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L'indagine. Così è cresciuta la «generazione Harry Potter»

Alessandro Zaccuri mercoledì 14 settembre 2016
Sì, il 1997 era proprio un altro mondo: Bill Clinton sedeva alla Casa Bianca, Internet era agli albori e J.K. Rowling debuttava con un libro per ragazzi intitolato Harry Potter e la pietra filosofale. A quasi vent’anni di distanza, Hillary Clinton ha la polmonite, il web è dappertutto e Harry Potter pure, nonostante una concorrenza sempre più agguerrita. Per rendersene conto basta scorrere i risultati dell’indagine che Salani (la casa editrice che per prima, con bell’intuito, investì in Italia sulle avventure dell’apprendista maghetto) ha commissionato a Doxa con l’obiettivo di verificare se davvero esista, e nel caso quale fisionomia abbia, una “generazione Harry Potter”. Esistere esiste, anzitutto, ed è anche ben riconoscibile, ma il punto è un altro. Nel 2001, mentre la scrittrice britannica si divertiva a compilare manualetti su Il Quidditch attraverso i secoli o Gli animali fantastici: dove trovarli?, un bambino italiano viveva in un mondo di fantasia popolato da una trentina di personaggi, una piccola tribù immaginaria che risultava quasi raddoppiata all’altezza del 2007 (da 33 a 57 per la precisione, secondo i dati forniti ieri in conferenza stampa da Cristina Liverani, research manager di Doxa).  L’anno scorso, fra esplosione dell’offerta televisiva e disseminazioni digitali assortite, il censimento di questo villaggio fantastico ha portato a individuare una folla di 135 abitanti. Poche, in tanto avvicendamento, le presenze stabili: la banda Disney con Topolino in testa, gli intramontabili Tom & Jerry, l’italianissimo Geronimo Stilton, i pervasivi Pokémon e ancora lui, Harry Potter, che il 24 settembre torna in libreria con La maledizione dell’erede (esce sempre da Salani, traduce per l’occasione l’editore Luigi Spagnol: è il testo dello spettacolo attualmente in scena a Londra, scritto da John Tiffany e Jack Thorne su soggetto della stessa Rowling). L’indagine Doxa prende spunto da questa nuova avventura, mettendo a confronto la “generazione Harry Potter” propriamente intesa, ovvero le persone nate tra il 1986 e il 1998, e i bambini degli anni Dieci, compresi nella fascia di età fra i 5 e i 13 anni. C’è un elemento numerico, relativo agli 11 milioni di copie della saga vendute solo nel nostro Paese: «Nel 2015 – ha spiegato l’amministratore delegato di Salani, Gianluca Mazzitelli – il numero di lettori che si sono avvicinati per la prima volta ai libri di J.K. Rowling è più del sestuplo di quanti lo fecero nel 1998, anno dell’uscita della Pietra filosofale nel nostro Paese». A loro volta, i potteriani della prima ora si dividono tra “forti ”, con almeno quattro romanzi letti sui sette complessivi, e “deboli”, che si sono accontentati di un solo volume o poco più, rifacendosi poi con i film di produzione hollywoodiana. Più si conoscono i libri e più si apprezzano i valori espressi dalle peripezie di Harry, Hermione e compagnia, tra i quali spiccano amicizia e coraggio, ma si piazzano bene anche il gioco di squadra e la tenacia di fronte agli ostacoli. Nel raffronto con i potteriani deboli, inoltre, quelli forti hanno conservato una maggior consuetudine con la lettura (il 46% degli interessati dichiara di aver letto più di 8 libri nell’anno passato), con una gamma di interessi che mescola fantasy e classici, thriller e saggistica. Sarà per questo, forse, che i potteriani forti sono anche i migliori promotori si se stessi, come ha commentato Ferruccio de Bortoli, presidente di Longanesi, a proposito della tendenza dei 18-30nni a definire la propria responsabilità come «aperta e disponibile». E le nuove leve? Per i bambini e i ragazzi del 2016 quello di Harry Potter è ancora un mondo di magia e di amicizia, dove il coraggio guida nella lotta tra il bene e il male. Se ne riparla fra 19 anni, magari. Se vi sembra una scadenza remota, è perché ancora non sapete che il tempo, in certi casi, passa come d’incanto.