Agorà

Addio al bizantinista. Cyril Mango, un cosmopolita per Bisanzio

Paolo Cesaretti giovedì 11 febbraio 2021

Mappa di Bisanzio del 1572

Il 9 febbraio 2021 si è celebrata la giornata mondiale della lingua greca, ma stavolta senza Cyril Mango. Il bizantinista - fra i grandi del Novecento, quello dagli interessi più vasti e dalla cultura più variata - si era spento, a Oxford, il giorno prima. Era nato nel 1928 a Istanbul, quando la megalopoli sul Bosforo 'era una favola', come avrebbe scritto Mario Levi. E la famiglia dei Mango era un intrico di tradizioni: nella linea paterna, remote origini genovesi e la solidità di una dinastia imprenditoriale divenuta di lingua greca e di confessione ortodossa nell’Ottocento. La madre era invece una réfugiée della Rivoluzione Russa. Il mito familiare dei Mango narra che Cyril e i due fratelli Andrew (famoso giornalista e scrittore) e Anthony (funzionario dell’Onu) parlassero greco con il padre, russo con la madre, francese con i due genitori insieme, inglese tra loro; né mancavano italiano, spagnolo e turco. Con questi presupposti, si può meglio comprendere l’attrazione del giovane Cyril per la complessità culturale bizantina, che nel corso di una carriera di studi irripetibile per varietà e qualità egli esplorò pressoché in ogni suo aspetto con centinaia di pubblicazioni, quasi tutte in lingua inglese, spesso accompagnate da ricchi apparati fotografici.

Bisanzio nell’arte, nell’architettura, nell’urbanistica; nella filologia, nell’agiografia, nella storiografia; nella letteratura, nella paleografia, nella codicologia; nella storia della cultura e della mentalità. La sua ricerca, che incluse anche l’eredità bizantina nell’Italia del Sud, fu 'totale' prima che interdisciplinare. Una certa insofferenza verso le rigide etichette di settore e verso le formulazioni tortuose caratterizza i lavori di Mango, e il dono della chiarezza efficace gli venne da una sensibilità che era anzitutto visiva. Già nell’adolescenza passava giornate intere a Santa Sofia (cui avrebbe dedicato studi memorabili nella maturità) riempiendo album da disegno. Non è casuale che una fra le miscellanee di studi internazionali a lui dedicate faccia riferimento allo 'sguardo dell’aquila' ed è altrettanto naturale che da un’immagine tragga spunto il suo famoso discorso inaugurale (1974) per il ruolo di 'Bywater and Sotheby Professor of Byzantine and Modern Greek Language and Literature' all’Università di Oxford (vi restò sino al 1995). In quello scritto egli presentò la letteratura bizantina come uno 'specchio deformante', esortando studiosi e lettori a non prenderla mai alla lettera, a non abboccare alle sue finzioni anticate e alle sue maschere antiquarie che tante volte hanno indotto alla sua acritica e astorica svalutazione.

Prima degli anni di Oxford ricoprì la cattedra del King’s College londinese dedicata ad Adamantios Korais, l’ispiratore della moderna elaborazione culturale greca; però Mango avversò l’idea di una ininterrotta tradizione culturale ellenica nei millenni da Omero ai Nobel letterari novecenteschi Seferis ed Elytis. Cruciale, per lui, la frattura maturata nel VII secolo d.C., con il ridimensionamento territoriale bizantino dovuto all’irruzione arabo-islamica nel Mediterraneo e soprattutto con la fine della polis tardo antica e della continuità sociale e culturale che la animava. Il tema urbano caro a Mango si fa cogliere anche nei suoi volumi di sintesi tradotti in italiano, Architettura bizantina (Electa, 1974) e La civiltà bizantina (Laterza, 1991), dove Mango riecheggia Arnold J. Toynbee, uno dei suoi predecessori a Londra, distinguendo 'storia' dei fatti e 'civiltà' intesa anzitutto come mondo mentale. E il suo itinerarium mentis in Byzantium, grazie a una passione conoscitiva animata dalla sua inconfondibile prosa asciutta e grafica, rifugge dalle rigidità di tante histoires de la mentalité di stampo strutturalistico, attraendo anche i lettori non specialisti. Del resto un cosmopolita come lui non poteva che essere eclettico. Curioso di ogni differenza - tra gli scaffali di una biblioteca o in un atelier di pittura o di fotografia, ma anche a dorso d’asino in Cappadocia o chino sugli scavi di una Siria ancora illesa - Mango non si identificò mai con alcuna 'corrente disciplinare' né con alcuna scuola nazionale. Però c’era un luogo sul quale il suo sguardo era più acuto, e rispondeva al suo cuore: era la sua Città natale, fisica e mentale a un tempo. Bisanzio, Costantinopoli, Istanbul. L’unica al mondo a vantare tre nomi e due continenti, l’unica che si lascia rivendicare dalla sola bandiera della cultura.