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Astrofisica. La stella di neutroni nata dalle ceneri di una supernova

Davide Re giovedì 22 febbraio 2024

I resti della supernova 1987A

Dai resti della Supernova 1987A, la più studiata della storia dell'astronomia, nonché l'unica visibile ad occhio nudo negli ultimi 400 anni, è effettivamente nata una stella di neutroni. Questo corpo celeste definito “degenere” (costituito prevalentemente da neutroni tenuti insieme dalla forza di gravità) si forma in seguito al collasso gravitazionale di una stella massiccia (molto calda e grande, detta anche blu, per il suo colore), il cui momento culminante è l'esplosione della supernova. Essa rappresenta, pertanto, uno dei possibili stadi finali dell'evoluzione stellare. Quando una stella diventa molto grande paradossalmente non si "rafforza" ma si indebolisce, diventando più fragile, accelerando così la sua fine.

A dimostrarlo gli scienziati dell'Università di Stoccolma e del Royal Observatory in Regno Unito, che hanno pubblicato un articolo sulla rivista Science. Il gruppo di ricerca, guidato da Claes Fransson, ha collaborato con astronomi ed esperti a livello internazionale per osservare la Supernova 1987A attraverso il James Webb Space Telescope (JWST). Sebbene l'astro sia stata osservato in modo avanzato per più di tre decenni, non erano ancora state trovate le prove conclusive dell'esistenza di una stella di neutroni. Alcune prove indirette, al contrario, suggerivano l'ipotesi che si fosse creato un buco nero. Le supernove, spiegano gli esperti, sono stelle con una massa otto volte superiore a quella del Sole, e rappresentano l'origine di diversi elementi chimici. Il loro nucleo, dopo l'esplosione, può trasformarsi in una stella di neutroni o in un buco nero.

La Supernova 1987A, situata in una vicina galassia nana, è stata la supernova più vicina e più luminosa vista negli ultimi quattro secoli. La presenza di detriti in espansione ha nascosto l'oggetto compatto al centro dell'esplosione, rendendo complicata l'individuazione di un buco nero o di una stella di neutroni. Il gruppo di ricerca ha osservato i resti della stella alle lunghezze d'onda dell'infrarosso con JWST, utilizzando la spettroscopia per esaminare la composizione e i movimenti del gas. Gli esperti hanno individuato linee di emissione di argon e gas di zolfo altamente ionizzati situati vicino al punto in cui è esplosa la stella. La composizione del gas e la ionizzazione possono essere spiegate solo se esiste una sorgente luminosa di radiazioni ultraviolette e di raggi X provenienti da una stella di neutroni. Questo lavoro ha permesso pertanto di escludere la presenza di un buco nero e ha confermato che la Supernova 1987A ha effettivamente prodotto una stella di neutroni.

Sempre a riguardo dei progressi nella comprensione dell'Universo, dei fisici teorici hanno ipotizzato invece la possibilità dell'esistenza di una stella "matrioska", ovvero di un corpo celeste che al suo interno ha un'altra stella più piccola ma dello stesso tipo. Questo affascinante risultato è una "soluzione" delle equazioni di campo della Teroria della relatività generale, elaborazione matematica ottenuta da Daniel Jampolski e Luciano Rezzolla dell'Università Goethe di Francoforte, i quali hanno pubblicato la loro teoria su Classical and Quantum Gravity. Nello specifico i due autori parlano di gravastar, un modello di stella che si pone come alternativa all'idea dei buchi neri. Queste gravastar furono ipotizzate come risultato di una soluzione delle equazioni di campo di Einstein da parte di Pawel Mazur ed Emil Mottola. Contrariamente ai buchi neri, le gravastar presentano diversi vantaggi dal punto di vista dell'astrofisica teorica. Da un lato, sono compatte quasi quanto i buchi neri e mostrano anche una gravità sulla loro superficie che è essenzialmente forte quanto quella di un buco nero, somigliando quindi a un buco nero a tutti gli effetti. D'altra parte, le gravastar non hanno - sempre in teoria - un orizzonte degli eventi, cioè non hanno superato - per densità - un valore limite per il quale da lì in poi non può essere inviata alcuna informazione all'esterno, e il loro nucleo non genera una singolarità (ovvero un punto che attrae tutto senza far uscire nulla come nei buchi neri). Invece, sempre in teoria, il centro delle gravastar è costituito da un'energia esotica - oscura - che esercita una pressione negativa all'enorme forza gravitazionale che comprime la stella. La superficie delle gravastar è rappresentata da una sottilissima crosta di materia ordinaria, il cui spessore si avvicina allo zero. Ora nella nuova formulazione di questa teoria elaborata da Daniel Jampolski e Luciano Rezzolla sarebbe possibile l'esistenza di una gravastar all'interno di un'altra gravastar, i due scienziati hanno dato a questo ipotetico oggetto celeste il nome "nestar".