampa. Operò col Vaticano per salvare gli ebrei di Roma Emanuele Caracciolo