Agorà

L’Italia in scena/4. La comunità si racconta sul palco

Angela Calvini sabato 9 gennaio 2016
Due diciottenni con la barba si agitano sulla sedia. «Scusate, possiamo iniziare con le prove? Perchè noi dobbiamo andare fra poco». Già, è venerdi sera, uscite con gli amici? «No dobbiamo andare al ristorante». Ah, un lavoretto per arrotondare... «No, veramente aiutiamo come volontari i ragazzi disabili a servire ai tavoli del ristorante Nessun dorma». Simone e Tommaso sono due gemelli, fanno volontariato, hanno una bella voce e cantano nella compagnia Fiaba Junior. Poi c’è Giulia, 19 anni, che studia agraria, fa l’animatrice e sogna di aprire un’azienda agricola con percorsi educativi per ragazzi e pet terapy. E poi c’è Nina, 12 anni, faccia da furbetta che per seria ti dice: «Io ero atea, poi frequentando il gruppo ho scoperto Gesù e così mi son fatta battezzare e ho fatto la Prima Comunione». Sono così, svegli e impegnati, i ragazzi della parrocchia Beata Maria Vergine Madre di Firenze, quartiere Isolotto. Un quartiere dove è fortissimo il senso di comunità fra i 12mila parroc- chiani, anche per precise ragioni storiche. Nato come quartiere popolare modello negli anni 50 grazie al sindaco La Pira (cui il parroco don Piero Sabatini intitolerà il nuovo oratorio ora in costruzione), popolato da operai immigrati dall’Istria e dal Sud, il quartiere visse le vicende politiche del 68 in modo movimentato schierandosi accanto al suo parroco, don Enzo Mazzi, sacerdote innovatore e contestatore che arrivò alla rottura con le gerarchie ecclesiastiche dell’epoca. Il sacerdote, legato al mondo operaio, allora concesse un’area della parrocchia alla Fabbrica Italiana Accessori e Borse, che da 29 anni è stata trasformata in una sala teatro polifunzionale della comunità che venne intitolata, tramite referendum tra i parrocchiani, con il suo acronimo, F.I.A.B.A. Un nome significativo, che tiene insieme la storia del quartiere e la poesia del racconto. Da allora fu fiorente l’attività di teatro amatoriale, si arrivò fino a costituire 5 compagnie, dall’Età d’argento a Pigolio di stelle. «Io entrai da ragazzo 28 anni fa come attore e sul palco ho conosciuto mia moglie Liliana» ci racconta Angelo Giamberini, un simpatico 50enne, impiegato della Telecom, tre figlie, che 4 anni fa insieme all’amico storico Luca Milani, assessore comunale, papà di tre figli, costituisce la compagnia Fiaba Junior, dove recitano prevalentemente ragazzi dai 13 ai 20 anni. Alle prove alle 8 di sera di un venerdì, ne arrivano 15, poi diventano trenta, poi 50. Se si aggiungono quelli della compagnia dei piccini di elementari e medie, si arriva a 85 attori in erba in tutto. «Il genere su cui abbiamo puntato è il musical – spiegano i due registi –. Questo permette di coinvolgere tutti, attraverso il canto, la danza e la recitazione. Ma non importa se uno ha più talento degli altri. Qui si insegna lo spirito di gruppo, anche le scene e i testi nascono dal confronto coi ragazzi». Fiaba Junior si affilia a Federgat e si fa notare nel 2010 al primo concorso diocesano Metti in scena la fede. Così si passa da Forza venite gente a I miserabili e Mary Poppins. Un successo, sino a 6 repliche per ogni spettacolo per un totale di 1800 spettatori, «cosa che ci permette di autofinanziarci un minimo». Quest’anno però si osa qualcosa di più con una produzione originale, Don Milani, il musical - Ultimo anch’io scritto da Alessandro Barbieri, nella vita impiegato, musicista per passione, che ha collaborato anche coi Gen Rosso. Il musical debutterà il 9 aprile e ripercorre con efficace sintesi e col supporto delle sue lettere, la vita di don Milani, da quando decise di farsi sacerdote per dedicarsi agli ultimi dopo i bombardamenti di Firenze del 1942, all’incontro col mondo operaio, all’esilio a Barbiana e il suo impegno per i giovani. Si passa dalla melodia, al rap, al tango sino al gospel finale con un ritornello che non te lo stacchi piu dalle orecchie. «Yes I care, interessa anche a me, yes I care» cantano in 50, un coro che commuove, in linea col Giubileo della misericordia. Sotto il palco, orgogliosi, tanti genitori che si stanno facendo in quattro: ci sono l’architetto che prepara le scenografie, le mamme che cuciono i costumi, l’elettricista che cura il suono, chi fa i video, chi le foto...«Si fa tutto per loro, anche se siamo stanchi dopo una giornata di lavoro – dice affettuosa la signora Lucia –. Le difficoltà sono tante ma per fortuna c’è sempre la Provvidenza che ci aiuta». Marco, papà di Sabrina, lavora alle poste e si improvvisa tecnico di palco: «La nostra missione e portare a tutti il messaggio evangelico. Lo facciamo con l’impegno nostro e dei ragazzi».